Schiaparelli è precipitato su Marte

Il 19 ottobre qualcosa è andato storto negli ultimi secondi dell'atterraggio: il lander è caduto per 2-4mila metri e ha sbattuto sul suolo marziano a 300 chilometri orari, ha detto oggi l'ESA

di Emanuele Menietti – @emenietti

Il lander Schiaparelli poco dopo essersi separato dal suo paracadute con il guscio termico protettivo, in un'elaborazione grafica (ESA)
Il lander Schiaparelli poco dopo essersi separato dal suo paracadute con il guscio termico protettivo, in un'elaborazione grafica (ESA)

Il lander Schiaparelli è precipitato su Marte lo scorso 19 ottobre e probabilmente si è distrutto a causa dell’impatto ad alta velocità sul suolo marziano. Lo ha comunicato l’Agenzia Spaziale Europea nella serata di oggi, dopo avere completato una prima analisi dei dati sulla sua missione ExoMars, realizzata in collaborazione con l’agenzia spaziale russa Roscosmos. Oltre a Schiaparelli, ExoMars comprende la sonda TGO, da quasi tre giorni regolarmente in orbita intorno a Marte. Saranno necessari ancora giorni per comprendere nel dettaglio che cosa sia andato storto nell’atterraggio di Schiaparelli, ma le prime informazioni confermano quanto era stato ipotizzato in seguito all’impossibilità di mettersi in contatto con il lander.

Che cosa è successo a Schiaparelli
Finora sapevamo che Schiaparelli aveva inviato dati, raccolti da TGO, nei primi minuti dopo il suo ingresso nell’atmosfera marziana, e che poi aveva smesso di comunicare senza dare informazioni sul suo atterraggio. L’ESA sta ancora analizzando i dati ricevuti da TGO, ma nel frattempo ha potuto studiare un’immagine del suolo marziano scattata dalla sonda Mars Reconnaissance Orbiter (MRO) della NASA, che il 20 ottobre ha sorvolato il Meridiani Planum, la grande area pianeggiante scelta per l’atterraggio di Schiaparelli. L’immagine non ha una grande risoluzione – un pixel equivale all’incirca a 6 metri – ma mette comunque in evidenza un paio di differenze rispetto a un’altra fotografia scattata da MRO nel maggio scorso.

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La prima differenza è un puntino molto brillante, che probabilmente corrisponde al luogo in cui è caduto il grande paracadute (con un diametro di 12 metri) usato da Schiaparelli per rallentare la sua corsa, durante l’atterraggio. Il paracadute si è separato insieme a un involucro termico protettivo del lander poco prima della fase finale, quella in cui si sarebbero dovuti attivare i nove retrorazzi per rallentare ulteriormente Schiaparelli prima del contatto col suolo. L’altra differenza è costituita da una chiazza nerastra (15 x 40 metri nei punti più ampi) a circa 1 chilometro a nord del paracadute. Potrebbe trattarsi del punto di impatto di Schiaparelli, avvenuto a causa di uno spegnimento anticipato e non previsto dei retrorazzi.

Sulla base di queste informazioni e degli altri dati finora analizzati, l’ESA stima che Schiaparelli abbia compiuto un ingresso controllato nell’atmosfera per buona parte dei 6 minuti previsti per il suo atterraggio, avendo qualche serio problema tecnico negli ultimi 50 secondi. L’ipotesi è che dopo lo spegnimento inatteso dei retrorazzi sia precipitato per 2-4mila metri, andando a sbattere contro il suolo a una velocità di 300 chilometri orari. Non è escluso che dopo l’impatto si siano verificate anche alcune piccole esplosioni, considerato che i retrorazzi erano ancora carichi essendosi spenti prima del dovuto: questo spiegherebbe l’estensione della chiazza scura nell’immagine di MRO.

Cosa succede adesso
La prossima settimana, MRO sorvolerà nuovamente il Meridiani Planum e potrà scattare una fotografia con la sua HiRISE, una fotocamera con una maggiore risoluzione che potrebbe fornire qualche dettaglio in più sulla fine di Schiaparelli, rivelando anche la posizione dello scudo termico che lo ha protetto durante i turbolenti minuti di discesa nell’atmosfera per poi separarsi dal resto del lander. Per ricostruire gli ultimi momenti di Schiaparelli ci sono poi i dati raccolti da TGO prima che il lander smettesse di comunicare, che forniranno informazioni sullo stato delle sue strumentazioni e su ciò che ha rivelato attraversando l’atmosfera marziana.

I due pezzi di ExoMars
La missione ExoMars era stata progettata con due elementi: TGO e Schiaparelli. Il primo è una sonda con a bordo quattro serie di strumenti per analizzare l’atmosfera di Marte, studiandone le variazioni stagionali, la temperatura e altri parametri per capire come si modificano le condizioni atmosferiche del pianeta e come influenzano il clima marziano. TGO ha inoltre strumenti che consentiranno all’ESA di mappare meglio la superficie di Marte per identificare traiettorie e punti in cui fare atterrare il rover. Il secondo elemento è il modulo dimostrativo Schiaparelli, chiamato così in onore del piemontese Giovanni Schiaparelli, uno dei più grandi studiosi di Marte nell’Ottocento. Il lander aveva una massa di 300 chilogrammi e grossomodo la forma di un tronco di cono, con un diametro di base di 1,65 metri e un’altezza di 1,8 metri. A bordo aveva un set limitato di strumenti, che si sono attivati regolarmente per inviare dati durante la discesa, e altri che avrebbero dovuto comunicare dal suolo marziano e di cui non si hanno notizie.

