Pomigliano è il bersaglio sbagliato

"Ho visto moltissime fabbriche metalmeccaniche", scrive Pietro Ichino al Corriere della Sera, "ma una come questa di Pomigliano non l’ho vista mai"

Pietro Ichino ha visitato la fabbrica FIAT di Pomigliano d’Arco – al centro l’anno scorso di una complicata trattativa sindacale per il rinnovo del contratto degli operai – e oggi scrive sul Corriere della Sera che cosa gliene è sembrato.

Caro Direttore, venerdì mattina ho visitato in ogni reparto il nuovo stabilimento della Fiat di Pomigliano. Il pomeriggio dello stesso giorno, all’Università di Napoli, ho assistito all’intervento urlato di un gruppo di contestatori; uno dei loro slogan era “contro Marchionne e contro il precariato”. Ho provato una stretta al cuore per l’inganno di cui quei ragazzi sono vittime. E per la responsabilità grave che tanta parte della sinistra italiana si assume demonizzando un insediamento industriale come questo.

Ho visto moltissime fabbriche metalmeccaniche; ma una come questa di Pomigliano non l’ho vista mai. Non mi riferisco all’esercito dei robot del reparto lastratura, che compiono interamente da soli il lavoro più pesante e pericoloso: il montaggio e la saldatura della scocca, la struttura della Panda. Mi ha impressionato molto di più il resto della fabbrica, dove a operare direttamente sono le persone. La prima cosa che mi ha colpito è stata l’assenza di rumore, l’ampiezza degli spazi, la distribuzione della luce, l’azzurro della rete dei vialetti, con strisce spartitraffico e passaggi pedonali, che attraversano le zone di lavoro; gli uffici con le pareti di cristallo collocati in mezzo al percorso del montaggio, quasi a sottolineare il superamento di ogni distinzione tra operai e impiegati. Poi il serpentone giallo: la nuova “catena” che catena non è più, collocata su di un largo nastro di parquet tirato a lucido, che si sposta lentamente, dove anche a me estraneo viene consentito di muovermi liberamente nei larghi spazi tra una postazione e l’altra. Tutto è strutturato in funzione della persona che lavora: è la scocca ad abbassarsi o rovesciarsi, non le braccia ad alzarsi. I lavoratori, per lo più giovani, ragazzi e ragazze, tutti con una tuta bianca pulitissima, suddivisi in gruppi di cinque o sei e tra loro intercambiabili. Scelgo a caso quelli o quelle con cui parlare a tu per tu. Tutti mi dicono che la nuova organizzazione è meno pesante della precedente. La paga-base mensile lorda di un quinto livello, qui, è sopra i 1700 euro, quasi 1550 per un terzo livello; poi ci sono il premio e gli scatti; quando entrerà in funzione il terzo turno, a questi si aggiungerà il compenso per l’ora e mezza media settimanale di straordinario e la maggiorazione per il lavoro notturno.

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