L’intervista impegnativa di Corrado Passera

Il ministro dello Sviluppo economico e dei Trasporti parla al Corriere e fa un sacco di promesse: su liberalizzazioni, tasse, crescita e riforme

Aldo Cazzullo sul Corriere di oggi intervista Corrado Passera, ministro allo Sviluppo Economico, alle Infrastrutture e ai Trasporti. Ci sono diversi passaggi interessanti perché Passera prende diverse posizioni nette, sulle tasse, sulle eventuali nuove manovre, sulle liberalizzazioni e sull’Europa, di fatto chiedendo che la BCE cominci a fare da prestatore di ultima istanza.

«Da due mesi a oggi, un grande effetto c’è già stato: un forte recupero di credibilità e di fiducia, che anche l’altro giorno a Parigi si percepiva con chiarezza. Credibilità conquistata sul campo dal presidente del Consiglio e dall’intero Paese. Riforme coraggiose che aspettavano da tempo, come quella delle pensioni, che il governo ha proposto, il Parlamento ha approvato in tempo record e la gente ha accolto con una reazione molto composta».

Ministro Passera, eppure la situazione resta difficile. E lo spread oltre quota 500.
«È vero, l’emergenza non è finita. Il peggio è passato: abbiamo corso davvero il rischio della Grecia, del disastro. Non siamo ancora fuori dal tunnel. Però un progetto di rilancio del Paese è stato avviato con determinazione. Ogni ministero ha il suo compito da svolgere. Si lavora bene insieme, e questo accelera e rende più efficace il lavoro di tutti. Abbiamo un piano per la crescita. Per liberalizzare e favorire i consumatori. Per sostenere le imprese. Per investire nell’istruzione, nella ricerca, nella giustizia. L’Italia ha fatto e farà la sua parte. Serve però che la faccia anche l’Europa. A cominciare dalla Germania».

Dopo il bilaterale a Berlino della prossima settimana, la cancelliera Merkel sarà in Italia il 20. Che cosa chiede il governo alla Germania, all’Europa?
«L’Europa non riesce a decidere con visione e pragmatismo, i mercati valutano che l’Europa non ce la faccia, quindi scommettono contro; e i Paesi con un debito più alto soffrono di più. O l’Europa decide di darsi gli strumenti che qualsiasi moneta ha, vale a dire una Banca centrale in grado di garantire la liquidità e la stabilità, oppure non ci sarà crescita, e non ci sarà occupazione. La Germania è il Paese che ha avuto maggiori vantaggi dall’euro. Sono certo che svolgerà il ruolo che le compete di Paese leader, non di Paese che spacca l’Europa. L’Europa deve avere il coraggio di dire al mondo che garantisce se stessa. Altrimenti, con questi tassi di interesse, crescere è quasi impossibile».

Nel frattempo in Italia cresce il disagio sociale.
«È vero. Il disagio occupazionale cresce visibilmente, e va ben oltre il numero dei disoccupati. Bisogna considerare anche gli inoccupati che non cercano neppure lavoro, i cassintegrati, i sottoccupati. In tutto sono almeno sei milioni di persone. E questo è un peso enorme per le famiglie italiane, perché significa paura del futuro. L’Italia, come l’Europa, deve lavorare per il rigore, ma anche per la crescita. La politica deve misurarsi in termini di posti di lavoro creati, non solo di Pil e di equilibrio dei conti. Se non cresciamo non potremo garantire al mondo che avremo la capacità di restituire il debito».

Finora si sono viste soprattutto tasse. O no?
«Non è così. A parte l’intervento sulle pensioni, che ha messo sotto controllo la più grande voce di spesa pubblica, nella manovra “salva Italia” ci sono 6 miliardi per le imprese che assumono e investono su se stesse. Ci sono 4 miliardi per le famiglie, che senza il decreto avrebbero avuto minori detrazioni. Ci sono 20 miliardi per il credito alle pmi, grazie al fondo di garanzia. E in queste settimane abbiamo sbloccato 15-20 miliardi per cantieri vari: metropolitane, ferrovie».

All’evidenza, non basta. Che cos’altro prevede il vostro piano per la crescita?
«Cose molto concrete. Per favorire l’innovazione, la revisione del sistema degli incentivi. Per stare accanto alle aziende che stanno salvando l’Italia grazie alle esportazioni, già c’è il nuovo Ice (Istituto per il commercio con l’estero), ma aiuteremo in molti altri modi le nostre imprese a stare sui mercati internazionali. Faremo sì che venga saldato lo scaduto dei pagamenti privati e pubblici: 60-80 miliardi di debito forzoso che gravano sulle imprese e stanno diventando un peso insopportabile».

Nessuno paga più nessuno. Come invertire la tendenza?
«In breve tempo adotteremo la direttiva europea per cui tutti i pagamenti devono avvenire entro 60 giorni. Stiamo lavorando su vari modi alternativi per smaltire l’accumulato, senza intaccare gli obiettivi di contenimento di deficit e debito pubblico: servirà probabilmente la collaborazione della Cassa depositi e prestiti e delle banche, ma un modo va trovato velocemente. Compresi i pagamenti in Bot».

Altre misure?
«Dobbiamo mettere più soldi in tasca a chi ha i redditi più bassi, in cambio di maggior produttività per le aziende. E dobbiamo semplificare, snellire l’enorme costo burocratico che grava sulle imprese che vorrebbero investire, crescere, nascere».

Come procederete con le liberalizzazioni? Per decreto?
«Sì. Abbiamo già cominciato, rafforzando l’Antitrust e aprendo ulteriormente il settore del commercio. Andremo avanti. Ogni mese».

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