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L’ESA ha affidato a Thales Alenia Space Italia e ai suoi partner la guida nella preparazione di entrambe le missioni ExoMars. L’industria spaziale italiana ha quindi la responsabilità complessiva dei sistemi di bordo e ha sviluppato il modulo di discesa Schiaparelli e parte degli strumenti che portava con sé. Thales Alenia sta anche coordinando le attività di sviluppo dei sistemi di bordo per il rover la cui partenza è prevista per il 2020. L’azienda è una joint venture tra la multinazionale francese Thales e Leonardo-Finmeccanica, che ne detiene il 33 per cento: ha circa 2.300 addetti in Italia con uno dei suoi centri principali di ricerca e produzione a Torino. La società è da tempo tra i principali partner commerciali di NASA ed ESA per quanto riguarda lo sviluppo di sistemi spaziali e ha contributo alla realizzazione della metà circa dei moduli pressurizzati della Stazione Spaziale Internazionale. Il centro di controllo del rover del 2020 sarà nella sede torinese di ALTEC, società pubblico-privata partecipata da Thales Alenia Space e dall’Agenzia Spaziale Italiana.

Marte è difficile
Marte è l’ultimo dei pianeti di tipo terrestre dopo Mercurio, Venere e la Terra. La sua atmosfera è molto rarefatta e le temperature sulla sua superficie oscillano tra i -140 e i 20 °C a seconda delle stagioni e delle latitudini. È considerato il pianeta più simile al nostro tra quelli conosciuti e da decenni è al centro di ricerche di vario tipo da parte delle agenzie spaziali di tutto il mondo. La prima missione verso Marte fu condotta con successo dalla NASA nel 1965 con l’invio della sonda Mariner 4, sei anni dopo l’Unione Sovietica con la missione Mars 2 portò per la prima volta un oggetto costruito dall’uomo sul suolo marziano, ma il lander si sfracellò durante l’atterraggio diventando inutilizzabile. Attualmente su Marte sono attivi i rover Opportunity e Curiosity della NASA.

L’interesse per Marte dell’ESA risale a diverso tempo fa: da più di 12 anni l’agenzia ha intorno al pianeta la sonda Mars Express, che iniziò il suo viaggio il 2 giugno 2003 insieme al lander Beagle-2, progettato per atterrare sulla superficie di Marte il 25 dicembre dello stesso anno. Poco prima di toccare il suolo marziano smise totalmente di comunicare con la Terra, come ha fatto Schiaparelli. Per anni i tecnici dell’agenzia spaziale britannica e dell’ESA si sono chiesti cosa fosse successo quel giorno e se Beagle-2 fosse effettivamente riuscito ad atterrare senza disintegrarsi. Solo nel 2015 grazie a una serie di fotografie ad alta risoluzione scattate dalla sonda Mars Reconnaissance Orbiter (MRO) della NASA è stato possibile localizzare Beagle-2 sul suolo marziano e avere la conferma che atterrò regolarmente sul Pianeta, anche se non si fece mai sentire a causa di altri problemi tecnici.

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ExoMars è comunque un successo?
La fine di Schiaparelli sta mettendo in ombra il fondamentale risultato ottenuto dall’ESA con il resto della missione ExoMars. Mentre il lander si preparava alla sua discesa, la sonda TGO – che aveva viaggiato in sua compagnia per 7 mesi e 175 milioni di chilometri – ha compiuto una delicata manovra per rallentare la sua corsa e inserirsi nell’orbita di Marte. La manovra è riuscita perfettamente e da qualche giorno l’ESA ha il pieno controllo di una nuova sonda intorno al pianeta, che raccoglierà dati fondamentali per organizzare la seconda fase di ExoMars: l’invio di un rover (robot automatico) su Marte nel 2020. Schiaparelli era la parte sperimentale della missione, concepita proprio per raccogliere quanti più dati possibili sull’atmosfera del pianeta mentre l’attraversava per raggiungere il suolo: è riuscito a farlo e quei dati sono arrivati sulla Terra e saranno utilizzati per organizzare l’atterraggio del rover tra quattro anni.

Dopo le nuove informazioni su Schiaparelli, l’ESA deve fare i conti con la percezione negativa sulla missione, stimolata soprattutto dai media, per il mancato atterraggio secondo i piani di Schiaparelli. L’Agenzia del resto aveva puntato molto sul suo lander sperimentale per promuovere e fare conoscere ExoMars, anche perché era l’aspetto più spettacolare e immediatamente comprensibile della sua missione su Marte. I responsabili dell’ESA dovranno dimostrare ai paesi che finanziano ExoMars che le informazioni raccolte sono sufficienti per procedere con la seconda fase, ottenendo i 300 milioni di euro di finanziamenti necessari per completare lo sviluppo del rover e inviarlo sul pianeta nel 2020.