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  • Giovedì 19 gennaio 2017

C’è un nuovo ultimatum in Gambia

Il presidente uscente ha chiesto tempo fino alle 16 per lasciare il potere, dicono gli stati africani; intanto il Senegal ha fermato le truppe

(AP Photo/Sylvain Cherkaoui)
(AP Photo/Sylvain Cherkaoui)

Aggiornamento di venerdì 20 gennaio
Yahya Jammeh, l’ex presidente del Gambia, ha chiesto ai membri della Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS) – impegnati anche nel mantenere la sicurezza nella regione – di estendere alle 16 ora locale (le 17 italiane) l’ultimatum che aveva ricevuto questa mattina, scaduto alle 12. Entro quell’ora Jammeh avrebbe dovuto cedere il potere al neopresidente eletto, il candidato dell’opposizione Adama Barrow. Le truppe senegalesi, che giovedì erano entrate nel paese per deporre Jammeh, sono ferme in attesa dei nuovi sviluppi, mentre i presidenti di Guinea e Mauritania stanno andando in Gambia per incontrare Jammeh. Nel frattempo Al Jazeera ha intervistato il nuovo presidente Barrow: è la sua prima intervista internazionale dopo l’elezione.

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L’esercito senegalese è entrato in Gambia, per deporre l’ex presidente Yahya Jammeh, che governa il paese in modo autoritario dal 1994 ma è stato sconfitto alle elezioni di dicembre dal candidato dell’opposizione Adama Barrow. Inizialmente Jammeh aveva ammesso la sconfitta, ma poi ha cambiato idea e si è rifiutato finora di cedere il potere a Barrow. Oggi, giovedì 19 gennaio, Barrow ha giurato ufficialmente come presidente del paese, ma per ragioni di sicurezza lo ha fatto all’estero, nell’ambasciata del Gambia in Senegal.

https://twitter.com/BarrowOfficial1/status/821991483465224193

Alla cerimonia hanno partecipato diversi diplomatici occidentali e centinaia di gambiani espatriati.
A Jammeh era stato dato tempo fino alla mezzanotte del 19 gennaio per lasciare il paese, ma non l’ha fatto: nelle ultime ore le forze armate di diversi paesi si sono radunate al confine col Gambia.

Qualche ora dopo il giuramento di Barrow, il portavoce dell’esercito senegalese Abdou Ndiaye, che mercoledì aveva fatto sapere che le sue truppe sarebbero intervenute se non si fosse trovata una soluzione politica, ha confermato ad AP che le truppe hanno superato il confine e si sono dirette verso la capitale, Banjul. Non è chiaro come si comporterà Jammeh nelle prossime ore e nei prossimi giorni: i suoi funzionari hanno detto che per il momento rimane nella residenza presidenziale.

Nel frattempo molti fra civili e turisti stanno scappando dal Gambia, temendo nuove violenze: l’ONU ha calcolato che questa settimana circa 26mila gambiani sono fuggiti in Senegal, mentre circa 3.500 turisti britannici presenti nel paese stanno venendo progressivamente evacuati.

La sconfitta di dicembre di Jammeh e la sua iniziale decisione di cedere il potere a Barrow erano state definite “un terremoto” politico, che avrebbe potuto dare una speranza di cambiamenti pacifici ai diversi paesi africani controllati da simili governi autoritari. Da allora le cose si sono complicate: Jammeh ha contestato il risultato delle elezioni – facendo sapere di non voler cedere il potere prima di una decisione sul suo ricorso da parte della Corte Suprema, che però ci metterà diversi mesi – ha occupato la sede della commissione elettorale e ieri ha dichiarato lo stato di emergenza, cosa che formalmente gli dà la possibilità di compiere arresti indiscriminati e di imporre un coprifuoco e la chiusura delle frontiere. Al contempo, Jammeh ha rifiutato gli sforzi diplomatici di alcuni paesi vicini per risolvere la questione senza l’intervento militare: ancora ieri sera il presidente della Mauritania Mohamed Abdul Aziz ha negoziato una possibile soluzione col ministro della Giustizia gambiano, uno dei pochi membri del governo che non si è dimesso o è fuggito all’estero, ma senza risultati.

Al momento Jammeh è piuttosto impopolare fra la società civile e i paesi vicini, ma è sostenuto dal Parlamento – in cui 48 membri su 53 fanno parte del suo partito – e forse dall’esercito, anche se negli ultimi giorni sono circolate dichiarazioni contrastanti da parte di alcuni comandanti.

Oltre al Senegal, paesi come il Ghana e la Nigeria avevano già detto che avrebbero appoggiato un’eventuale operazione militare. Il governo del Senegal aveva anche preparato una bozza da sottoporre al Consiglio di Sicurezza dell’ONU che prevedeva l’utilizzo di “tutte le misure necessarie” per “rispettare la volontà dei cittadini del Gambia”, anche se alcuni diplomatici consultati da Reuters hanno spiegato che l’approvazione dell’ONU non è necessaria in caso sia lo stesso Barrow a chiedere un intervento militare dall’esterno.