Tutti a Nord

Il libro che immagina il 2050, e spiega che le maggiori crescite demografiche si avranno sopra il 45° parallelo

di Laurence C. Smith

Tac! Rispondete senza pensarci su troppo: di questi sei paesi, quale avrà il maggior tasso di crescita demografica da qui al 2050? La Cina, il Brasile, il Canada, l’Islanda, il Messico o la Norvegia?

Se avete scelto la Cina, il Brasile o il Messico avete sbagliato. In termini di crescita percentuale (non di valori assoluti) forse vi stupirà apprendere che nessuno di loro è nei primi tre posti. Il Canada, l’Islanda e la Norvegia stanno crescendo piú in fretta, con aumenti demografici del 20 per cento o piú previsti per il 2050. Le loro popolazioni di partenza sono molto piccole, è ovvio – la somma totale delle persone che vivono oggi in questi tre paesi è la metà di quella della Germania – ma non c’è dubbio che il loro tasso di crescita sia straordinario.
Le proiezioni dei modelli ci dicono che nel 2050 la popolazione umana sarà piú numerosa in tutti i paesi del Norc (Northern Rim Countries: Islanda,  Groenlandia,  Norvegia,  Svezia,  Finlandia,  Russia, Stati Uniti e Canada, ndr) tranne uno. L’abbagliante eccezione è la Russia, dove il calo della natalità, l’aumento della mortalità e l’invecchiamento della popolazione promettono un declino di quasi il 20 per cento in tempi brevi. Tra i paesi del Norc, la Russia è l’unica ad affiancare il Giappone, la Germania, la Corea del Sud e l’Italia nel calo demografico. Ma anche con 24 milioni di russi in meno, la popolazione totale degli otto paesi del Norc dovrebbe comunque aumentare di 76 milioni di abitanti (+15 per cento). La maggior parte di questa crescita sarà causata dagli Stati Uniti (+86 milioni, con forse +15 milioni negli stati settentrionali) e dal Canada (+11 milioni), mentre quasi altri 3 milioni di persone arriveranno in Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca e Islanda.

Dove vivrà tutta questa gente? Fuori dall’Europa, i paesi del Norc controllano la maggior parte delle aree che si estendono a nord del 45° parallelo. A parte la calotta glaciale della Groenlandia, sono piú di quaranta milioni di chilometri quadrati di terra, piú del quadruplo della superficie degli Stati Uniti continentali. In base ai miei calcoli circa 14 milioni di chilometri quadrati – piú o meno una volta e mezza la dimensione degli Stati Uniti o della Cina – sono piuttosto vivibili. Saranno queste le terre in cui si diffonderanno i nuovi insediamenti?

In realtà, lo hanno già fatto. Il 45° parallelo taglia fuori Toronto, la piú grande città del Canada, però comprende praticamente tutto il resto del paese, piú una striscia degli stati settentrionali degli Stati Uniti, dal Minnesota allo stato di Washington. Le città di Portland, Seattle, Vancouver, Edmonton, Calgary, Winnipeg, Minneapolis St.Paul, Ottawa e Montreal si trovano tutte nel quarto settentrionale di latitudine. Se ci spostiamo lungo il 45° parallelo verso est, vediamo che racchiude tutta la Germania e il Regno Unito, e gran parte dell’Europa, comprese le città di Parigi, Bruxelles e Budapest; procedendo ancora verso est, si ingoia la Russia, quasi tutta la Mongolia e una bella fetta della Cina nord-orientale, inclusa la città di Harbin.
Piú a nord, scopriamo che anche i luoghi piú remoti dell’Artide sono abitati da tempo (sebbene poco densamente). I primi uomini a vedere il Mar Glaciale Artico probabilmente furono i Mongoli, che raggiunsero la costa settentrionale di quella che oggi è la Russia tra i trenta e i quarantamila anni fa, se non prima . Quattordicimila anni fa, almeno, i loro discendenti attraversarono lo Stretto di Bering e arrivarono in Alaska. Da lí, i gruppi si dispersero a sud e a est nel Nord America; alcuni raggiunsero il Canada orientale e la Groenlandia 4500 anni fa. Un’ondata successiva di invasori Mongoli passò dal Canada artico alla Groenlandia, soppiantando i primi colonizzatori. Gli antenati degli odierni Aleutini, Yupik, Inuit, Chipewyan, Dogrib, Gwich’in, Slavey, Cree, Nenezi, Ostiachi, Komi, Dolgani, Evenchi, Jakuti, Čukči, Tlingit e molti altri migrarono e crebbero. La colonizzazione circumpolare era quasi completa.

