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  • Domenica 7 luglio 2013

Chi è Mohamed El Baradei

Se ne parla come nuovo primo ministro egiziano: è stato un importante diplomatico, premio Nobel per la Pace e dal 2011 guida l'opposizione laica

WASHINGTON - NOVEMBER 07: International Atomic Energy Agency Director General Mohamed ElBaradei during the Carnegie Endowment for International Peace International Non-Proliferation Conference November 7, 2005 at the Ronald Reagan Building and International Trade Center in Washington, DC. ElBaradei spoke on many topics including Iraq. (Photo by Joe Raedle/Getty Images)
WASHINGTON - NOVEMBER 07: International Atomic Energy Agency Director General Mohamed ElBaradei during the Carnegie Endowment for International Peace International Non-Proliferation Conference November 7, 2005 at the Ronald Reagan Building and International Trade Center in Washington, DC. ElBaradei spoke on many topics including Iraq. (Photo by Joe Raedle/Getty Images)

Il presidente ad interim dell’Egitto Adli Mahmud Mansur dovrebbe nominare nelle prossime ore il nuovo primo ministro del paese, dopo il colpo di stato dell’esercito e la deposizione dell’ex presidente Mohamed Morsi, il 3 luglio scorso.

Poco prima della mezzanotte di domenica 7 luglio erano circolate voci che sostenevano la nomina di Mohamed Elbaradei, già leader dell’opposizione a Mubarak: un portavoce della presidenza egiziana ha spiegato però che le consultazioni sono ancora in corso e che non è stato deciso nulla.

La carriera diplomatica
Muhammad El Baradei, nato al Cairo il 17 giugno 1942, è uno dei più importanti politici egiziani e uno dei principali rappresentanti dell’area laica. Prima di entrare in politica e di pensare di candidarsi alla presidenza alle elezioni del 2012, ha ricoperto importanti ruoli diplomatici a livello internazionale.

El Baradei ha studiato diritto all’Università del Cairo e ha poi proseguito gli studi a Ginevra, in Svizzera, e fatto un dottorato a New York nell’ambito delle relazioni diplomatiche e internazionali. Iniziò la sua carriera di diplomatico al ministero degli Esteri egiziano, nel 1974, prima di diventare membro dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), dove ricoprì numerosi incarichi e diventò direttore generale nel 1997: nel corso dei suoi diversi mandati successivi a capo dell’AIEA, fino al 2009, aumentò l’autorevolezza e l’importanza dell’organizzazione.

Nel 2002 guidò la missione in Iraq degli ispettori dell’ONU e della AIEA. Il 14 febbraio 2003, durante il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite disse, in qualità di direttore generale dell’AIEA, che in Iraq non c’erano prove che dimostrassero l’uso di materiale nucleare per scopi di guerra: una verità riconosciuta soltanto dopo la conclusione della guerra iniziata dagli Stati Uniti. La sua posizione venne criticata da diversi esponenti della politica americana, compreso Colin Powell, all’epoca segretario di Stato americano, che si scusò poi con El Baradei per le sue affermazioni.

Nel 2005 fu consegnato a lui e all’organizzazione che dirigeva, l’AIEA, il Premio Nobel per la Pace, con la motivazione: «per i loro sforzi al fine di prevenire che l’energia nucleare sia usata per fini militari, e al fine di assicurare che l’energia nucleare per scopi pacifici sia usata nel modo più sicuro possibile».

La carriera politica
El Baradei tornò in Egitto nel 2011 per partecipare alle manifestazioni di protesta contro Mubarak: fu accolto all’aeroporto in maniera trionfale. Intorno a lui si creò un ampio movimento, divenuto sempre più rilevante, con lo scopo di rappresentare le ragioni dei manifestanti: divenne il capo dell’Associazione Nazionale per il Cambiamento, un’ampia coalizione che si era formata per opporsi a Mubarak.

La coalizione era sostenuta da partiti di aree politiche diverse, dai partiti di sinistra fino ai Fratelli Musulmani: El Baradei era sostenuto anche dalla maggior parte degli intellettuali, degli studenti e dalle élite progressiste. L’opposizione costrinse Mubarak a occuparsi di una serie di problemi fino a quel momento inascoltati, tra cui l’introduzione di riforme democratiche per rendere più equo l’accesso alla campagna elettorale e alla competizione politica, e maggiori diritti per i lavoratori.

Per tutti questi motivi, El Baradei era considerato il principale candidato dell’opposizione alle elezioni presidenziali del 2012. Dopo aver annunciato la sua candidatura però, il 14 gennaio 2012, decise di rinunciare alla competizione, denunciando la mancanza di un vero sistema democratico: El Baradei voleva tra le altre cose che prima delle elezioni venisse approvata una nuova Costituzione.

Il 28 aprile 2012 annunciò la fondazione del Partito della Costituzione (Al Dostur), con l’obiettivo di unificare tutte le forze liberali del paese. Dopo l’elezione di Mohamed Morsi, El Baradei partecipò, il 5 dicembre 2012, alla formazione del Fronte di Salvezza Nazionale, la coalizione che raggruppava i principali partiti d’opposizione contro i decreti approvati dal nuovo presidente, sostenuti dal movimento politico-religioso dei Fratelli Musulmani.

La nomina a primo ministro
Il 3 luglio scorso El Baradei è apparso in tv insieme al capo delle forze armate egiziane, Abdul Fatah Khalil Al-Sisi, quando, su iniziativa dell’esercito, sono stati annunciati la sospensione della Costituzione e la nomina del capo della Corte Costituzionale alla guida di un governo tecnico, in attesa di proclamare una data per tenere le elezioni presidenziali anticipate.

In un’intervista rilasciata al New York Times il 4 luglio, ElBaradei ha detto che questa fase di transizione non poteva essere rimandata, a causa delle grandi manifestazioni iniziate in piazza Tahrir il 28 giugno scorso e proseguite nei giorni successivi con episodi di violenza e scontri tra i manifestanti e l’esercito.

El Baradei è appoggiato anche dal gruppo Fronte 30 giugno, un insieme di esponenti di sinistra contrapposti ai Fratelli Musulmani e all’ex presidente, che lo hanno definito “l’uomo giusto per questa transizione”: El Baradei ha spiegato di essere stato favorevole agli arresti dei militari nei confronti di alcuni importanti esponenti dei Fratelli Musulmani e alla chiusura delle televisioni da loro controllate, dicendo che così si evitava che fossero utilizzate per incitare i manifestanti alla violenza. Il suo appoggio all’azione dei militari – in questa fase di transizione – sarà totale, ha assicurato, fino a quando tutto si svolgerà “regolarmente” e senza abusi.

Foto: Mohamed ElBaradei (Joe Raedle/Getty Images)