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  • Lunedì 1 novembre 2010

Le mosse del giorno prima

A un giorno dalle elezioni di metà mandato negli Stati Uniti, cosa fanno i partiti

di Francesco Costa

President Barack Obama with Vice President Joe Biden makes a final get-out-the-vote push for Democratic candidates during a rally at Cleveland State University in Cleveland Sunday, Oct. 31, 2010. Democratic Gov. Ted Strickland and Democratic Senate candidate Lee Fisher are in combative races in Ohio. (AP Photo/J. Scott Applewhite)
President Barack Obama with Vice President Joe Biden makes a final get-out-the-vote push for Democratic candidates during a rally at Cleveland State University in Cleveland Sunday, Oct. 31, 2010. Democratic Gov. Ted Strickland and Democratic Senate candidate Lee Fisher are in combative races in Ohio. (AP Photo/J. Scott Applewhite)

Girato l’angolo della manifestazione di Jon Stewart e Stephen Colbert a Washington, le elezioni negli Stati Uniti sono praticamente arrivate. Opinionisti e commentatori si chiedono se questi due giorni passati a parlare della manifestazione abbiano finito per giovare più ai democratici o ai repubblicani: probabilmente a nessuno dei due – le elezioni di metà mandato sono elezioni locali, per quanto siano evidentemente condizionate dallo scenario globale – ma comunque Atlantic Wire mette insieme un po’ di editoriali sull’argomento.

Prepararsi
Se avete un po’ di tempo, date un’occhiata all’ottima guida preparata da Nate Silver in vista di domani notte. Se non avete tempo, non preoccupatevi: domani ve la raccontiamo con calma noi, così da prepararci alla diretta notturna qui sul Post.

Cosa dicono i democratici
Alcuni ci credono. Quelli che non ci credono ci sperano. Tutti, che ci credano o che ci sperino e basta, danno l’impressione di essere convinti che si può ancora fare, che non tutto è perduto, che si possono frenare i repubblicani. Per quel che riguarda il senato, gli stessi repubblicani ammettono che difficilmente i democratici perderanno la maggioranza. Il nodo riguarda la camera. Se i repubblicani guadagnano più di 39 seggi, prendono la maggioranza. In questo momento pare essere uno scenario inevitabile. Le loro speranze si basano su due elementi. Primo: la convinzione che gli sforzi fatti in questi giorni abbiano convinto ad andare al voto molte persone altrimenti decise ad astenersi. Secondo: il fatto che, come ricorda Josh Marshall, molte competizioni locali sono state oggetto di sondaggi una o due volte in tutto l’anno, con dati ampiamente corretti sulla base di modelli nazionali. Parliamo di un miracolo, comunque.

Cosa dicono i repubblicani
Tirano il freno e predicano cautela. In giro per gli Stati Uniti i loro sostenitori sono galvanizzati dai dati dei sondaggi, ma i dirigenti del partito sanno che i democratici sono vivi e che difficilmente assisteranno a un replay del 1994. Quindi ci vanno piano. Il presidente del partito repubblicano, Michael Steele, ha detto che guadagnare la maggioranza alla camera sarebbe una vittoria, ma sarebbe una vittoria anche fermarsi uno o due seggi prima della maggioranza (non è vero: sarebbe una tragedia epocale). E infatti poi lo ammette, riconoscendo che se i repubblicani non terranno fede alle aspettative degli elettori, avranno “un problema” da qui al 2012.

Lo scenario meno peggio
Fin qui, però, abbiamo parlato di scenari improbabili, di miracoli, di speranze. Torniamo alla realtà. Marc Ambinder sull’Atlantic descrive lo scenario meno peggio per i democratici: quello per cui si può ragionevolmente sperare, la linea che separa una misurata sconfitta da un disastro epocale. Eccolo, quindi, lo scenario.

– i repubblicani non guadagnano più di cinquanta seggi alla Camera;
– i democratici conservano la loro maggioranza al Senato, e senza costringere a votare Joe Biden [che del Senato è presidente, ndr];
– i democratici eleggono i governatori di Colorado, Florida, Ohio e Pennsylvania. Ne basterebbero soltanto due di questi, se Bill White in Texas perdesse di pochi punti contro il governatore uscente, e repubblicano, Perry;
– il referendum sull’austerity in Colorado viene bocciato;
– il referendum sulla legalizzazione della marijuana in California [il Post ne ha parlato qui e qui, ndr] invece va a buon fine.

Segnalazioni
Una sola, oggi: l’articolo di Politico sulla guerra che diversi esponenti del partito repubblicano dichiareranno a Sarah Palin dal minuto dopo il voto. Perché dal minuto dopo il voto cominciano le primarie per le elezioni presidenziali del 2012. La ragione è che “lei otterrebbe la nomination, ma Obama la distruggerebbe”.

Salvate il soldato Tom (diario del 29 ottobre)
– Il miracolo di Lisa Murkowski (diario del 28 ottobre)
– A cosa si aggrappano i democratici (diario del 27 ottobre)
– Gli Stati Uniti a sette giorni dal voto (diario del 26 ottobre)
– La guida del Post alle elezioni di metà mandato
– Tutti gli articoli del Post sulle elezioni di metà mandato