La Libia (e l’Europa) dopo Gheddafi

Marta Dassù sulla Stampa spiega i principali nodi del futuro della Libia e di chi dovrà occuparsene: è il caso di cominciare a parlarne

Marta Dassù, esperta di politica internazionale e già consigliere della presidenza del Consiglio e del ministero degli Esteri, anticipa sinteticamente sulla Stampa quali saranno i temi di discussione del prossimo futuro riguardo la Libia e riguardo il relativo ruolo dell’Europa.

Non è chiaro quali saranno i costi, in vite umane, dell’ultimo atto: la presa di Tripoli. La battaglia finale nella notte, aperta dai ribelli venuti da Ovest, è comunque una battaglia cruenta, se Gheddafi sceglierà di combatterla fino in fondo, nonostante abbandoni e defezioni dei suoi. Ma è infine giunto il momento della verità, per il dittatore di Libia e per il suo regime. Dopo mesi di una guerra dimenticata nel cortile di casa dell’Europa, la sconfitta di Gheddafi salverà la faccia alla Nato. In teoria. Nei fatti, non sarà semplice da gestire. Se la Libia verrà lasciata a se stessa, da un’Europa alle prese con la propria crisi finanziaria, vittoria e fallimento potrebbero saldarsi. In un «successo catastrofico», secondo l’espressione pessimistica e cinica che sta circolando a Bruxelles.

I precedenti – dai Balcani all’Afghanistan – indicano costi e rischi dei dopo-guerra. Nel caso della Libia, il primo rischio è che la caduta di Gheddafi prepari un nuovo ciclo di violenze, lasciando esposti i civili e risucchiando il vasto fronte dei «vincitori» in un pesante regolamento di conti (passati e presenti). Come verrà garantita la sicurezza? È già chiaro che l’America intende sfilarsi dal gioco, dopo avere partecipato controvoglia alle operazioni militari. Obama non intende fornire né uomini (né aiuti economici rilevanti, probabilmente) alla gestione di un problema che considera parte delle responsabilità europee. L’Europa, che con Parigi e Londra ha trainato l’intervento militare – ma esponendo così tutti i limiti delle proprie capacità – passerà a sua volta la mano. L’intenzione è di avallare le ipotesi, in discussione all’Onu, di una missione di monitoraggio iniziale affidata a contingenti arabi ed africani. Risultato: nel dopo-Gheddafi, il ruolo di Paesi come la Turchia e le monarchie del Golfo aumenterà. Sul piano formale, le responsabilità di sicurezza saranno dei libici stessi. Con esiti incerti, naturalmente. Anche per gli interessi europei.

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