Il “caso Boschi”, dall’inizio

È partito tutto da 66 parole nel nuovo libro di Ferruccio De Bortoli e - in mezzo a molte polemiche - lì è rimasto: cosa sappiamo (poco) e cosa non sappiamo (molto)

(ANSA/GIUSEPPE LAMI)
(ANSA/GIUSEPPE LAMI)

Negli ultimi giorni la sottosegretaria Maria Elena Boschi è stata molto criticata perché sospettata di aver cercato di aiutare Banca Etruria, l’istituto bancario toscano in crisi di cui suo padre è stato vicepresidente fino al febbraio del 2015. Il caso è iniziato con la pubblicazione di un estratto in anteprima dell’ultimo libro dell’ex direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, intitolato Poteri forti (o quasi). Secondo De Bortoli, nel 2015 Boschi chiese all’allora amministratore di Unicredit, Federico Ghizzoni, di acquistare Banca Etruria, che si trovava in grosse difficoltà. Boschi nega, mentre Ghizzoni e Unicredit, fino a questo momento, non hanno fatto commenti.

L’intero caso Boschi si basa su 66 parole che si trovano a pagina 209 del libro di De Bortoli, che di pagine in tutto ne ha 360.

L’allora ministra delle Riforme, nel 2015, non ebbe problemi a rivolgersi direttamente all’amministratore delegato di Unicredit. Maria Elena Boschi chiese quindi a Federico Ghizzoni di valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria. La domanda era inusuale da parte di un membro del governo all’amministratore delegato di una banca quotata. Ghizzoni, comunque, incaricò un suo collaboratore di fare le opportune valutazioni patrimoniali, poi decise di lasciar perdere.

De Bortoli non porta nessuna prova a sostegno di quest’accusa, né dice chi gli avrebbe riferito questa circostanza. Se le accuse di De Bortoli venissero confermate, sarebbe un grave caso di conflitto di interessi: Boschi era all’epoca ministro per le Riforme, quindi non aveva un ruolo che le assegnava responsabilità nella gestione delle crisi bancarie. Ma soprattutto il suo intervento – questo è il punto – avrebbe direttamente scelto di privilegiare una banca in cui suo padre ricopriva un importante incarico dirigenziale. Se Unicredit avesse acquistato Banca Etruria, probabilmente suo padre non avrebbe rischiato conseguenze giudiziarie e non sarebbe nata alcuna questione politica.

In ogni caso, Pierluigi Boschi al momento non risulta coinvolto nelle indagini sul caso Banca Etruria. Insieme ad altri manager della banca, Boschi è stato però multato per due volte da Banca d’Italia per mancanze nei controlli interni ed errori nella gestione dell’istituto. Dopo il commissariamento deciso dal governo, Banca Etruria non è stata acquistata né da Unicredit né da altre banche: lo stesso De Bortoli lo racconta. La banca è stata “risolta”, come si dice in gergo, nel corso della crisi delle quattro banche popolari nell’autunno del 2015.

È difficile al momento accertare la gravità del caso, anche perché non ci sono altri elementi oltre alle poche righe del libro di De Bortoli: un brano piuttosto scarno e troppo ambiguo per giudicare. Non viene specificato se Ghizzoni e Boschi si incontrarono di persona, o se si parlarono al telefono o per interposta persona. La formulazione “chiede di valutare una possibile acquisizione” è molto cauta e interpretabile. De Bortoli non dice se la sua fonte sia una persona che ha assistito alla conversazione o qualcuno a cui questa storia sarebbe stata raccontata. Non viene inoltre indicata la data in cui sarebbe avvenuta la conversazione: un dettaglio piuttosto importante, come vedremo tra poco. Anche la posizione del paragrafo all’interno del libro è piuttosto insolita per una grande rivelazione giornalistica: le accuse a Boschi non sono enfatizzate come la cosa più importante di un capitolo dedicato all’ex ministro, ma arrivano di rapido passaggio come un inciso in un discorso molto generico sul ruolo della massoneria nel caso Banca Etruria.

Forse anche per queste ragioni, le accuse di De Bortoli non sono state scelte nemmeno nell’anteprima dedicata al libro pubblicata il 9 maggio sul Corriere della Sera. Il primo a parlare del paragrafo di pagina 209 è stato lo Huffington Post, in un articolo ricco di stralci del libro pubblicato poco dopo le 16 dello stesso giorno. Nelle ore successive quel passaggio era stato ripreso da Luigi Di Maio del M5S sulla sua pagina Facebook, e poi dal resto dei siti di informazione. Il giorno dopo era sulle prime pagine di tutti i giornali. Per questo comportamento, il Corriere è stato accusato di reticenza sul caso. Il Post ha contattato lo Huffington Post e Venanzio Postiglione, autore dell’anteprima pubblicata dal Corriere della Sera, per chiedere dei dettagli su cosa è successo, ma per il momento non ha avuto risposta.

