Tozzi e Giordana su Romanzo di una strage
Il produttore e il regista del film su Piazza Fontana rispondono oggi su Repubblica alle molte critiche
Dopo l’editoriale di Ezio Mauro di ieri, che si sommava ai molti articoli critici sul film “Romanzo di una strage”, il produttore e il regista del film rispondono oggi al direttore con una lettera pubblicata su Repubblica.
Caro Direttore, si fanno romanzi e film storici: si sono sempre fatti e sempre si faranno. Giudicarli alla stregua di saggi è negarne il linguaggio. Il che non vuol dire che i romanzi possano prescindere dai fatti. Ma solo che non possono non trasfigurarli e anche supporli dove non appaiono evidenti. Romanzo di una strage è un film sulla storia. Parte dal desiderio di raccontare la natura stessa della democrazia che abbiamo conosciuto, con le sue stimmate e col conflitto e il dolore che esse implicano. Nel momento in cui il nostro Paese vive una possibilità di cambiamento, come ha ricordato su queste pagine Eugenio Scalfari. La doppia lealtà è la cifra della nostra democrazia, ha sottolineato Gotor: una lealtà alla Costituzione antifascista, ed un´altra alla necessità della lotta al comunismo. Giuseppe Vacca, in un suo articolo, prima di tutti ha usato il termine in riferimento al nostro film. Non un complotto dunque ma una condizione storica. Una condizione però non detta e, come tutti i non detti, portatrice di malattia. Il film, il primo e l´unico sull´argomento, dice quella condizione e seziona quella malattia. E si svolge come un film di genere, coerentemente sul tema del doppio: sta al thriller politico come – si parva licet – La donna che visse due volte sta al crimine passionale.
Raccontiamo come un popolo ignaro dello sdoppiamento si fa travolgere da una lotta cieca, di cui non conosce l´origine e le regole. Lo facciamo ponendo al centro due vittime: Pinelli e Calabresi. Noi abbiamo fatto la più alta orazione per Pinelli, incarnandolo.
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