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  • Giovedì 2 settembre 2010

Dieci frasi dal libro di Tony Blair

Che cosa c'è nelle anticipazioni delle memorie di cui discute da ieri la stampa britannica

Ieri in Gran Bretagna è uscito The Journey, Il viaggio, l’attesa autobiografia di Tony Blair, primo ministro del Regno Unito dal 1997 al 2007, e da ieri la stampa britannica non parla d’altro. Le anticipazioni erano state poche, nei giorni precedenti all’uscita, e i giornalisti hanno fatto la fila in libreria alle sette del mattino per acquistare il libro il prima possibile e avere quindi modo di raccontarlo ai lettori.

Alcune delle ragioni di questa attesa sono intuibili, considerato l’impatto gigantesco di Tony Blair nella politica britannica degli ultimi vent’anni e il carisma che gli è riconosciuto praticamente dalla totalità degli osservatori. Poi c’è il libro vero e proprio, che il Guardian definisce “uno straordinario diario politico”. Il Guardian non è stato tenero con Blair, specie negli ultimi anni del suo mandato da primo ministro, ma il giudizio sul libro è eccellente. Noi vi proponiamo i dieci passaggi di cui più ha discusso la stampa britannica, inevitabilmente e giustamente interessata ai giudizi sugli altri leader politici e sugli eventi fondamentali della carriera di Blair. Ce ne sono molti altri, anche più curiosi e divertenti, tipo quello su Bush che al G8 non riconobbe il primo ministro belga. Ma c’è molto di serio da leggere, scrive il Guardian, in un testo che pone diverse domande riguardo i nostri tempi, e tenta anche di dare delle risposte.

Bill Clinton
“Quando vidi Bill per la prima volta, era – e lo è tuttora – il più formidabile politico che io avessi mai conosciuto. E questo nonostante all’epoca il suo straordinario talento politico oscurasse il fatto che fosse anche un pensatore brillante, con una chiara e ponderata filosofia politica. Aveva una capacità infinita di rapportarsi con la gente comune. Nel 2003 partecipò all’annuale convention del partito laburista a Blackpool, e di notte andò a farsi un panino da McDonald’s con un po’ di gente, scherzando e facendo battute come se quella fosse la sua compagnia di ogni martedì. Nel corso del tempo, la destra ha creato la leggenda secondo cui le persone votavano per Bill perché lui era un politico molto intelligente. In realtà le persone votavano per Bill perché erano loro molto intelligenti. Non votavano uno qualsiasi: votavano un politico sensibile, moderno, preparato, con un approccio che molto più sensato e appropriato ai loro tempi di qualsiasi altro approccio gli fosse stato proposto fino a quel momento”.

George W. Bush
“George Bush era semplice e diretto. E molto intelligente. Una delle più ridicole caricature di George è quella che lo dipinge come un’idiota finito per caso alla presidenza. Nessuno capita per caso a fare quel lavoro lì, e la storia delle campagne presidenziali americane è piena dei cadaveri politici di persone che sembravano essere brillanti ma che hanno scoperto strada facendo che essere brillanti non è sufficiente. Per avere successo nella politica americana, così come in quella britannica, devi certamente essere intelligente, se no finisci per essere mangiato vivo. Ma devi essere anche molto altro, oltre che intelligente”.

Barack Obama
“Come accade per ogni nuovo leader, le caratteristiche politiche si plasmano nel tempo e potranno essere comprese a pieno solo tra un po’. Le caratteristiche personali invece sono già chiare: quest’uomo ha acciaio in ogni sua fibra. Le aspettative sulla sua presidenza sono state esagerate così come le critiche che riceve adesso. Lui è rimasto lo stesso. E credetemi, si tratta di una cosa complicata. Io ho raggiunto quel tipo di serenità soltanto alla fine del mio mandato”.

