«Il Papa la vorrebbe vedere a pranzo»

La lunga intervista di Vittorio Zucconi a Joaquín Navarro Valls, sul suo rapporto con Karol Wojtyla

Oggi su Repubblica Vittorio Zucconi intervista Joaquín Navarro Valls, giornalista e psichiatra spagnolo, responsabile della Sala stampa del Vaticano dal 1984 fino alla fine del pontificato di Giovanni Paolo II (che il primo maggio la Chiesa cattolica proclamerà beato).

Sono seduto accanto a Gianni Agnelli, nella sede della Stampa estera. La segretaria mi porta un bigliettino scritto a mano: il Papa la vorrebbe vedere a pranzo. È uno scherzo. E quando sarebbe? Subito, tra un’ora”. Fu un’ora che sarebbe durata ventidue anni per Joaquin Navarro-Valls, il giornalista e medico psichiatra spagnolo che sarebbe stato fino alla sera dell’addio alla vita di Giovanni Paolo II, il Beato Wojtyla dal primo maggio prossimo, il decoder quotidiano fra l’eterno e il quotidiano, fra la santità e il giornalismo. Nessun altro, salvo monsignor Dziwisz, oggi cardinale, e le suore di pietra che vidi pregare accanto alla salma esposta nella Sala Clementina, avrebbe trascorso tanto tempo, diviso tanti silenzi, tanti segreti e tante parole con Karol Josef Wojtyla, quanto Navarro-Valls. Una vita con il Papa, in perenne equilibrio tra la comunicazione pubblica e le stanze segrete, tra il sublime del messaggio e il purgatorio dei mass media.

Era il 1984.
“Davanti a me c’è il capo della Chiesa Cattolica, il successore di Pietro, di cui avevo letto alcuni testi ma che conoscevo soltanto da lontano, come giornalista. Mi chiede se avessi qualche idea per migliorare la comunicazione della Santa Sede”.

In che lingua parlavate?
“In italiano. La vostra, anzi, la nostra lingua come aveva detto la sera della elezione, parlando dalla Loggia”.

Lei che idee gli propose?
“Gli dissi che non sapevo che cosa dire, così, su due piedi. E lui, ridendo: e lei me lo dica lo stesso. Lui taceva, mi studiava con il capo un po’ piegato, quei suoi occhi taglienti, ironici, allegri, lo sguardo che mantenne anche quando gli occhi furono imprigionati nella maschera della sofferenza”.

Per due decenni, fino a quando l’infermiera suor Tobiana Sobodka riferì di avere sentito il Papa mormorarle all’orecchio in polacco “… pozwólcie mi odejsc do domu Ojca…”, “lasciatemi tornare alla casa del Padre”, nella sera del 2 aprile 2005, Navarro-Valls avrebbe guardato ogni giorno in quegli occhi, cercando di capire quello che lui stesso non poteva capire, il mistero di un Pontefice destinato al cielo delle beatitudini cristiane.

“Me lo domandavo, agli inizi, anche io chi fosse, che cosa fosse il mistero di Wojtyla. Ha cambiato la storia della politica e della diplomazia, senza essere né un politico né un diplomatico. Ha rivoltato le premesse della filosofia dominante senza esercitare più la professione del filosofo, ha affascinato il mondo dei media prendendo posizioni impopolari. Voleva appassionatamente attirare l’attenzione sul messaggio, ma il mondo sembrava ossessionato dal messaggero. Credevano di amare il cantante, e non si rendevano conto, o non volevano ammetterlo, che in realtà erano attratti dalla musica”.

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