Da dove vengono le province

L'Impero Romano ne aveva 87 ma poi diventarono irrilevanti, anzi "provinciali": le ripescarono i piemontesi (come tutto) e ora ce le teniamo

Sulla Stampa Walter Barberis riassume la storia della presenza (e dell’assenza) dello spazio e dell’istituto delle province nei secoli italiani e preitaliani, ora che se ne parla in cerca di abolizioni.

Quando Roma cominciò a dominare territori estesi, in Italia o fuori d’Italia, vi inviò ad amministrarli un propretore o un proconsole: vale a dire un magistrato che avesse l’autorità di far valere su quei luoghi più o meno lontani la legge dell’Urbe. Erano regioni estese, praticamente delle nazioni, che ricadevano sotto l’ imperium romano e spesso erano controllate da legioni che avevano la funzione di presidio militare. Erano chiamate province. Sicilia, Sardegna, Spagna citeriore e ulteriore, Macedonia, Acaia, Africa, Bitinia e Cirenaica, e poi Gallia, Siria e Cilicia, l’area del Danubio, l’Egitto; quindi Britannia, Dacia e Cappadocia, Mauretania e Tracia: erano tutte province, cioè le terre diverse per geografia e costumi su cui dominava Roma. Grandi e piccole, sotto Diocleziano arrivarono al numero di 87, sparse fra tutto il mondo conosciuto. Di esse, con la dissoluzione del sistema imperiale romano, si perse traccia; e la frammentazione territoriale successiva mise in evidenza, soprattutto in Italia, il ruolo centrale della città. Luogo di più coese comunità, centro dei traffici e delle industrie, di arte e architettura, sede di cenacoli intellettuali e di scuole, crogiolo della ricerca tecnica e scientifica, terreno di sperimentazione giuridica e politica, retta da famiglie signorili o da regimi oligarchici repubblicani, la città divenne il perno attorno a cui ruotò tutta la storia italiana.

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