Gordon Brown
“Vedevo le enormi capacità di Gordon, il suo straordinario pragmatismo e la sua inflessibile energia, e mi rendevo conto che si trattava di grandi qualità per un leader. Sfortunatamente, mi rendevo conto anche che per essere efficaci quelle qualità dovevano essere combinate con un autentico istinto politico. E quell’istinto viene dalla conoscenza profonda di quello in cui credi, non vagamente, non come valori generali, ma concretamente, sul terreno della vita di tutti i giorni. È un punto cruciale del destino di ogni politico, e ho scoperto che Gordon in questo aveva una lacuna – non è che aveva un istinto sbagliato: non aveva alcun istinto a livello umano. Calcolo politico, sì. Sentimenti politici, no. Intelligenza analitica, sì. Intelligenza emotiva, zero. Gordon è un tipo strano. Alla fine mi resi conto che non era questo il problema fondamentale, anzi: la sua stranezza aveva pure un qualche fascino. Il problema fondamentale era che semplicemente non capiva la missione del New Labour in termini che non fossero di sondaggi, strategia, modi per vincere le elezioni”.

Silvio Berlusconi
“C’è un’ultima persona senza la quale non avremmo potuto avere le olimpiadi a Londra: Silvio Berlusconi. Nell’agosto precedente gli avevo fatto visita nella sua casa in Sardegna per chiedergli aiuto sulla candidatura. L’Italia era uno dei protagonisti fondamentali. Mi aveva chiesto quanto fosse importante per noi ottenere le olimpiadi. «È importante», gli avevo risposto. «Molto?» «Molto» «Sei mio amico», mi aveva risposto Berlusconi. «Non ti prometto niente, ma vedrò cosa posso fare». Questo comportamento è tipico di Silvio ed è per questo che lo ammiro. Quasi tutti i politici promettono, ma poi non combinano nulla. Lui non aveva promesso: aveva agito”.

L’alcol
“Per gli standard dell’epoca non ero neanche lontanamente un beone, e praticamente a pranzo potevo toccare alcolici solo a Natale. Se considero però il quadro generale, ero ai limiti. Un whisky o un gin tonic prima di cena, poi due bicchieri di vino, a volte mezza bottiglia. Insomma, non troppo: conoscevo i miei limiti. Ma sapevo che era diventato un sostegno”.

La coalizione
“Non voglio creare problemi a David Cameron: so quanto è complicato fare il primo ministro e ho simpatia e rispetto per chiunque svolga quell’incarico. Il vero problema della coalizione sarà molto semplice: conservatori e libdem non vanno d’accordo su molte cose. In molte cose di politica interna, i conservatori daranno il meglio di sé quando faranno le cose a modo loro. Daranno il peggio di loro quando dovranno sforzarsi di trovare compromessi con l’anima più di sinistra dei libdem”.

Le domande al primo ministro
“I question time sono stati senza dubbio l’esperienza più snervante, scombussolante, terrorizzante dei miei primi tempi da primo ministro. Avete presente quella scena del Maratoneta in cui il dottore nazista interpretato da Laurence Olivier usa il trapano sui denti di Dustin Hoffman? Alle 11,45 di tutti i mercoledì mattina, avrei scambiato la mia mezz’ora di question time con mezz’ora di quella roba lì”.

Cambiare le cose
“La cosa più importante che ho imparato dal mio primo mandato fu che la politica del nostro tempo ha molto a che fare con cambiamenti strutturali, gestione e realizzazione di progetti, piuttosto che con fissazioni ideologiche, sinistra contro destra, o con l’idea che il governo può cambiare le cose in un baleno, a colpi di editti”.

L’Iraq
“Non posso pentirmi della decisione di andare in guerra. Posso dire che non immaginavo che genere di incubo sarebbe diventato, e questa è una mia responsabilità. La verità è che non siamo riusciti a prevedere il ruolo che avrebbero avuto Al Qaida e l’Iran. Il fatto che avremmo dovuto farlo è un altro discorso, e come avremmo dovuto affrontare la questione è ancora un altro discorso. L’angoscia e la tristezza che mi davano le vittime non può essere descritta e va molto oltre la generica compassione che si avverte quando si sentono quelle notizie. Ci sono state anche molte lacrime, ma non bastano a spiegarlo. Sono disperatamente dispiaciuto per loro, per chi ha avuto la sua vita spezzata, per le famiglie il cui lutto è stato reso più doloroso dalle polemiche sul perché i loro amati sono morti. Non so dire quanto mi dispiace con le parole. Posso solo sperare di redimermi in qualche modo dalla tragedia della morte, grazie alle azioni di una vita, la mia vita, che continua ancora”.