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  • Lunedì 1 febbraio 2016

Il caso della ciclista belga e della bici a motore

Al Mondiale Under 23 di ciclocross fra le bici a disposizione di Femke Van Den Driessche ce n'era anche una con un motorino: è il primo caso del genere nel ciclismo professionistico

Femke Van den Driessche (Cal Sport Media via AP Images)
Femke Van den Driessche (Cal Sport Media via AP Images)

Pochi giorni fa, la federazione mondiale di ciclismo (UCI) ha sequestrato una delle bici a disposizione di Femke Van Den Driessche, ciclista belga di diciannove anni impegnata nei Mondiali di ciclocross – che cioè si tiene su circuiti fuori strada – che si sono conclusi il 31 gennaio a Zolder, in Belgio. I commissari dell’UCI hanno ispezionato la bicicletta prima dell’inizio della gara e hanno trovato un piccolo motore all’interno del tubo verticale del telaio. La bici non risulta essere stata utilizzata in gara ma è stata trovata fra quelle a disposizione di Van Den Driessche. È il primo caso del genere nel ciclismo professionistico, sebbene della tecnologia in questione si parli già da diversi anni. La presenza del motore nel telaio è stata confermata dal presidente dell’UCI Brian Cookson durante una conferenza stampa.

Van Den Driessche ha concluso la gara valida per il Mondiale ciclocross under 23 al 28esimo posto, ma potrebbe essere squalificata se le verrà riconosciuta una violazione per “frode tecnologica”, appena introdotta dall’UCI per scoraggiare l’utilizzo di tecnologie simili. L’azienda produttrice, l’italiana Wilier Triestina, ha comunicato di voler sporgere denuncia nei confronti della ciclista belga se le verrà riconosciuta una violazione per “frode tecnologica”. Van Den Driessche si è difesa dicendo che la bicicletta sequestrata dagli ispettori non è sua, ma di un amico che aveva provato il percorso prima della gara e poi ha lasciato la bici con il motore tra quelle della sua squadra.

La tecnologia che si sospetta sia usata è l’evoluzione di quello che si chiama Vivax Assist, che è a sua volta l’evoluzione del Gruber Assist, un prodotto che il sito Bike Radar descriveva già nel 2010 e che era anche in vendita per poco più di 2mila euro. Il Vivax Assist funziona più o meno come il motore di una bicicletta elettrica, solo che lo fa in maniera invisibile, occupando molto meno spazio: il piccolo motore a batteria può essere nascosto facilmente nel telaio della bicicletta. Il motore pesa circa 2 chili e può essere azionato da un pulsante collocato sul manubrio, vicino alla leva dei freni. Il Vivax Assist può generare una potenza di quasi 200 watt: più che sufficiente a un corridore professionista per staccare, senza il minimo sforzo, tutti i suoi rivali.

Uno dei primi esperti a mostrare e spiegare il funzionamento di un motore di quel tipo è stato Davide Cassani, ex ciclista, ex commentatore Rai e attuale commissario tecnico della nazionale italiana di ciclismo. In un video del 2011 Cassani ha detto che una bicicletta dotata di una tecnologia simile esiste dal 2004 e che l’ha ricevuta da un meccanico, che gli ha detto di sapere che alcuni ciclisti professionisti l’avevano usata in gara. «Vi potrei dire che se io corressi con questa bicicletta potrei vincere delle tappe al Giro d’Italia, nonostante abbia cinquant’anni», diceva Cassani in quel video.

Su YouTube esistono diversi video che secondo alcuni provano l’uso di biciclette truccate. Già nel 2010 fece molto discutere un video che mostrava delle improvvise accelerazioni in alcune corse del ciclista svizzero Fabian Cancellara, ma anche in quel caso non c’erano abbastanza elementi per dire con certezza se era Cancellara a essere particolarmente forte o se era la sua bicicletta a essere truccata. Per scoraggiare l’utilizzo di tecnologie del genere, nel 2015 l’UCI ha introdotto nel proprio regolamento la “frode tecnologica”, per cui sono previste diverse sanzioni per i ciclisti: l’esclusione dalla gara, una squalifica di almeno 6 mesi e una multa. Le squadre possono invece essere multate di quasi un milione di euro.