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  • Giovedì 24 luglio 2014

La lenta esecuzione di Joseph R. Wood

In Arizona un composto di sostanze ci ha messo quasi due ore per uccidere un uomo condannato per omicidio (e non è la prima volta che succede una cosa simile)

393846 05: A view of the death chamber from the witness room at the Southern Ohio Correctional Facility shows an electric chair and gurney August 29, 2001 in Lucasville, Ohio. The state of Ohio is one of the few states that still uses the electric chair, and it gives death row inmates a choice between death by the electric chair or by lethal injection. John W. Byrd, who will be executed on September 12, 2001, has stated that he will choose the electric chair. (Photo by Mike Simons/Getty Images)
393846 05: A view of the death chamber from the witness room at the Southern Ohio Correctional Facility shows an electric chair and gurney August 29, 2001 in Lucasville, Ohio. The state of Ohio is one of the few states that still uses the electric chair, and it gives death row inmates a choice between death by the electric chair or by lethal injection. John W. Byrd, who will be executed on September 12, 2001, has stated that he will choose the electric chair. (Photo by Mike Simons/Getty Images)

Mercoledì 23 luglio, in un carcere dell’Arizona, l’esecuzione della condanna a morte di Joseph R. Wood, detenuto 55enne condannato per omicidio, è durata circa due ore al posto dei previsti dieci o quindici minuti, cioè il tempo necessario per addormentare il condannato. Non è la prima volta che accade una cosa del genere: il 29 aprile l’esecuzione del 38enne Clayton Lockett, avvenuta in un carcere dell’Oklahoma, durò quasi tre quarti d’ora, mentre il 16 gennaio il 53enne condannato Dennis McGuire impiegò circa 25 minuti per morire in un carcere dell’Ohio.

Joseph R. Wood era stato condannato a morte per avere ucciso nel 1989 la sua ex moglie Debra Dietz e suo padre, Eugene Dietz. La sua esecuzione è iniziata mercoledì alle 13.52 locali, come riporta Erik Eckholm sul New York Times. Poi, per circa un’ora e quaranta Wood «ha ripetutamente rantolato, secondo le testimonianze di alcuni giornalisti e di uno dei suoi avvocati difensori, Dale Baich». La governatrice dell’Arizona, la 69enne repubblicana Jan Brewer, ha detto che «il detenuto Wood è morto in un modo rispettoso delle leggi e secondo testimonianze oculari e pareri medici non ha sofferto. Al contrario dell’orribile e crudele sofferenza che inflisse alle sue due vittime, e a una vita di sofferenza che impose alle loro famiglie». Poco dopo le 15, mentre l’esecuzione di Wood era ancora in atto, i suoi avvocati hanno fatto ricorso a una corte d’appello locale chiedendo di interrompere l’esecuzione, spiegando che Wood «era ancora vivo» e che «è stato violato l’ottavo emendamento, quello che prevede un’esecuzione priva di una punizione crudele e inusuale». Gli avvocati erano anche riusciti a telefonare – sempre durante l’esecuzione – a Anthony Kennedy, un giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti nominato da Ronald Reagan nel 1988: Kennedy ha rifiutato però la loro proposta di interrompere l’esecuzione. Wood è morto alle 15.49.

Gli esecutori di Wood hanno detto di avergli iniettato una sostanza che combinava assieme il sedativo midazolam e l’idromorfone, una sostanza analgesica simile alla morfina. È la stessa combinazione di sostanze che causò la lenta esecuzione di Dennis McGuire, in Ohio, nel gennaio del 2014. All’epoca venne fuori che l’Ohio utilizzava in precedenza una singola iniezione di pentobarbital, un efficace sedativo prodotto dalla casa farmaceutica danese Lundbeck che non aveva mai causato problemi di quel tipo. Nel 2011, però, la società decise di interrompere la vendita della sostanza agli stati americani che la utilizzavano durante le esecuzioni di condannati a morte. Secondo il Death Penalty Information Center, associazione no-profit che si oppone alla pena di morte, a partire dal 2010 molte aziende farmaceutiche hanno cominciato a opporsi all’utilizzo dei propri farmaci durante le esecuzioni, costringendo gli stati ad utilizzare combinazioni di sostanze nuove e poco sperimentate.

La poca affidabilità dei nuovi composti, come anche il riconoscimento dell’arbitrarietà della pena e l’eccessiva durata dei processi, è una delle cause della costante diminuzione delle condanne per pena di morte, in calo sin dal 2001. Nel 2013, secondo un rapporto del Death Penalty Information Center pubblicato nel dicembre di quell’anno, nella maggior parte degli stati che prevedono la pena di morte non è stata compiuta alcuna esecuzione.

foto: Mike Simons/Getty Images