• Mondo
  • Lunedì 11 luglio 2011

Chi è Jiang Zemin

Ecco perché per la Cina è così importante controllare le notizie che riguardano la salute del vecchio leader

Jiang Zemin è stato il leader politico più importante della Cina dagli anni Novanta fino all’inizio degli anni Duemila. Negli ultimi giorni era circolata la notizia della sua morte, smentita in seguito dal governo cinese, che però è stato accusato di essere intervenuto a bloccare ogni notizia che lo riguardasse che circolava in rete. Tanta attenzione si deve allo straordinario ruolo di Jiang Zemin in un periodo di transizione importantissimo per la Cina.

Jiang diventò una figura di primissimo piano nella politica nazionale cinese nel 1989, quando assunse la carica di segretario generale del partito comunista cinese e, pochi mesi dopo, di presidente della Commissione Militare Centrale. In quest’ultimo ruolo, che gli dava la massima carica nel controllo dell’apparato militare cinese (anche se era privo di esperienza nel campo), Jiang Zemin succedeva a Deng Xiaoping, il Leader Supremo cinese negli anni precedenti.

Deng faceva parte della “seconda generazione” dei leader cinesi, dopo quella di Mao: il ricambio al potere, in Cina, è per prima cosa un ricambio generazionale. A un gruppo ristretto di uomini che riveste le cariche principali nel partito comunista cinese, nel governo e nell’apparato militare, solitamente omogeneo per formazione ed età anagrafica, si sostituisce nell’arco di pochi anni un altro gruppo ristretto cooptato dal primo, tanto che si possono individuare chiaramente “generazioni” dei leader cinesi. L’attuale è la quarta, ma si prevede che al prossimo congresso del partito nel 2012 Hu Jintao si farà da parte e ne emergerà una quinta.

Le leadership vecchie e giovani non sono però blocchi monolitici, ma divisi in fazioni e gruppi più ristretti: ogni successione è anche frutto di lotte di potere e faide intestine che rimangono in gran parte poco evidenti dall’esterno. Nel momento dell’arrivo al potere di Jiang Zemin, la “generazione” precedente, quella di Deng, era in una profondissima crisi dopo la sanguinosa repressione delle proteste di piazza Tienanmen ai primi di giugno del 1989. Dopo la repressione era necessario un rinnovamento del gruppo dirigente, che allo stesso tempo mantenesse saldo il controllo del partito comunista sul paese e desse l’impressione di un cambiamento.

Nel settembre 1989, il nuovo segretario generale del PCC Jiang Zemin dette la lettura ufficiale di quanto avvenuto nella primavera precedente, parlando di “forze ostili in patria e all’estero” che avevano “creato la rivolta per sovvertire la leadership del PCC e il sistema socialista, e far diventare la Cina una repubblica borghese e di nuovo un’appendice delle grandi potenze capitaliste”. Poche settimane dopo Deng annunciò la sua volontà di ritirarsi in parte dalla vita politica, e per marcare la decisione passò a Jiang anche la carica di presidente della commissione militare. Jiang Zemin, nato nel 1926, aveva studiato da ingegnere elettrico e fino a pochi mesi prima era a capo del partito comunista di Shangai, il centro della crescita economica cinese.

Agli esperti di politica cinese l’accentramento di poteri nelle mani di Jiang Zemin sembrò una mossa temporanea, l’investitura di transizione in attesa che prendessero il sopravvento figure più potenti che già erano presenti all’interno del partito. La grande abilità politica di Jiang fu quella di consolidare in pochi mesi, attraverso favori, alleanze e la promozione di suoi fedelissimi di Shangai (dove era stato sindaco negli anni Ottanta), la sua posizione di figura centrale della “terza generazione”, permettendo così di conservare il potere per più di dieci anni.

Jiang Zemin, come il suo successore Hu Jintao, è stata una figura a cui è mancato lo spessore storico dei suoi predecessori Mao Tse Tung e Deng Xiaoping. Autore molto meno prolifico di loro, la sua influenza ideologica nel pensiero politico del partito è stata molto scarsa, se non assente. Durante il governo di Deng era stata elaborata la teoria dell'”economia di mercato socialista”, che aveva portato nel 1978 alla sostanziale apertura all’iniziativa privata e al libero mercato. Quelle riforme iniziarono il periodo di spettacolare ascesa economica della Cina, dei tassi di crescita del PIL a doppia cifra: processo di cui ha beneficiato la leadership di Jiang, dato che le performance economiche hanno dato al Partito Comunista Cinese un gradimento altissimo tra la popolazione nel corso degli anni Novanta senza che l’apparato concedesse nulla sul piano delle libertà politiche e individuali. In Tibet e nella provincia orientale musulmana dello Xinjiang la repressione delle minoranze etniche è continuata senza alcun ripensamento o moderazione.

Noto per il suo carattere piuttosto espansivo, Jiang Zemin parla diverse lingue (parla un po’ di inglese, russo, giapponese e rumeno, oltre al dialetto cantonese) ed è celebre anche per il suo amore per la poesia cinese e la musica. Tutta la musica, compresa quella occidentale, da Beethoven a Elvis Presley.

Deng rimase una figura centrale nella politica cinese anche nei primi anni Novanta, dettando la linea nella gestione delle conseguenze di Tienanmen anche senza incarichi ufficiali e impedendo che prevalesse la linea dura che voleva repressioni a tutti i livelli del partito tra i molti simpatizzanti delle proteste. Quando morì nel 1997, in molti si aspettavano che Jiang avrebbe rapidamente perso il suo ruolo. Ma questo non accadde e Jiang eliminò tutti i suoi principali rivali politici, forzando alcuni a ritirarsi prima del tempo e imprigionandone altri con diverse accuse di corruzione.

Durante il suo governo l’orgoglio nazionale ebbe occasione di crescere per diversi motivi: la Cina riconquistò il pieno controllo di Hong Kong (1997) e di Macau (1999), obiettivi in realtà assicurati durante la leadership di Deng Xiaoping; nel 2000, Pechino vinse il diritto a ospitare le Olimpiadi del 2008; nello stesso anno, la Cina entrò a far parte della World Trade Organization. Il paese passò indenne la crisi finanziaria delle economie del sudest asiatico, e la crescita economica del PIL fu mediamente del 9%. Ancora sul piano della politica estera, Jiang tentò a più riprese di risolvere la questione di Taiwan, che la Cina considera parte del territorio nazionale, una sorta di “provincia ribelle”, nonostante sia indipendente da più di sessant’anni. Le sue aperture concilianti, proponendo il concetto di “un paese, due sistemi”, hanno contribuito a diminuire la tensione tra i due paesi, ma sono rimaste molto lontane dall’ottenere la riunificazione.

foto: AP Photo/ Jan Bauer