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  • Lunedì 23 dicembre 2013

Le Pussy Riot sono libere

Maria Alyokhina e Nadezhda Tolokonnikova hanno lasciato il carcere dopo oltre un anno di prigionia, grazie all'amnistia da poco approvata in Russia

A file picture taken on October 10, 2012, shows two jailed members of the all-girl punk band "Pussy Riot," (L-R) Maria Alyokhina and Nadezhda Tolokonnikova, sitting in a glass-walled cage in a court in Moscow. Alyokhina and Tolokonnikova have fired their legal team and hired the lawyer who helped free their band mate, the husband of one of the women told AFP. AFP PHOTO / NATALIA KOLESNIKOVA (Photo credit should read NATALIA KOLESNIKOVA/AFP/Getty Images)
A file picture taken on October 10, 2012, shows two jailed members of the all-girl punk band "Pussy Riot," (L-R) Maria Alyokhina and Nadezhda Tolokonnikova, sitting in a glass-walled cage in a court in Moscow. Alyokhina and Tolokonnikova have fired their legal team and hired the lawyer who helped free their band mate, the husband of one of the women told AFP. AFP PHOTO / NATALIA KOLESNIKOVA (Photo credit should read NATALIA KOLESNIKOVA/AFP/Getty Images)

Lunedì 23 dicembre Maria Alyokhina e Nadezhda Tolokonnikova, componenti del collettivo punk russo “Pussy Riot”, sono state liberate grazie all’amnistia approvata la settimana scorsa nel paese.

 

Le due “Pussy Riot” erano state arrestate nell’agosto del 2012 insieme a un’altra componente del gruppo, e successivamente condannate per vandalismo legato all’intolleranza religiosa, dopo una loro protesta nella cattedrale principale di Mosca (erano salite sul presbiterio e avevano cantato una specie di preghiera punk con il ritornello “Madonna, liberaci da Putin”). La condanna prevedeva la loro permanenza in carcere fino al marzo 2014, ma la settimana scorsa in seguito all’approvazione dell’amnistia era stato confermato che entrambe avrebbero usufruito della fine anticipata della pena. Yekaterina Samutsevich, una delle tre ragazze arrestate, fu liberata il 10 ottobre del 2012 perché la sua difesa dimostrò che al momento dell’intervento della polizia aveva ancora la chitarra nella custodia, quindi non si era quindi potuta esibire.

La legge prevede che la colonia penale provveda a pagare il viaggio in treno alla persona liberata fino alla città in cui è residente. L’amnistia riguarda alcune determinate categorie: i minori, gli uomini che hanno superato i 60 anni, le donne che hanno compiuto i 55 anni, che sono in gravidanza e che sono madri di figli minorenni, i disabili, gli agenti di polizia e i militari, compresi quelli coinvolti nei conflitti armati come la guerra in Cecenia. Alcune migliaia di persone saranno interessate e le due “Pussy Riot” sono rientrate tra queste perché entrambe madri di figli minorenni. Il 13 dicembre la Corte Suprema russa aveva inoltre ordinato una revisione della sentenza contro di loro.

L’approvazione di un emendamento ha permesso di estendere l’amnistia ai sospetti di vandalismo che sono ancora in attesa di processo, una categoria in cui rientrano le trenta persone a bordo di una nave di Greenpeace incarcerate a settembre in seguito a una protesta contro un pozzo petrolifero nel Circolo Polare Artico. Le accuse contro di loro dovrebbero dunque cadere. Alcuni di questi, compreso l’attivista italiano Cristian D’Alessandro hanno già ottenuto di potere uscire su cauzione dal carcere a metà novembre.

Alla fine della scorsa settimana, il presidente russo Vladimir Putin ha anche concesso la grazia a Mikhail Khodorkovsky, l’ex uomo più ricco della Russia e il sedicesimo più ricco al mondo grazie alla proprietà della Yukos, una delle più importanti compagnie petrolifere. Fu arrestato nel 2003 e condannato due anni dopo per frode fiscale. Il suo fu considerato dalla maggior parte degli analisti e dei media internazionali un processo politico, voluto da Putin per sbarazzarsi di uno degli uomini più potenti della Russia, che prima di finire in carcere progettava di impegnarsi in politica.

L’amnistia e la recente grazia sono state volute da Vladimir Putin, probabilmente per dare un’immagine più aperta e democratica della propria presidenza in vista delle Olimpiadi Invernali che si terranno il prossimo febbraio a Sochi, sulle rive del Mar Nero. Diversi presidenti e capi di governo europei – come David Cameron (Regno Unito), François Hollande (Francia) e Joachim Gauck (Germania) – hanno annunciato che non parteciperanno alla tradizionale cerimonia di apertura dei Giochi. Le delegazioni olimpiche dei rispettivi paesi parteciperanno comunque, quindi formalmente non si tratterà di un boicottaggio delle Olimpiadi come avvenuto in passato da parte di alcuni paesi.

foto: NATALIA KOLESNIKOVA/AFP/Getty Images