Il nuovo grattacielo di Torino

La Stampa racconta la costruzione del nuovo progetto di Renzo Piano, che non supererà l'altezza della Mole

Sulla Stampa di oggi, Guido Tiberga racconta a che punto sono i lavori di costruzione del nuovo grattacielo di Intesa Sanpaolo a Torino progettato da Renzo Piano. L’edificio, che diventerà il nuovo centro direzionale della banca, per ora è alto una sessantina di metri cui se ne aggiungeranno altri cento durante il 2012. Sarà uno degli edifici più alti di Torino e per questo motivo la sua messa in cantiere fu inizialmente discussa e criticata da numerosi detrattori, preoccupati per l’impatto del palazzo sul panorama cittadino. Il grattacielo non supererà comunque in altezza la Mole Antonelliana, uno dei simboli più conosciuti della città, la cui guglia arriva a 167,50 metri.

L’ultima scala a pioli è alta quanto basta perché la città che si agita di sotto sembri già piccola: 65 metri di cemento su corso Vittorio Emanuele, il vialone che dal Po porta verso la periferia di Torino. Per arrivare in cima ci vogliono quindici minuti buoni di gradini, ed è una cima per modo di dire, visto che dalla testa delle gru che si muovono ancora più in alto piovono i sorrisi divertiti e quasi irridenti dei manovratori.

Per i torinesi, la grande torre grigia è già «il grattacielo del San Paolo». La chiamano così e la guardano con sospetto, perché la costruzione è tozza, diciamo pure brutta. Sbagliano. In buona fede, ma sbagliano: perché quello che si vede oggi non è «il grattacielo», ma soltanto il suo vano ascensori. È difficile immaginarlo da soli, perché fare i calcoli in altezza è complicato, ma tra quello che c’è e quello che sarà davvero il tetto mancano un centinaio di metri e una trentina di piani.

Il mistero
Il cantiere di un grattacielo del 2012 non è troppo differente da quello che doveva essere la «fabbrica» di una cattedrale medievale. Dentro si lavora, fuori non si sa nulla, o quasi. Di diverso ci sono soltanto i tempi, che corrono veloci: poco più di due anni fa qui c’era solo uno spiazzo sporco. «Siamo arrivati il 7 gennaio del 2009 – racconta Vincenzo Turini, l’ingegnere che fa parte della squadra scelta dal Gruppo Intesa Sanpaolo per controllare i lavori – era mercoledì, e nevicava. Abbiamo cominciato pulendo il terreno, qui prima c’era il cantiere del passante ferroviario, e prima ancora una stazione di pullman e il mattatoio cittadino».

Nell’agosto del 2013 ci sarà una città verticale di 166 metri, uno in meno della Mole Antonelliana. Ma la Mole è un edificio a punta, solo l’Uomo Ragno potrebbe arrivare fino in cima: «Noi invece avremo una terrazza – sorride un ingegnere della Jacobs, l’impresa che conduce i lavori – con una caffetteria e un ristorante. Il nostro sarà il più alto belvedere della città…».

La tecnica
Per un anno e mezzo tecnici e operai hanno lavorato sul progetto di Renzo Piano senza che all’esterno nessuno vedesse nulla. Hanno triturato il suolo con quella che chiamano «idrofresa», un mostro che mangia la terra e la risputa fuori come fango pregiato. Hanno inserito nel terreno armature di metallo alte quaranta metri, scavato in basso per quattro piani, costruito colonne provvisorie («E allora sembrava davvero di stare in una cattedrale sotterranea»), montato gigantesche solette.

Hanno creato sottoterra un enorme cubo di calcestruzzo: «Ci sono volute 87 ore consecutive di gettata – spiega Turini – e 1.280 betoniere, ma ce l’abbiamo fatta. È il secondo monolite del mondo, di più grande ce n’è soltanto uno negli Emirati».

Il gigante ha messo fuori la testa la primavera scorsa, quando sono arrivati quelli che qui chiamano «casseri rampanti» e la torre ha cominciato a crescere, spinta in alto dalle tecniche più avanzate a disposizione dell’edilizia. Poi hanno portato le sei mega-colonne, che ancora a pezzi sui Tir speciali sembravano lunghissime, e adesso piantate nel terreno sono quasi esili, con i loro 44 metri di acciaio riempito di calcestruzzo.

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