Nelle giornate successive alla pubblicazione dell’articolo dello Huffington Post, Ghizzoni ha fatto sapere che non avrebbe risposto ad alcuna domanda sulla questione. Da allora non ha fatto commenti, se non per ripetere la stessa cosa. Secondo alcuni, una possibile spiegazione del suo comportamento è che un accordo di riservatezza con Unicredit, firmato quando ha lasciato l’incarico, lo obblighi a non rivelare dettagli sul suo lavoro da manager della banca. Altri hanno interpretato il suo silenzio come un’imbarazzata difficoltà ad accusare Boschi oppure a correggere De Bortoli, in una questione che ha preso valenze molto grosse e rischiose per tutti. Oggi i principali quotidiani hanno pubblicato alcuni suoi commenti, fatti ai giornalisti che circondavano la sua casa. Ghizzoni ha detto che continuerà a non parlare e che riferirà la sua versione soltanto nel caso in cui gli venga richiesta in un’audizione ufficiale in Parlamento.

In molti sembrano certi che sia proprio Ghizzoni la fonte di De Bortoli. Paolo Mieli, ex direttore del Corriere della Sera come lo stesso De Bortoli, lo ha detto più volte nel corso di una delle numerose presentazioni del libro avvenute in questi giorni. Nel corso dello stesso incontro, Mieli ha detto che spera che Ghizzoni risponda ad alcune domande e ha accennato a una possibile spiegazione della vicenda: «Un conto è se l’incontro è avvenuto in un dibattito, e lei ne ha fatto un cenno. Un altro conto è se c’è stato un appuntamento. Io lo escludo, ma potrebbe anche essere stata una vanteria di Ghizzoni…». Dell’idea che tra De Bortoli e Ghizzoni possa essersi verificato una qualche sorta di malinteso, e che la confidenza di Ghizzoni fosse una specie di battuta, ha scritto anche Francesco Maggio sul Post.

Unicredit non ha commentato il caso, ma fonti dell’istituto fatto sapere in maniera informale che la banca “non ha subito pressioni politiche” sul caso Banca Etruria. La possibilità di intervenire fu esaminata in autonomia, hanno detto queste fonti, ma venne rapidamente scartata. Nel corso del 2015 numerosi istituti italiani si interessarono del caso Banca Etruria, ma tutti decisero di non tentare alcuna operazione. Alcune di queste banche furono contattate da esponenti politici che chiesero di esaminare la possibilità di intervenire su Banca Etruria, un comportamento che diversi esperti giudicano piuttosto normale in caso di crisi bancarie o aziendali che rischiano di avere gravi conseguenze. L’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio (oggi ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti) ha detto che a gennaio 2015 chiese alla Banca Popolare dell’Emilia Romagna di valutare la possibilità di acquistare Banca Etruria. «Non ho nulla da nascondere», ha detto Delrio in un’intervista alla Stampa. «Mi sono occupato di Banca Etruria come mi sono occupato di ILVA, di Alitalia e tante altre crisi che rischiavano di avere impatti occupazionali, industriali o, come nel caso di Etruria, per i risparmiatori».

Dopo che Unicredit ha fatto sapere di non aver ricevuto particolari pressioni politiche, e Boschi ha annunciato di volergli fare causa, De Bortoli ha in parte assestato le sue accuse, e reso più complesso il suo giudizio sulla correttezza di Boschi: «Non ho parlato di pressioni della Boschi su Unicredit, semplicemente ho riferito una notizia», ha detto nel corso di una presentazione lo scorso 10 maggio, per poi aggiungere: «Nel suo caso c’era un conflitto di interessi. Credo che un politico debba preoccuparsi di quello che succede a una banca, ma un conto è farlo, un conto è fare pressioni indebite e io non ho parlato di pressioni». Pochi giorni dopo De Bortoli ha detto durante un’intervista: «Non c’è nulla di male nel fatto che un politico si occupi e si interessi del destino della banca del territorio da cui proviene. Mi sarei stupito del contrario». A pagina 209 del suo libro, però, De Bortoli aveva scritto che il comportamento di Boschi «era inusuale da parte di un membro del governo». Contattato dal Post, De Bortoli ha detto di non voler aggiungere altro.

Un dettaglio piuttosto importante che ancora manca nella sua ricostruzione è la data esatta in cui sarebbe avvenuta la presunta “richiesta” di Boschi. De Bortoli scrive che avvenne nel 2015, senza specificare una data. Se anche Boschi avesse effettivamente fatto delle richieste a Unicredit, non è sicuro che in quel momento si trovasse in un conflitto di interessi così grave: suo padre infatti ha cessato di essere un dirigente della banca nel febbraio del 2015, quando l’istituto è stato commissariato. Se le richieste fossero arrivate dopo quella data, Boschi non avrebbe più avuto legami diretti con la banca. Se l’eventuale l’acquisto di Unicredit fosse avvenuto dopo il commissariamento della banca, però, Boschi avrebbe potuto comunque trarne un vantaggio, poiché difficilmente si sarebbero aperte indagini sulla situazione dell’istituto e non sarebbe scoppiato alcun caso politico.