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  • Mercoledì 10 ottobre 2012

Perché il Consiglio comunale di Reggio Calabria è stato sciolto

Non era mai successo a un capoluogo di provincia: da mesi si indaga sui rapporti tra giunta e 'ndrangheta

Mentre il Consiglio dei ministri di ieri sera era ancora in corso, il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri ha tenuto una conferenza stampa a Palazzo Chigi in cui ha annunciato lo scioglimento del consiglio comunale di Reggio Calabria a causa di “condizionamenti esterni da parte della criminalità organizzata”. La delibera del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro Cancellieri, dovrà essere confermata da un decreto del presidente della Repubblica. È la prima volta dal 1991, anno in cui entrò in vigore la legge che permette lo scioglimento di enti locali da parte del governo, che il provvedimento riguarda un capoluogo di provincia.

Le ragioni dello scioglimento sono state spiegate dal ministro precisando che si tratta di un atto «preventivo e non sanzionatorio» e che non è motivato da «dissesto». La decisione è stata presa non per «infiltrazioni mafiose» ma per «contiguità» con ambienti della criminalità organizzata. Il ministro ha detto che la decisione riguarda solo questa amministrazione, che è iniziata con l’elezione di Demetrio Arena (PdL) nel maggio 2011.

La precisazione è stata fatta per escludere esplicitamente il periodo in carica del precedente sindaco Giuseppe Scopelliti, che è l’attuale presidente della Regione: ma è difficile che non costituisca un problema per lui, dato che dal 2002 al 2010 è stato sindaco del capoluogo e che Arena gli è notoriamente molto vicino. Scopelliti infatti ha criticato la decisione, avanzando la possibilità che si tratti di una scelta «politica» perché comuni vicini a Reggio e nella sua stessa situazione, a dire di Scopelliti, non sono stati sciolti. Da circa una settimana, tutta la giunta regionale di centrodestra è indagata per la nomina di un dirigente.

Di un possibile scioglimento del consiglio comunale di Reggio Calabria si parlava da settimane, e da circa sei mesi una commissione di sei persone – tre commissari del ministero dell’Interno e tre ufficiali delle forze dell’ordine – stava lavorando alla relazione di 400 pagine che è stata presentata ieri e che ha portato allo scioglimento. Secondo quanto riportano i giornali di oggi, tra gli episodi più gravi c’è il tentativo di infiltrazione di una ‘ndrina (le famiglie dell’organizzazione mafiosa calabrese, la ‘ndrandgheta), quella dei Tegano, in un’azienda municipalizzata del comune, la Multiservizi, che è stata sciolta pochi mesi fa.

Un altro episodio grave è stato, nel dicembre 2011, l’arresto del consigliere comunale Giuseppe Plutino, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Ci sono poi i rapporti di diversi assessori, tra cui quello ai lavori pubblici Pasquale Morisani, con capi della criminalità organizzata, oltre alla partecipazione del presidente del consiglio comunale ai funerali di un boss morto nel 2010. Oltre ai collegamenti con la criminalità organizzata, anche la situazione finanziaria del comune era grave, con un passivo di bilancio stimato in diverse decine di milioni di euro e causato da anni di sprechi e cattiva gestione: i conti del comune erano già stati segnalati lo scorso anno dal ministero dell’Economia e dalla Corte dei Conti.

Il comune sarà guidato ora per 18 mesi da tre commissari straordinari, nominati dal governo: l’attuale prefetto di Crotone Vincenzo Panico, il viceprefetto Giuseppe Castaldo e il dirigente dei servizi ispettivi di finanza della Ragioneria dello Stato, Dante Piazza. Secondo la legge del 1991, lo scioglimento di enti locali (ma in vent’anni sono state sciolte solo amministrazioni comunali e qualche azienda sanitaria locale) può essere deciso anche senza che la magistratura accerti un reato. Bastano semplici «elementi» che il Consiglio dei ministri ritiene siano sufficienti a indicare un collegamento o un’influenza della criminalità organizzata sull’ente locale. A marzo scorso, altri sette comuni di tutta Italia erano stati sciolti dal Consiglio dei ministri.

Foto: Mauro Scrobogna / LaPresse