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  • Mercoledì 20 giugno 2012

Assange ha chiesto aiuto all’Ecuador

Ieri è entrato nell'ambasciata ecuadoriana a Londra e ha chiesto asilo politico

foto: Kirsty Wigglesworth/AP/dapd
foto: Kirsty Wigglesworth/AP/dapd

Aggiornamento 12.52 – La polizia di Londra ha detto che Julian Assange ora potrebbe essere arrestato per essersi rifugiato nell’ambasciata ecuadoriana della città, violando così le condizioni degli arresti domiciliari a cui è sottoposto.

Ieri il fondatore di Wikileaks, l’australiano Julian Assange, è entrato nell’ambasciata ecuadoriana di Londra (Regno Unito) e ha chiesto formalmente asilo politico all’Ecuador. Si tratta di una mossa a sorpresa – per alcuni piuttosto disperata – per cercare di evitare l’estradizione in Svezia che oramai pare scontata, dopo che lo scorso 30 maggio la Corte Suprema britannica ha respinto il suo ricorso.

In un messaggio comparso ieri sul sito di Wikileaks, Assange si è dichiarato “abbandonato dal governo australiano”, mentre il ministro degli Esteri ecuadoriano, Ricardo Patiño, ha parlato di una lettera scritta da Assange al presidente dell’Ecuador Rafael Correa in cui dice di essere “perseguitato” e di aiutarlo perché, qualora la Svezia lo estradasse a sua volta negli Stati Uniti, rischierebbe la pena di morte.

L’ambasciata ecuadoriana ha fatto sapere ieri in un comunicato che, come da prassi, la richiesta di Assange è stata inoltrata all’ufficio di competenza di Quito, la capitale dell’Ecuador, e che fino a quando il paese non deciderà se accettarla o meno Assange potrà rimanere nell’ambasciata di Londra. Allo stesso tempo, però, l’Ecuador ha fatto sapere che farà il possibile per “non interferire con il corso della giustizia sia del Regno Unito che della Svezia” e che si consulterà con i rappresentanti di questi due paesi oltre che degli Stati Uniti prima di prendere una decisione.

Queste parole lasciano pensare che l’Ecuador difficilmente interferirà con la giustizia britannica e con quella svedese, anche se questo paese sudamericano è in qualche modo legato ad Assange. Nel 2010, dopo la pubblicazione, da parte di Wikileaks, dei dispacci delle varie ambasciate americane nel mondo, il ministro degli Esteri ecuadoriano aveva offerto un permesso di soggiorno ad Assange, ma la sua mossa era stata bloccata dal presidente Correa. Proprio Correa, tra l’altro, è stato intervistato lo scorso maggio da Assange per “The World Tomorrow”, il programma di approfondimento che conduce sul canale Russia Today. Nella circostanza, Assange aveva definito Correa “un populista di sinistra che ha cambiato l’Ecuador”.

Lo scorso 30 maggio la Corte Suprema britannica aveva respinto il ricorso di Assange contro l’estradizione in Svezia dove dovrebbe essere processato per violenza sessuale. In questo caso, Assange verrebbe incarcerato – in Svezia non esiste la libertà su cauzione – e subito incriminato per essere sottoposto a processo.

Assange potrebbe fare un ulteriore ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ma sembra molto improbabile che questa decida di occuparsi del suo caso, in quanto non ci sarebbero le basi sufficienti per parlare di violazione del diritto internazionale e soprattutto perché molti paesi in Europa hanno una legislazione simile a quella della Svezia in tema di estradizioni.

Assange sostiene che il magistrato svedese che ha chiesto l’estradizione non è imparziale e ha spesso sostenuto che dietro la sua estradizione in Svezia c’è un complotto degli Stati Uniti, intenzionati a danneggiarlo dopo la diffusione dei documenti riservati sui governi mondiali diffusi da parte di Wikileaks. Assange è stato arrestato in Regno Unito nel dicembre 2010 e da allora è agli arresti domiciliari. Da qualche settimana conduce un talk show da casa sua a Londra, sul canale governativo russo Russia Today.

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foto: Kirsty Wigglesworth/AP/dapd