La Grecia ha una settimana

Serve un accordo sul debito entro il 13 febbraio, altrimenti niente nuovo prestito internazionale e fallimento praticamente certo

(AP Photo/Petros Giannakouris)
(AP Photo/Petros Giannakouris)

Manca una settimana al termine ultimo per la Grecia per evitare tecnicamente il fallimento, ma l’accordo con i creditori privati e soprattutto quello con la comunità internazionale sembrano ancora lontani. Nei giorni scorsi il ministro delle Finanze greco Evangelos Venizelos aveva assicurato che le parti si sarebbero accordate ieri. La questione invece è stata ancora rimandata. Se non si troverà un accordo con le banche entro il 13 febbraio e se l’Europa non concederà il secondo bailout da 130 miliardi, per la Grecia sarà impossibile pagare i creditori il 20 marzo, quando il governo dovrà affrontare la scadenza di 14,4 miliardi di euro di titoli di Stato, arrivando al fallimento.

Per concedere il secondo prestito alla Grecia, la cosiddetta troika – l’Unione Europea, la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale – vuole vedere approvate altre riforme. Le trattative di ieri, a detta di fonti greche che hanno parlato con varie agenzie di stampa, sono state drammatiche: UE, BCE e FMI chiedono l’abbassamento dei salari minimi e il taglio delle tredicesime anche nel settore privato, una riforma che vada a toccare le pensioni complementari, nuovi tagli pari all’1,5 per cento del PIL nel 2012 (per oltre due miliardi di euro) che includono, tra le altre cose, una forte riduzione dei costi di difesa e sanità, settore particolarmente colpito dai tagli degli ultimi mesi.

I tre esponenti dell’attuale coalizione di maggioranza, Georges Papandreou (partito socialista), Antonis Samaras (Nuova Democrazia, centro-destra) e Georges Karatzaferis (estrema destra) non vogliono accettare questi ulteriori tagli. Un annuncio del genere, secondo Karatzaferis, porterebbe il paese “alla rivoluzione”. Il premier ad interim Lucas Papademos sembra non poter fare molto. Ieri a un certo punto avrebbe telefonato a Mario Draghi, presidente della BCE, e Christine Lagarde, segretario dell’FMI, per cercare un aiuto che non gli è stato concesso. La BCE ha già 45 miliardi di titoli di Stato greci e non vuole investire ancora in asset così rischiosi. In un’intervista allo Spiegel pubblicata oggi il capo dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, ha per la prima volta ammesso che la Grecia è vicina al fallimento. La troika vuole, tra le altre cose, che la Grecia riduca entro il 2020 di 40 punti il suo debito pubblico, dal 160 per cento di oggi al 120. Per far questo negli ultimi giorni ci sono stati retroscena insistenti sui quotidiani europei secondo cui la Germania starebbe spingendo affinché l’Europa commissari totalmente la Grecia e ne governi autonomamente economia e conti pubblici.

L’accordo con i creditori privati, invece, che tuttavia deve essere ancora finalizzato, sembra più vicino: prevede un’intesa da 100 miliardi di perdite nominali sul valore dei bond greci, con una svalutazione di circa il 65-70 per cento dell’investimento da parte dei creditori (banche e fondi di investimento, tra gli altri) mediante l’emissioni di nuovi bond a tassi di interesse agevolati. Per i nuovi titoli di Stato, i creditori erano arrivati a offrire un tasso medio del 4 per cento circa (3,5 per quelli a breve termine, 4,6 per quelli a lungo termine). Ora, invece, come richiesto dall’Europa, sembra che abbiano accettato un tasso ancora più basso, intorno al 3,5 per cento.

foto: AP/Petros Giannakouris