L’Europa del nord partí in ritardo perché era sepolta sotto una calotta di ghiaccio. Ma dopo che i ghiacciai si ritirarono fu invasa e reinvasa molte volte, a partire da circa dodicimila anni fa. Dagli studi genetici sembra che i suoi piú antichi occupanti siano i Sámi e i Careliani della Scandinavia settentrionale e della Russia nord-occidentale4. Un secondo indizio proviene dalla linguistica: i Sámi e i Careliani di oggi (e i finnici e gli estoni) usano parole derivate dall’ugrofinnico, che risalgono a prima dell’arrivo nella regione delle lingue indoeuropee germaniche (svedese e norvegese), baltiche (lettone e lituano) e slave (russo). Ecco perché gli svedesi, i norvegesi e gli islandesi piú o meno riescono a capirsi mentre i Sámi e i Careliani suonano incomprensibili a loro e anche ai russi. Gli ultimi pezzetti di terra ancora inesplorati – l’Islanda e le isole Fær Øer – furono colonizzati solo quando i Vichinghi li scoprirono nel IX secolo d.C.
Poi vennero altre ondate di espansione e riscoperta. I trapper (cacciatori) e i mercanti francesi e britannici arrivarono nel Nuovo Mondo; i cosacchi russi si spinsero a est attraverso la Siberia fino all’Oceano Pacifico. Nel xix e nel xx secolo quasi tre milioni di scandinavi emigrarono nel Midwest americano e nel Canada rurale. Oggi, i nigeriani si trasferiscono a Fort McMurray, gli iracheni a Stoccolma, i filippini a Yellowknife e gli azerbaigiani a Noril’sk. Le città sono in crescita, e ci sono programmi per i lavoratori-ospiti e aziende multinazionali. Mentre guidavo l’auto a noleggio per il Circolo polare artico, qualche ora a nord di Fairbanks, la mia mano stringeva un cappuccino di Starbucks. L’ultima invasione era cominciata.

Cosí, a differenza del fondale del Mar Glaciale Artico, neppure le terre nell’estremo Nord sono una frontiera ancora vuota. La Siberia ospita 35 milioni di persone, che in maggioranza vivono in città con piú di un milione di abitanti. Il Canada e l’Alaska ne hanno insieme 34 milioni, i paesi nordici 25 milioni. Tuttavia stiamo pur sempre parlando delle piú basse densità di popolazione della Terra, soprattutto in Canada e in Russia che hanno, rispettivamente, solo tre e otto abitanti per chilometro quadrato. Se tutti i canadesi venissero imbarcati in aereo e ridistribuiti uniformemente per il paese, ogni uomo, donna e bambino avrebbe i suoi 33 ettari di spazio. La stessa ridistribuzione in Cina darebbe meno d’un ettaro per persona, e in India meno di mezzo. Ma nessun posto del pianeta ha una regolarità simile. Ci concentriamo in determinati luoghi per determinati motivi: terreni fertili, nodi commerciali strategici, corsi d’acqua e cosí via. I vincoli fisici hanno sempre influenzato la distribuzione degli insediamenti umani nel passato, e continueranno a farlo nel futuro. Ovviamente uno dei freni maggiori all’insediamento umano in queste aree settentrionali è sempre stato il freddo.
Come regola generale, piú la latitudine è alta, piú il freddo è rigido (e anche la stagionalità, ovviamente) – e meno c’è gente. Tuttavia, vicino al mare le cose cambiano. Grazie alla geografia dei continenti e alla notevole capacità termica dell’acqua, le temperature atmosferiche non variano solo tra nord e sud, o tra le basse latitudini e le alte, ma anche in base alla distanza dal mare a occidente.

Pensate ad esempio alla linea del 45° parallelo N descritta prima. Sulla costa dell’Oregon, che si affaccia sul Pacifico, la temperatura media diurna di gennaio a questa latitudine è di 11 °C. Se ci spostiamo a est, lungo il confine tra il Montana e il Wyoming, attraverso il South Dakota e Minneapolis, quella media precipita a –5,5 °C. Le temperature restano sottozero anche a Green Bay, nel Wisconsin (patria dei Packers), Ottawa (–6,6) e Montreal (–5,5), ma si impenna all’improvviso per i capitani delle navi sull’Oceano Atlantico, grazie alla Corrente del Golfo e alle sue estensioni settentrionali che portano acqua calda dai tropici fino su al nord. Il loro calore scalda le spiagge della Francia del sud (9,4) dove passa il 45° parallelo nord, e indugia per un po’ sull’Europa occidentale. Ma a Milano (4,4 °C) il tepore sta diminuendo di nuovo e a Stavropol,’ in Russia (–3,8), è ormai scomparso del tutto. Se seguiamo le medie di gennaio a quest’unica latitudine, scopriamo che le temperature variano di piú di trenta gradi!

È il cosiddetto effetto continentale, per cui l’interno dei continenti sperimenta inverni piú freddi ed estati piú calde mano a mano che aumenta la distanza da un grande oceano, soprattutto nelle loro metà orientali. L’effetto continentale contribuisce a creare il freddo tremendo della Maledizione Siberiana descritta nel capitolo v, e l’estensione verso sud del permafrost nel Canada e nella Russia orientali. È quel che obbliga gli abitanti di Ottawa a imbacuccarsi nei piumini d’inverno, mentre a est, a Milano, la gente se ne va in giro con cappottini leggeri e sciarpe alla moda. È uno dei motivi per cui la penetrazione settentrionale degli insediamenti umani è stata maggiore nel Canada occidentale che nel Canada orientale, e nella Russia occidentale piú che in quella orientale. Insieme al calore della Corrente del Golfo e alla Corrente nord-atlantica, spiega perché la maggior parte della popolazione eurasiatica a nord del 45° N si ammassi sul lato occidentale del continente, ed è quindi alla base delle configurazioni storiche degli insediamenti agricoli in Europa.

È uscito per Einaudi “2050” (traduzione di Susanna Bourlot), il libro dello studioso di clima Laurence C. Smith di cui il Post aveva anticipato uno degli scenari descritti al tempo della sua pubblicazione negli Stati Uniti.

© 2010 Laurence C. Smith All rights reserved
© 2011 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino
(foto: veduta di Nook, Groenlandia, Oliver Schauf)