• Mondo
  • Sabato 16 febbraio 2013

Le elezioni in Ecuador

Il presidente Rafael Correa, uno dei politici più controversi dell'America Latina, è il favorito per la rielezione: oggi si vota

Domenica 17 febbraio si terranno in Ecuador le elezioni per eleggere i nuovi presidente e vicepresidente della Repubblica, per rinnovare l’Assemblea Nazionale e per eleggere i 5 rappresentanti del paese al Parlamento Andino (l’organo della Comunità Andina, di cui fanno parte Perù, Bolivia, Colombia e Ecuador). Gli aventi diritto al voto sono 11,6 milioni. La legge elettorale dell’Ecuador prevede anche un secondo turno per l’elezione del binomio presidenziale (presidente più vicepresidente). Se nessuno otterrà la maggioranza assoluta dei voti, oppure almeno il 40% dei voti con una distanza di 10 punti percentuali dal secondo, i cittadini ecuadoriani torneranno a votare il 7 aprile per il ballottaggio.

Il grande favorito delle elezioni presidenziali è l’attuale presidente Rafael Correa, che molti sostengono abbia grandi possibilità di vincere già al primo turno, anche per la debolezza delle opposizioni. Correa è presidente dell’Ecuador dal 15 gennaio 2007 e leader del partito Alianza País, creato nel 2006 dello stesso Correa come unione delle forze di sinistra del paese. Degli altri sette candidati, il rivale più forte di Correa sembra essere Guillermo Lasso, 57enne, ex banchiere e leader del movimento conservatore Creando Oportunidades. In passato si è espresso su posizioni piuttosto conservatrici rispetto ad alcuni temi sociali ed economici: è contrario all’aborto e al matrimonio tra omosessuali e a favore di un aumento degli investimenti privati nell’economia del paese.

Secondo i sondaggi pre-elettorali, che danno Correa avanti di circa 40 punti percentuali rispetto a Lasso, al terzo posto si posiziona l’ex colonnello ed ex presidente Lucio Gutiérrez, leader del partito centrista Sociedad Patriótica. Gutiérrez si presenta per la terza volta alle elezioni presidenziali, dopo la fallimentare esperienza da presidente del biennio 2003-2005.

I temi più importanti della campagna elettorale sono stati l’economia e l’aumento della violenza nelle maggiori città del paese, causata della presenza crescente della criminalità organizzata e delle bande giovanili. Il presidente Correa è riuscito a presentarsi come il presidente che ha risollevato il paese dalla situazione di grande instabilità politica e crisi economica iniziata con la crisi finanziaria del 1999.

Molti ecuadoriani ricordano ancora le difficoltà di quegli anni, che lasciarono centinaia di migliaia di persone in Ecuador senza accesso ai risparmi personali depositati nelle banche del paese. Nel 2000 la valuta dell’Ecuador venne sostituita con il dollaro americano. Già durante la campagna elettorale del 2006, Correa aveva cavalcato il malcontento popolare scagliandosi contro i banchieri, le privatizzazioni e le istituzioni finanziarie internazionali, come il Fondo Monetario Internazionale. Il suo slogan era diventato: “Il paese non è più in vendita. Il paese della disperazione è diventato quello della speranza”.

Diverse testate internazionali, tra cui l’Economist, riconoscono che durante i suoi sei anni di presidenza Correa ha migliorato sensibilmente le condizioni generali del paese. Ha favorito la costruzione di strade, scuole e cliniche ospedaliere, ha dato uniformi scolastiche gratuite e ha permesso a molte persone di accedere a dei mutui agevolati.

Inoltre, lo scorso novembre il parlamento ecuadoriano ha approvato la Ley de ridistribución del gasto social, che ha aumentato il cosiddetto Bono para Desarollo Humano, un contributo statale mensile destinato alle fasce più povere della popolazione. Il Bono, che era stato proposto per la prima volta da Guillermo Lasso, è passato da 35 a 50 dollari per persona ed è finanziato per il 54% recuperando risorse amministrative e tributarie del settore bancario. È percepito da 1.200.000 ecuadoriani, 600.000 dei quali ricevono già una pensione sociale.

Secondo il quotidiano spagnolo El Pais, uno dei successi più importanti del team elettorale di Correa è stato quello di associare gli effetti della drammatica crisi finanziaria del 1999 con la figura di Lasso, sfruttando proprio il suo passato da banchiere. Correa ha potuto beneficiare anche di una legge sulla limitazione delle forme di finanziamento dei giornali e sulla restrizione delle attività della stampa che lui stesso ha fatto approvare, e che ha limitato di moltissimo l’informazione politica nel paese durante la campagna elettorale. La Società Interamericana della Stampa, gruppo di difesa degli interessi e dei diritti dei giornalisti nelle Americhe, ha definito Correa nemico della libertà di espressione.

Le elezioni ecuadoriane saranno molto seguite anche dall’estero. Negli ultimi anni, infatti, il presidente Correa si è fatto conoscere in tutto il mondo per la vicenda legata a Julian Assange, il fondatore del sito Wikileaks che trovò ospitalità all’ambasciata ecuadoriana a Londra dopo essere stato accusato di molestie sessuali da due ex attiviste svedesi di WikiLeaks. In particolare sono gli Stati Uniti ad essere molto attenti alla tornata elettorale. L’Ecuador fa parte dell’Alleanza Bolivariana delle Americhe, un progetto di cooperazione politica, sociale ed economica promossa da Cuba e Venezuela – i due paesi più ostili agli Stati Uniti del continente latinoamericano – e alternativa all’Area di Libero Commercio delle Americhe, voluta invece dagli Stati Uniti.

Nel frattempo gli oppositori politici di Correa, tra cui anche il partito di Lasso, hanno accusato il presidente di irregolarità durante la campagna elettorale, in particolare di utilizzo improprio di soldi pubblici. Inoltre, hanno sostenuto che Alianza Paìs avrebbe ricevuto dei finanziamenti direttamente dal Partito Socialista Unito del Venezuela, il partito di Hugo Chavez. Dal 10 febbraio diversi osservatori dell’Organizzazione degli Stati Americani sono arrivati in alcune città ecuadoriane per vigilare sulla regolarità del voto del 17 febbraio.