• Mondo
  • Mercoledì 14 marzo 2012

La Russia e le “Pussy Riot”

La storia della misteriosa punk band femminile che contesta Putin: due ragazze accusate di farne parte rischiano sette anni di carcere

ANDREY SMIRNOV/AFP/Getty Images
ANDREY SMIRNOV/AFP/Getty Images

Da un paio di settimane in Russia si parla molto delle Pussy Riot, una misteriosa band musicale punk composta solo da donne protagonista negli ultimi tempi di una serie di proteste contro il governo russo, Vladimir Putin e il suo partito Russia Unita. Due presunti membri della band, Nadezhda Tolokonnikova e Mariya Alekhina, sono state arrestate lo scorso 21 febbraio dopo un’esibizione giudicata blasfema: le Pussy Riot sono salite sul sagrato della Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca e hanno cominciato a cantare una canzone che faceva così: “Madonna, liberaci da Putin”.

I religiosi della chiesa hanno chiamato subito la polizia. Alcuni sono riusciti a scappare ma non Tolokonnikova e Alekhina, che sono state fermate successivamente insieme ad altre quattro persone, poi rilasciate su cauzione. Le due giovani donne, che saranno in stato di fermo fino al 24 aprile in attesa del processo, sono accusate di teppismo e rischiano fino a 7 anni di carcere. Tolokonnikova e Alekhina hanno figli molto piccoli e dicono di essere vittime di uno scambio di persona. Proprio oggi ci sono state proteste al di fuori del tribunale che ha deciso la custodia cautelare delle due e altre quattro persone sono state fermate dalla polizia. Secondo l’Associated Press, le due arrestate avrebbero cominciato oggi lo sciopero della fame in segno di protesta.

Le Pussy Riot sono una band composta da un numero di membri imprecisato (in genere oscilla da 5 a 10 ma c’è chi dice anche che i membri totali siano 30 persone che si alternano) più alcuni tecnici che le seguono quando improvvisano i loro concerti in giro per Mosca, dalla Piazza Rossa ai centri commerciali. Le Pussy Riot si esibiscono sempre a volto coperto da calze di lana molto pesanti e fino agli arresti nessuno sapeva chi fossero. Anche tra di loro si chiamano per pseudonimi e vestono sempre calzamaglie e altri indumenti di colori sgargianti.

Secondo il Guardian, la loro età media è di 25 anni e la maggior parte di loro ha studiato materie umanistiche all’università. Le loro canzoni, che vanno dal punk al garage, hanno testi piuttosto demenziali, volgari e spesso ricchi di riferimenti politici, il più delle volte critici nei confronti di Putin: del tipo, “Rivolta in Russia, il carisma della protesta, rivolta in Russia, Putin se la fa sotto”.

Negli ultimi giorni è partita una campagna online per chiedere la liberazione di Tolokonnikova e Alekhina, chiesta pubblicamente anche dal blogger dissidente Alexei Navalny. Navalny, che è credente, ha definito l’esibizione di Cattedrale di Cristo Salvatore un atto “idiota” ma non “pericoloso”. Le Pussy Riot in passato si sono spese anche per Navalny, cantando e facendo rumore sul tetto dell’edificio dove era detenuto il blogger dopo esser stato fermato durante le manifestazioni del dicembre scorso.

L’esibizione delle Pussy Riot sul sagrato della Cattedrale di Cristo Salvatore sembra aver indignato buona parte dell’opinione pubblica in Russia, dove il 70 per cento della popolazione si dichiara di fede cristiano-ortodossa. Il portavoce di Putin ha già fatto sapere che il futuro presidente russo ha un’opinione “negativa” su di loro, mentre prosegue il dibattito pubblico sulla punizione che le Pussy Riot dovrebbero ricevere per il gesto “blasfemo” commesso. La Chiesa ortodossa e il gruppo giovanile pro Putin Nashi hanno chiesto alle autorità russe di essere intransigenti. Il consigliere per i diritti umani del presidente uscente Dmitry Medvedev, Mikhail Fedotov, ha detto che le donne hanno commesso un reato lieve e che avrebbero meritato massimo 15 giorni di carcere. Oggi sono già a quota 22.

foto: ANDREY SMIRNOV/AFP/Getty Images