I negoziati sul debito greco sono inutili?

I creditori privati hanno lasciato Atene senza trovare un accordo: si continua a trattare ma c'è chi dice che neanche questo basterà a evitare il fallimento

(AP Photo/Thanassis Stavrakis)
(AP Photo/Thanassis Stavrakis)

I creditori privati che erano in Grecia per provare a trovare un accordo sulla cosiddetta “ristrutturazione” del debito pubblico greco, hanno lasciato ieri sera Atene. L’Institute of International Finance (IIF, che rappresenta circa 450 istituzioni private) e il suo presidente Charles Dallara hanno fatto sapere che i negoziati continueranno per telefono.

Nelle ultime ore si era diffuso un certo ottimismo sulla conclusione delle trattative, che si basavano sulla svalutazione tra il 65 e il 70 per cento dei bond greci e un’estensione a trent’anni dei titoli con un tasso di interesse medio del 4 per cento (3,5 per quelli a breve termine, 4,6 per quelli a lungo termine). In cambio, i creditori riceverebbero buoni a breve scadenza del fondo europeo salvastati EFSF per un valore pari al 15 per cento dei loro crediti nei confronti di Atene. In questo modo, la Grecia dovrebbe ridurre di 100 miliardi i suoi debiti che oggi ammontano a 360 miliardi – di cui 200 sono stati contratti con banche e fondi di investimento – cioè il 161 per cento del Pil, che così dovrebbe scendere in tempi rapidi al 152 per cento e, entro il 2020, intorno al 120 per cento.

Nonostante questo, fonti vicine all’entourage dei creditori hanno detto a Wall Street Journal e Guardian che è molto improbabile che si raggiunga nei prossimi giorni un accordo sulla ristrutturazione del debito. Secondo il quotidiano britannico, ci sarebbero ancora molti dettagli irrisolti, tra cui il tasso di interesse dei nuovi bond al 4 per cento (ancora troppo poco per la Germania e il Fondo Monetario Internazionale) e alcuni aspetti legali da chiarire. “Un accordo prima della prossima settimana è poco probabile”, ha detto una fonte al Guardian, “se mai ce ne dovesse essere uno”. Scenario confermato da un alto esponente di governo di un paese europeo al Wall Street Journal.

Domani c’è la riunione dell’Eurogruppo, cioè dei ministri delle Finanze dell’eurozona, che dovrà discutere proprio della situazione greca. Un accordo prima del summit sarebbe molto importante, in quanto al successo dei negoziati con il settore privato è subordinato il nuovo prestito di 130 miliardi di euro dell’UE alla Grecia, secondo quanto stabilito nell’accordo di Bruxelles del 27 ottobre scorso. Senza questo nuovo pacchetto di aiuti finanziari la Grecia non riuscirebbe a saldare i suoi debiti più immediati. Il 20 marzo 2012 il governo dovrà affrontare la scadenza di 14,4 miliardi di euro di titoli di stato. Se non ce la facesse a pagare (attualmente ha 11 miliardi di euro in cassa) dovrebbe dichiarare default, ossia il fallimento.

Ma anche se si riuscisse a trovare un accordo in extremis, questo potrebbe non bastare. Secondo uno studio condotto dall’Istituto per l’economia mondiale di Kiel e pubblicato dallo Spiegel, nemmeno una ristrutturazione del debito del 65-70 per cento sarebbe sufficiente per la Grecia (inizialmente si era parlato addirittura del 50 per cento). Infatti, secondo questo studio, i tassi di interesse attuali sarebbero insostenibili per il debito greco. Non a caso la Germania e il Fondo Monetario Internazionale nelle ultime settimane hanno fatto molte pressioni sui creditori privati per abbassare ancora di più i rendimenti dei nuovi bond. Lo Spiegel scrive che, se gli interessi rimanessero quelli attuali, per salvare la Grecia servirebbe un taglio del debito di almeno l’80 per cento, il che implicherebbe un ulteriore intervento da parte dei paesi europei e della Banca Centrale Europea. Lo stesso potrebbe accadere al Portogallo, al quale, secondo i calcoli dell’Istituto, dovrebbe essere tagliato il debito di almeno il 50 per cento per evitare conseguenze ben più spiacevoli.

Foto: AP/Thanassis Stavrakis