Le “domande senza risposta” di Giavazzi

Le difficoltà non stanno nei problemi da risolvere, scrive l'economista sul Corriere, ma "nel mondo che a Roma s'interpone" fra problemi e soluzioni

L’editoriale dell’economista Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera di oggi torna a commentare l’attività del governo, tema sul quale Giavazzi ha da tempo una cordiale polemica con lo stesso presidente del Consiglio, Mario Monti, che più volte – l’ultima pochi giorni fa – gli ha risposto sarcasticamente durante una conferenza stampa. Oggi Giavazzi scrive che la sua “impazienza” si deve alla consapevolezza che le difficoltà non stanno nei problemi da risolvere ma “nel mondo che a Roma s’interpone” fra problemi e soluzioni.

I problemi dell’Italia si possono osservare da due diverse prospettive: da Roma, come da tutte le capitali, appare in primo piano la politica. Ovviamente non mi riferisco ai ministri di questo governo, ma a quei politici che parlano del futuro dell’Italia e in realtà pensano solo al futuro proprio, a quale posto riusciranno a occupare nel prossimo giro della giostra romana. Si stracciano le vesti se il governo usa il voto di fiducia per evitare che alcuni provvedimenti vengano del tutto svuotati di efficacia in Parlamento: in realtà temono solo che il voto di fiducia annulli il loro potere di intermediazione fra governo e corporazioni. Alti dirigenti dello Stato che asseriscono l’impossibilità di tagliare anche di un solo euro la spesa pubblica, difendono l’assoluta necessità dei 30 miliardi che ogni anno lo Stato trasferisce ad imprese pubbliche e private: tutti essenziali, e soprattutto quelli destinati alle aziende nei cui consigli di amministrazione essi siedono da anni.

Da questo osservatorio si rischia di confondere le corporazioni (lo sono anche Confindustria e i sindacati) con le istituzioni. È un ambiente dal quale è impossibile estirpare il virus della corruzione. Un mondo nel quale diventa persino difficile nominare il direttore generale del Tesoro, incarico (come ricordai sette settimane or sono) forse ancor più delicato di quello di Governatore della Banca d’Italia, e un nodo che il presidente del Consiglio non è ancora riuscito a sciogliere.

Diversamente si può guardare l’Italia da un’altra prospettiva: quella degli investitori che hanno acquistato il nostro debito pubblico e ogni giorno si chiedono se sia ancora un buon impiego dei risparmi che sono stati loro affidati. Essi non risiedono solo a Milano, Londra o New York, ma anche a Omaha, Nebraska, dove ha sede la società di Warren Buffet, uno dei più abili investitori al mondo, a Oslo e a Singapore, dove hanno sede grandi fondi sovrani.

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