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  • Lunedì 20 marzo 2017

Brexit comincia il 29 marzo

Quel giorno la prima ministra del Regno Unito invocherà ufficialmente l'articolo 50 del trattato di Lisbona, innescando la procedura per uscire dall'UE

Theresa May (Matt Cardy/Getty Images)
Theresa May (Matt Cardy/Getty Images)

La prima ministra del Regno Unito Theresa May il 29 marzo comunicherà ufficialmente all’Unione Europea di volersi avvalere della procedura dell’articolo 50 del trattato di Lisbona per far uscire il paese che governa dall’Unione, innescando la procedura formale per dar seguito a quanto indicato dagli elettori britannici con il referendum su Brexit dello scorso giugno. May vuole visitare ancora una volta la Scozia e l’Irlanda del Nord prima di scrivere la lettera ufficiale agli stati membri dell’Unione il prossimo 29 marzo. La data è stata anche comunicata al Consiglio europeo da Tim Barrow, rappresentante permanente del Regno Unito presso l’UE. May aveva detto fin da quando era diventata prima ministra che le trattative sarebbero cominciate entro fine marzo, ma recentemente molti osservatori avevano sostenuto che potessero essere posticipate, dopo che una settimana fa la prima ministra scozzese Nicola Sturgeon aveva annunciato di voler organizzare un secondo referendum per l’indipendenza.

L’articolo 50 del trattato di Lisbona stabilisce un limite di due anni affinché il Consiglio europeo e il paese che vuole lasciare l’Unione trovino un accordo sui trattati da approvare per regolare i loro nuovi rapporti. La scadenza di questa trattativa è dunque prevista per la fine di marzo del 2019. In questo spazio di tempo il paese che vuole uscire dovrà continuare a rispettare i regolamenti europei, ma non parteciperà più al processo decisionale dell’Unione. L’articolo prevede che, al termine dei due anni, il Consiglio europeo formuli una proposta di accordo con un voto a maggioranza dei suoi membri. Il paese che vuole uscire, a quel punto, avrà la possibilità di accettare o respingere la proposta. L’articolo 50 prevede la possibilità di estendere ulteriormente il tempo dei negoziati, ma soltanto se entrambe le parti sono d’accordo. Questo significa che, dopo due anni, l’Europa potrebbe presentare un accordo al Regno Unito “prendere o lasciare”. Quando l’accordo verrà trovato e votato, il Regno Unito cesserà di essere un membro dell’Unione Europea.

Le trattative tra Regno Unito e Unione Europea possono concludersi sostanzialmente in due modi, soprannominati sui giornali “hard Brexit” e “soft Brexit”. Con “hard Brexit” si intende la soluzione più netta, che prevede che il Regno Unito abbandoni l’UE e tutti i trattati e le istituzioni europee di cui fa parte. Questo significa rinunciare a un posto nel Consiglio dell’Unione Europea, ai parlamentari europei e alla giurisdizione della Corte europea. Significa anche interrompere la libera circolazione dei suoi cittadini nei paesi dell’Unione e, dall’altro lato, permettere al governo britannico di decidere in autonomia chi far entrare e chi invece lasciare fuori dai confini del paese. Ma una “hard Brexit” comporterebbe anche un’uscita dal “mercato unico”, l’insieme di accordi e trattati che fa sì che all’interno di un’area che comprende tutta l’Unione Europea, più Svizzera e Norvegia, si possa commerciare senza barriere tariffarie o doganali. Il 44 per cento di tutte le esportazioni britanniche vanno in Europa: in caso di “hard Brexit” quindi, le esportazioni britanniche saranno danneggiate, perché saranno sottoposte a una serie di barriere doganali che oggi non ci sono.

“Soft brexit” significa che il Regno Unito uscirà dalle istituzioni europee ma rimarrà in qualche misura all’interno del “mercato unico”: la stessa situazione in cui si trovano Norvegia e Svizzera, insomma. Si tratta di una soluzione che non piace molto ai sostenitori del “Leave”. Norvegia e Svizzera, infatti, hanno dovuto accettare gran parte delle regole europee che riguardano la libera circolazione delle persone, proprio quelle che i sostenitori del “Leave” non vogliono. Norvegia e Svizzera, inoltre, devono entrambe sottostare a una serie di regolamenti europei: con in più lo svantaggio di non poterli discutere, visto che non hanno rappresentanti nelle istituzioni dell’Unione. Theresa May ha detto in passato che «la dicotomia hard Brexit-soft Brexit non esiste», ma alla fine una soluzione andrà trovata. Il piano di May sarebbe quello di ottenere la completa indipendenza del Regno Unito dall’Unione Europea, mantenendo contemporaneamente l’accesso al mercato unico per le imprese britanniche. Un terzo scenario, una specie di “mild Brexit”, che però probabilmente sarà irrealizzabile perché non sarà accettato dagli altri membri dell’UE.

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