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  • Lunedì 5 dicembre 2016

I Pirati proveranno a formare un governo in Islanda

Erano andati male alle elezioni, ma nessun altro è riuscito a trovare una maggioranza (e non ce la faranno neanche loro, probabilmente)

(AP Photo/Frank Augstein)
(AP Photo/Frank Augstein)

Il presidente islandese Gudni Johannesson ha dato al Partito dei Pirati – a favore della democrazia diretta, della trasparenza del governo e del diritto alla privacy, paragonato spesso al partito spagnolo Podemos o al Movimento 5 Stelle – l’incarico di provare a formare un governo. Le elezioni parlamentari in Islanda si erano tenute lo scorso 29 ottobre: il Partito dei Pirati, che qualcuno ipotizzava potesse vincere, aveva preso molti meno voti del previsto, fermandosi al 14,5 per cento e ottenendo 10 seggi sui 63 dell’Althing, il parlamento islandese. Il più votato era stato il Partito dell’Indipendenza, il partito conservatore che ha guidato quasi tutti i governi islandesi dal 1929 a oggi (spesso in coalizione con altri), che aveva ottenuto 21 seggi e il 29 per cento dei voti. Il partito Sinistra – Movimento Verde aveva invece ottenuto 10 seggi, mentre il Partito Progressista, liberale e di centro, che negli ultimi anni è stato al governo in coalizione con il Partito dell’Indipendenza, aveva ottenuto 8 seggi, 11 in meno di quelli che aveva prima delle elezioni.

Dopo le elezioni Johannesson aveva dato l’incarico di formare un governo inizialmente al Partito dell’Indipendenza, che aveva provato a trovare la maggioranza in parlamento con il Partito Progressista e il partito Futuro Luminoso, un partito liberale ed europeista di centro. I tre partiti però non si erano messi d’accordo su questioni europee e di riforma delle istituzioni, quindi Johannesson aveva dato l’incarico al secondo partito, il partito Sinistra – Movimento Verde, che aveva provato a mettere insieme una maggioranza formata da cinque partiti, che andavano dalla destra alla sinistra: le trattative sono andate avanti fino a fine novembre, ma anche in questo caso non si sono accordati, soprattutto su questioni fiscali. Prima che l’incarico venisse dato ai Pirati, Johannesson ha permesso trattative informali tra tutti i partiti, e soprattutto tra il Partito dell’Indipendenza e Sinistra – Movimento Verde, che però non sono andate a buon fine.

Johannesson ha ora assegnato l’incarico a Birgitta Jónsdóttir, la leader del partito dei Pirati, una forza politica che sostiene di non avere leader. I Pirati, secondo gli osservatori, non hanno molte possibilità di formare un governo: Jónsdóttir, che ha 49 anni, era già parlamentare ed è una femminista, un’artista e un’ex collaboratrice di WikiLeaks, ha detto però di essere ottimista che troveranno qualcuno con cui lavorare. I partiti eletti al parlamento islandese sono stati sei: i Pirati si rivolgeranno a tutti, con l’eccezione del Partito dell’Indipendenza a cui si sono sempre opposti. Per ottenere la maggioranza, però, non possono fare a meno dei voti del Partito Progressista – che è stato spesso al governo con il Partito dell’Indipendenza – o di Rigenerazione, un partito liberale ed europeista che è nato da una scissione del Partito dell’Indipendenza.

Prima delle elezioni in molti avevano previsto un grande risultato del Partito dei Pirati, perché negli ultimi mesi l’Islanda è stato uno dei paesi più interessati dallo scandalo dei Panama Papers che ad aprile aveva portato alle dimissioni del primo ministro Sigmundur Davíð Gunnlaugsson, del Partito Progressista (che infatti ha perso molti seggi). In Islanda – un paese di 320mila abitanti – la crisi del 2008 fu più grave che in altri paesi: le tre principali banche fallirono, la borsa nazionale perse il 97 per cento e il valore della corona islandese si dimezzò. Ora, anche grazie al grande aumento del turismo, il paese si sta riprendendo. I Pirati dicono di non essere né di destra né di sinistra: è una cosa che li accomuna al Movimento 5 Stelle, mentre per esempio Podemos, Syriza in Grecia o il movimento nato attorno a Bernie Sanders negli Stati Uniti, spesso paragonati ai Pirati, hanno un’identità di sinistra radicale. Secondo i Pirati l’eventuale adesione dell’Islanda all’Unione Europea – per ora non ne fa parte – deve essere sottoposta al giudizio popolare con un referendum. Il programma dei Pirati tocca molti argomenti, dai diritti degli animali alla protezione dell’ambiente e quella della privacy. Uno dei punti principali della loro piattaforma è però il coinvolgimento dei cittadini nell’attività legislativa, facilitando la convocazione di referendum e la formulazione di proposte di legge compilate attraverso il crowd-sourcing.