• Mondo
  • Lunedì 23 gennaio 2017

L’ex presidente del Gambia è scappato coi soldi?

Lo sostiene un membro dello staff del nuovo presidente, che è rimasto in Senegal per ragioni di sicurezza (e perché forse nella residenza presidenziale potrebbero esserci delle bombe)

(AP Photo/Jerome Delay)
(AP Photo/Jerome Delay)

In Gambia, un piccolo paese dell’Africa occidentale che ha avuto un periodo molto movimentato dopo le elezioni presidenziali dell’1 dicembre, la situazione non è ancora tornata alla normalità. L’ex presidente Yahya Jammeh, che governava in modo autoritario dal 1994, ha infine accettato di lasciare il potere al nuovo presidente Adama Barrow, quasi due mesi dopo aver perso le elezioni. La transizione è avvenuta tra grandi tensioni ma infine senza scontri, e solo perché venerdì 20 le truppe della Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS) sono entrate nel territorio gambiano per assicurarsi che Jammeh se ne andasse davvero. È probabile che restino ancora qualche tempo, per ragioni di sicurezza.

La situazione è così fragile che persino Barrow non si trova nel paese: nei giorni scorsi aveva giurato da presidente nell’ambasciata gambiana in Senegal – il paese che “comprende” l’intero territorio del Gambia – ma non è chiaro quando potrà insediarsi davvero. Nelle ultime ore, intanto, un membro dello staff di Barrow ha accusato Jammeh di essere scappato rubando soldi e beni dal valore di milioni di dollari dalle casse statali (accusa che finora non è stata confermata dai principali giornali internazionali, che però l’hanno giudicata credibile).

La situazione si era inizialmente sbloccata il 21 gennaio quando Jammeh, sotto la pressione dell’ECOWAS, della comunità internazionale e di diversi componenti della società civile gambiana, aveva accettato di cedere il potere e lasciare il paese. Il giorno successivo le truppe dell’ECOWAS sono entrate a Banjul, la capitale del Gambia, per evitare possibili scontri armati fra i seguaci di Jammeh e i civili. I soldati sono stati accolti con cori e balli: alcuni di loro hanno posato per le fotografie e i selfie delle persone scese in strada.

Jammeh ha comunque lasciato il paese in condizioni per lui favorevoli: per il momento si trova in Guinea Equatoriale – un paese dove il presidente Teodoro Obiang Nguema governa in modo autoritario dal 1979, e vince ogni “elezione” con risultati vicini al 100 per cento dei voti – e concordando con le più importanti organizzazioni internazionali che gli sarà garantita la sicurezza personale e il mantenimento di alcuni beni. In una dichiarazione congiunta, infatti, ONU, ECOWAS e Unione Africana – la più importante associazione africana – si sono impegnate a lavorare con la nuova amministrazione gambiana per garantire «la sicurezza e i diritti dell’ex presidente Jammeh e dei suoi famigliari, e degli ex membri e funzionari del governo», e «prevenire il sequestro di beni e proprietà che legalmente appartengono a Jammeh e alla sua famiglia». Secondo il Wall Street Journal, l’accordo pattuito da Jammeh renderà difficile perseguire legalmente le violazioni dei diritti umane compiute da lui e dal suo governo in questi anni, anche se l’ipotesi resta valida per Reed Brody, un avvocato esperto di diritto internazionale consultato dal Guardian. Brody ha spiegato che «il diritto internazionale non prevede l’amnistia per crimini come la tortura o gli omicidi politici: i veri ostacoli per processare Jammeh saranno di tipo politico».

Poi c’è la questione dei soldi: Mai Ahmad Fatty, consigliere speciale di Barrow, durante una recente conferenza stampa ha detto che nelle ultime due settimane Jammeh ha sottratto dalle casse statali circa 11,4 milioni di dollari – l’equivalente di 10,6 milioni di euro – oltre che diversi beni. Fatty ha spiegato in particolare che durante le ultime ore di Jammeh al potere un aereo cargo del Ciad ha portato fuori dal paese diversi beni di lusso fra cui diverse automobili. Fatty ha aggiunto che le autorità aeroportuali hanno ricevuto l’ordine di non far lasciare il paese a questi beni, ma secondo il Guardian alcuni di questi sono effettivamente arrivati nella Guinea Equatoriale, dove si trova Jammeh.

Quella apparentemente rubata da Jammeh può sembrare una cifra di poco conto, ma diventa significativa se si considerano le dimensioni dell’economia gambiana, che ha un PIL inferiore al miliardo di euro –paragonabile a quello di San Marino, dove però vivono solo 30mila persone, mentre in Gambia sono quasi 2 milioni – e dove quasi un abitante su due vive sotto la soglia di povertà. Fatty ha spiegato che il Gambia è «in difficoltà economiche: le casse statali sono virtualmente vuote, come confermato dai tecnici del ministero delle finanze e della banca centrale». Da qualche tempo migliaia di giovani lasciano ogni anno il paese per entrare illegalmente in Europa (anche se spesso le loro richieste di protezione internazionale vengono rifiutate, dato che il paese è piuttosto stabile): fra i migranti arrivati in Italia dal gennaio 2016, il Gambia è il quinto paese di origine, col 7 per cento complessivo degli arrivi.

Barrow non ha ancora diffuso i suoi piani per rimediare al problema: nel frattempo ha spiegato che le truppe dell’ECOWAS rimarranno «finché la sicurezza della situazione sarà totalmente garantita», ma non ha detto se e quando tornerà in Gambia. Una delle ragioni della sua assenza potrebbe essere il fatto che la residenza ufficiale del presidente non è ancora stata messa in sicurezza: «dentro potrebbero esserci dei dispositivi esplosivi», ha suggerito Fatty.