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  • Lunedì 1 novembre 2010

Chi vince stanotte

Guida alla lettura dei risultati delle elezioni di metà mandato negli Stati Uniti

di Francesco Costa

With only two weeks till critical midterm elections, President Barack Obama and first lady Michelle Obama muster support for Democratic candidates during a rally at Ohio State University in Columbus, Ohio, Sunday, Oct. 17, 2010. (AP Photo/J. Scott Applewhite)
With only two weeks till critical midterm elections, President Barack Obama and first lady Michelle Obama muster support for Democratic candidates during a rally at Ohio State University in Columbus, Ohio, Sunday, Oct. 17, 2010. (AP Photo/J. Scott Applewhite)

Si vota negli Stati Uniti, oggi. Sono le elezioni di metà mandato: si rinnovano tutti i 435 membri della Camera dei rappresentanti e un terzo di quelli del Senato (quindi di volta in volta 33 o 34, più quelli rimasti vacanti o occupati da membri “provvisori”: quest’anno saranno 37). In più si vota anche per eleggere i governatori di 39 stati. Il Post seguirà lo spoglio in diretta a cominciare dalle 23, quando arriveranno i primi exit poll, fino alla mattinata seguente.

Di cosa parliamo
Per ciascuna di queste elezioni, negli scorsi mesi si sono disputate elezioni primarie sia tra i repubblicani che tra i democratici. Ogni sfida ha una sua campagna elettorale, di collegio o statale, e tutte insieme si allacciano in una campagna elettorale nazionale, che tocca inevitabilmente da vicino il gradimento sulle scelte e le politiche dell’amministrazione Obama. La posizione del Presidente nelle elezioni di metà mandato è complicata: da una parte è tra i pochissimi politici della nazione a non esserne direttamente coinvolto come candidato, dall’altra il suo futuro politico sarà pesantemente influenzato dall’esito di queste elezioni. In teoria non si parla di lui, trattandosi esclusivamente di elezioni locali; in pratica le sue politiche incidono eccome, e una vittoria o una sconfitta finiranno per rafforzare o indebolire lui più di ogni altro.

Chi vince se
In gioco c’è il controllo del Congresso (ovvero Camera e Senato insieme). In questo momento i democratici hanno la maggioranza sia alla Camera (256 a 179) che al Senato (59 a 41), come conseguenza delle vittorie alle elezioni del 2006 e del 2008.

I democratici potranno considerare una vittoria l’aver conservato la maggioranza sia alla Camera che al Senato. Vale lo stesso per i repubblicani: vincono se strappano ai democratici sia la Camera che il Senato. Visto come si sono messe le cose negli ultimi giorni, in questo momento lo scenario più probabile è quello per cui i democratici conservano di un soffio la maggioranza al Senato e perdono quella alla Camera. Per capire se considerare un risultato del genere un pareggio o comunque una vittoria dei repubblicani bisognerà guardare tre cose.

La prima è l’entità della sconfitta dei democratici alla Camera. I repubblicani devono strappare ai democratici almeno 39 seggi per avere la maggioranza. Se ne ottengono 39 o pochi di più, i democratici cadono in piedi; se invece ne perdono più di 50 è un disastro.

La seconda è il risultato delle elezioni fra i governatori. Ne saranno eletti 39, e di questi oggi 20 sono democratici e 19 repubblicani. Ci sono, tra gli altri, quelli di California, New York, South Carolina, Arizona, Florida. La maggior parte di questi oggi sono toss-up: i candidati sono troppo vicini tra loro per indicare un favorito. Se oltre ai pochi sicuri (tra cui New Hampshire, New York, Arkansas, California) i democratici conquistano anche Colorado, Florida, Ohio e Pennsylvania, allora è quasi una vittoria. Per la Pennsylvania sarà particolarmente dura (e nel 2008 Obama la vinse di dieci punti).

La terza è il risultato di alcune sfide che per il loro valore simbolico e la loro visibilità nazionale pesano più di quanto contino ufficialmente. Innanzitutto il seggio senatoriale del Nevada, conteso dall’uscente Harry Reid, leader dei democratici al Senato, e la repubblicana Sharron Angle. In Illinois c’è in gioco il seggio senatoriale di Obama: il democratico Giannoulias è in svantaggio, a favore del repubblicano Kirk. In Pennsylvania uno dei repubblicani più estremisti degli Stati Uniti, Pat Toomey, è in vantaggio sul democratico Joe Sestak. Bisognerà poi vedere che fine fanno i candidati dei tea party, soprattutto quattro: Marco Rubio in Florida e Rand Paul in Kentucky (favoriti), Christine O’Donnell in Delaware e Joe Miller in Alaska (sfavoriti). Infine, due sfide alla Camera. In Alabama il democratico uscente Bobby Bright è un super centrista, uno che vota regolarmente contro il suo partito e contro l’amministrazione Obama. Dovesse perdere, dimostrerebbe che a questo giro non bastava essere contro Obama per garantirsi la rielezione. In Virginia il democratico uscente è Tom Perriello, ne avevamo parlato qui: eletto per miracolo nel 2008, è stato leale nei confronti dell’amministrazione votando ogni sua proposta, persino le più impopolari, in uno dei pochi collegi d’America che alle ultime presidenziali preferì John McCain a Barack Obama. Dovesse vincere, forse dimostrerebbe che qualche indecisione in meno avrebbe giovato ai democratici.

Cosa succede stanotte
Alle 23 ora italiana si chiudono i primi seggi in Indiana e Kentucky. A mezzanotte saranno chiusi anche i seggi di South Carolina, Georgia, Virginia e Vermont. All’una di notte ne arriveranno molti altri, più di venti. A quel punto sarà già chiaro che aria tira per il resto della nottata. Alcune sfide resteranno probabilmente aperte a lungo. Nel 2008 servirono otto mesi per capire chi aveva vinto il seggio al Senato in Minnesota, tra riconteggi e ricorsi. La stessa cosa potrebbe accadere almeno in Alaska, a causa dell’abbondanza di write-in candidates.

2012
Le presidenziali si terranno fra due anni, ma di fatto cominciano dopodomani. Per i repubblicani, inizia la corsa in vista delle primarie. I papabili hanno passato l’ultimo anno a sostenere candidati a queste elezioni di metà mandato: chi riuscirà a farne eleggere di più guadagnerà qualche vantaggio sugli altri. Tra i democratici, a Obama farebbe molto comodo l’elezione di governatori democratici in stati storicamente in bilico come Ohio, Iowa, Pennsylvania e Florida. Ma di questo parleremo con calma, poi.

Le mosse del giorno prima (diario del 1 novembre)
– Salvate il soldato Tom (diario del 29 ottobre)
– Il miracolo di Lisa Murkowski (diario del 28 ottobre)
– A cosa si aggrappano i democratici (diario del 27 ottobre)
– Gli Stati Uniti a sette giorni dal voto (diario del 26 ottobre)
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