La nostra mediocre politica

La volta che Peppe D'Avanzo spiegò il suo disincanto per l'"homo democraticus" italiano e per le capacità della politica di fare il suo lavoro

Peppe D’Avanzo, giornalista di Repubblica tra i più attivi e noti sul piano dell’informazione politica e giudiziaria, è morto oggi a 58 anni. Lo ricordiamo con una sua analisi sull’Italia scritta cinque anni fa, in risposta a un articolo di Adriano Sofri.

L’Italia appare ad Adriano Sofri incattivita. Il Paese si guarda in cagnesco; ha sempre la bava alla bocca; è prigioniera di “una lotta politica recitata come una parodia dell’eterna guerra civile”. Naturalmente Sofri non crede – al quadretto “artefatto, edulcorato” degli “Italiani, brava gente”; e tuttavia la violenza dell’oggi lo intimorisce. Ne è come stupefatto.

Lo chiamo al telefono e mi dice che a farglielo pensare non è tanto (o non solo) quel che vede nel dibattito politico-parlamentare o quel che legge del discorso pubblico (e già basterebbe), ma soprattutto quel che osserva nel mare magnum della blogosfera, dove i sentimenti, le opinioni sono meno controllate, meno mediate, diciamo più nude e autentiche. Odio, vi scorge, un odio cieco e ottuso. Un’inimicizia assoluta e irreparabile, un’invidia, un rancore che Sofri avverte come orizzonte nuovo, condizione inedita in Italia per la sua forma, diffusione, distruttività, urgenza.
Anche se so che la sua è soprattutto una provocazione, sono stupito dello stupore di Sofri perché egli non appartiene alla famiglia dei “buonisti” di casa nostra che, si sa, dietro la predicazione nascondono intolleranza; nichilismo; un amore incondizionato per il calduccio che assicura loro l’ordine costituito.

L’Italia è stata sempre cattiva, cattivissima, feroce. Non è vero (non mi pare vero) che “la deformazione del volto umano dell’Italia”, come diceva Aldo Moro, faccia data dal maggio del 1978. Magari. La cattiveria e l’odio reciproco sono stati e sono la nostra, più vitale e antica linfa. Quasi il nostro tratto originario, così primigenio da precipitare finanche nel senso comune.

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