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  • Sabato 13 agosto 2011

La censura di Internet all’occidentale

Evgeny Morozov spiega perché i controlli più stretti online annunciati dopo le violenze di Londra potrebbero favorire i governi autoritari

Evgeny Morozov è uno scrittore e giornalista bielorusso famoso per essere un esperto e un attento osservatore di cose di internet. Dopo aver analizzato ill rapporto tra la rivolta in Tunisia e Twitter, oggi sul Wall Street Journal si occupa delle violenze dei giorni scorsa in Gran Bretagna e della reazione delle autorità, che con tecnologie ormai affermate e alcune soluzioni di nuova generazione stanno cercando di individuare i principali autori delle violenze e dei saccheggi. Oltre alle ricerche sui social network, la polizia sta usando sistemi per il riconoscimento facciale mettendo a confronto i volti dei teppisti ripresi dalle telecamere di sicurezza con le immagini disponibili online, una soluzione che viene osservata con grande interesse dai paesi autoritari che da sempre cercano di limitare l’accesso alla rete e ai social network nel tentativo di esercitare un maggiore controllo sui loro cittadini.

Gli stati autoritari stanno monitorando questi sviluppi con grande attenzione. I mezzi di comunicazione cinesi, per esempio, hanno attribuito la causa delle violenze alla mancanza di un controllo in “stile Cina” dei social network. Questi regimi non vedono l’ora di scoprire quali precedenti saranno creati dalle autorità occidentali mentre si confrontano con queste tecnologie in piena evoluzione. Sperano così di poter giustificare almeno in parte le loro politiche repressive.

Nei giorni degli scontri, politici e autorità in Gran Bretagna si sono chiesti se non fosse opportuno limitare l’accesso ai social network oltre a controllare i messaggi condivisi sulle loro pagine. Alcuni politici hanno persino chiesto a Research In Motion, il produttore dei BlackBerry, di sospendere il suo servizio per inviare messaggi così da evitare una escalation delle violenze, visto che molti si organizzavano e si davano appuntamento utilizzando simili dispositivi. Nel corso del suo intervento in Parlamento, il primo ministro David Cameron ha anche ipotizzato di vietare l’accesso al Web o ai social network per gli autori delle violenze e dei saccheggi fino a ora identificati.

Le preoccupazioni delle autorità sulla diffusione di messaggi di odio o di incitamento alla violenza online non sono certo iniziate con gli episodi di questi giorni in Gran Bretagna, spiega Morozov. Dopo il massacro in Norvegia, in Europa autorità e politici hanno avviato un ampio dibattito sulla necessita di limitare l’anonimato online e di responsabilizzare maggiormente gli utenti che ogni giorno accedono alla rete.

Internet ha davvero bisogno di un rafforzamento delle regole, delle leggi e delle tecnologie che possono dare ai governi maggiore controllo? Il fatto che i servizi segreti egiziani possano acquistare dall’occidente tecnologie per spiare le conversazioni su Skype dei dissidenti fa sembrare più improbabile che le agenzie di intelligence europee ed americane non abbiano modo di ascoltare le chiamate di una persona in Norvegia, per esempio.

Finiamo per accettare, o tollerare, questo genere di incursioni nella nostra privacy perché un attacco terroristico subito a caldo ci impedisce di ragionare. Secondo Morozov, le misure e i provvedimenti assunti sull’onda dell’emotività rischiano di danneggiare la nostra libertà e fanno il gioco dei regimi autoritari, sempre alla ricerca di nuove soluzioni e giustificazioni per controllare con maggiore rigore Internet.

Le misure adottate dai governi autoritari sono spesso sproporzionate e molto dannose. Per contrastare le violenze e l’ondata di proteste nello Xinjiang nel 2009, le autorità cinesi non si fecero alcuno scrupolo nel bloccare per dieci mesi l’accesso alla Rete nella regione. Il provvedimento fu criticato dalle associazioni per i diritti umani e da alcuni governi occidentali. Gli stessi finirebbero però per giustificare simili provvedimenti se iniziassero a utilizzarli anche per risolvere i loro problemi interni.

Ma c’è ancora qualcosa di più importante in gioco. Per il resto del mondo, gli sforzi delle nazioni occidentali, in modo particolare degli Stati Uniti, per promuovere all’estero la democrazia si sono spesso scontrati con un’ipocrisia di fondo. Come potrebbe l’Occidente dar lezioni agli altri mentre fatica nel gestire le proprie contraddizioni sociali? Gli altri paesi forse potrebbero vivere con questa ipocrisia fino a quando l’Occidente continuerà a promuovere i propri ideali all’estero. Ma questo dopo gioco è difficile da mantenere nell’era di Internet.

Negli ultimi anni molti governi occidentali si sono dati da fare per approvare leggi e regolamenti per il Web tesi a ridurre i messaggi d’odio, la condivisione illegale di file protetti dal diritto d’autore e le minacce per la sicurezza. Politici ed esperti hanno proposto nuovi sistemi per controllare il traffico dei dati su Internet e per cambiare la stessa architettura della rete per rendere più semplice il suo controllo. Queste soluzioni possono influenzare, direttamente o indirettamente, le sorti dei dissidenti politici in paesi come la Cina e l’Iran. La gestione stessa dell’anonimato online, con l’introduzione di nuove regole, potrebbe condizionare le politiche adottate da alcuni social network come Facebook, complicando la vita a chi usa questi strumenti per diffondere i propri messaggi e superare le censure dei regimi repressivi.

L’America e l’Europa dovrebbero abbandonare ogni presta di promuovere la democrazia all’estero? O dovrebbero forse occuparsi dei modi in cui migliorare la robustezza delle loro istituzioni politiche rispetto a Internet? Mentre si congratulano tra loro per aver adottato nuove tecnologie dal potenziale rivoluzionario, i nostri leader mostrano di non essere ancora in grado di vederne tutte le sfumature e i principi.

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