Le arance di Rosarno e la Coca-Cola

La società annuncia che continuerà ad acquistare gli agrumi dalla Calabria, rispondendo all'inchiesta che aveva denunciato lo sfruttamento dei lavoratori immigrati

Roberto Monaldo / LaPresse
Roberto Monaldo / LaPresse

Oggi la Coca-Cola Company ha confermato che continuerà a comprare arance prodotte a Rosarno, in Calabria. L’annuncio è arrivato dopo le voci secondo cui la società avrebbe presto cambiato i propri fornitori di arance utilizzate per la sua aranciata Fanta in seguito a un reportage della rivista britannica The Ecologist. L’articolo dal titolo “Il costo nascosto della raccolta di arance in Italia”, tradotto in italiano da Internazionale, aveva raccontato le difficili condizioni di vita e di lavoro degli immigrati, spesso africani, che a Rosarno raccolgono le arance destinate in gran parte alla produzione di bevande, tra cui la Fanta della Coca-Cola. In seguito alla pubblicazione dell’articolo, si era detto che l’azienda avrebbe lasciato l’Italia per tutelare la sua immagine.

Oggi, tuttavia, i rappresentanti dell’azienda, dopo un incontro con il ministro delle Politiche Agricole Mario Catania, hanno confermato che l’azienda non abbandonerà l’Italia: “Le notizie riportate nei giorni scorsi erano erronee e riguardavano solo un fornitore” hanno spiegato i responsabili della società. Coca-Cola ha detto inoltre di voler incrementare le forniture di arance rispetto allo scorso anno e di voler offrire ai fornitori contratti pluriennali (oggi si rinnovano di anno in anno). La Fanta venduta in Italia contiene il 12 per cento di succo di arancia e, come dice l’azienda, viene prodotta esclusivamente con arance italiane.

La decisione è arrivata anche dopo una grande manifestazione di protesta organizzata oggi dall’associazione nazionale degli agricoltori Coldiretti in Calabria con lo slogan “No all’aranciata che spreme agricoltori e lavoratori e inganna i consumatori”. I manifestanti hanno chiesto il riconoscimento di un giusto prezzo ai produttori, l’aumento della percentuale di succo di arance contenuta nelle bevande e l’obbligo dell’indicazione dell’origine della frutta. Secondo l’inchiesta dell’Ecologist, un chilo di arance industriali raccolte a Rosarno che vengono poi destinate alla produzione di altri prodotti, come la Fanta e altre bevande, vengono pagate 7 centesimi al chilo.

Il ministro Catania oggi ha detto che la “Coca Cola ha assicurato piena collaborazione nel verificare il rispetto di condizioni di lavoro equo”. Ha poi aggiunto che “il ministero aprirà un tavolo con le istituzioni locali, le imprese agricole e le aziende coinvolte nella filiera per migliorare la competitività del settore, tutelare il reddito dell’azienda agricola e migliorare le condizioni lavorative degli immigrati”.

Nell’articolo dell’Ecologist, si legge come le condizioni degli immigrati, che guadagnano circa 25 euro per una giornata di lavoro, siano molto difficili per quanto riguarda le condizioni di lavoro, i diritti e gli alloggi. La Coca-Cola aveva respinto le accuse di comportamenti scorretti e aveva dichiarato che il suo “fornitore calabrese aveva ricevuto nel maggio del 2011 una regolare certificazione sanitaria”.

L’azienda aveva ammesso, comunque, “che la struttura della filiera produttiva e della catena di distribuzione impedisce di effettuare controlli in tutte le aziende agricole e in tutti i consorzi da cui il suo fornitore potrebbe avere comprato il succo”. Secondo l’Ecologist, dunque, “non esistono elementi per dimostrare che la Coca-Cola o i suoi fornitori siano responsabili di pratiche illecite o di violazioni”.

Nella foto: una manifestazione di protesta a Rosarno il 12-01-2010 (Roberto Monaldo/LaPresse)