I finiani ancora avanti

Il presidente della camera pronto a giocare due partite: testamento biologico e riforma della cittadinanza

© Marco Merlini / LaPresse
19-04-2005 Roma
Politica
Via della Scrofa - Direzione Nazionale AN - Il Presidente di AN Fini comunica di avere in mano le dimissioni dei suoi ministri
Nella foto Italo Bocchino, Ignazio LaRussa e Maurizio Gasparri
© Marco Merlini / LaPresse 19-04-2005 Roma Politica Via della Scrofa - Direzione Nazionale AN - Il Presidente di AN Fini comunica di avere in mano le dimissioni dei suoi ministri Nella foto Italo Bocchino, Ignazio LaRussa e Maurizio Gasparri

Dal giorno della direzione nazionale del Pdl a oggi lo scontro tra berlusconiani e finiani è andato avanti con pochi fatti – le dimissioni di Bocchino, la corrente di La Russa – e tante polemiche e battutine. Ieri è toccato nuovamente a Berlusconi, che ricordando Gianni Baget Bozzo a un anno dalla sua morte ha ammonito che “incrinare l’unità del PDL per tornare alla vecchia politica sarebbe un errore imperdonabile”. Poi ancora scaramucce tra Bocchino e Stracquadanio, col primo a lamentare ancora di essere stato “epurato” e il secondo a ironizzare su “l’unico epurato cui gli epuratori pagano l’autista”.

A giudicare da quello che scrive Flavia Perina sul suo blog, però, i finiani avrebbero intenzione di tenere fede a quanto promesso e portare lo scontro sul piano delle proposte politiche.

Gli appuntamenti immaginabili sono due: il dibattito sulla legge per il testamento biologico, che dalla Commissione Affari Sociali della Camera sta per passare all’aula, e quello sulla riforma della cittadinanza, che dovrebbe approdare nell’emiciclo di Montecitorio in giugno. Sono entrambi argomenti non presenti nel programma del Pdl, sui quali è lecito quindi (anche in base al documento votato in Direzione) assumere posizioni autonome. Nella prima partita i “finiani” hanno sostenuto la tesi del disarmo ideologico, del rifiuto di una norma iper-prescrittiva che anche larghe aree dei credenti contestano. Sulla cittadinanza ci si aspetta – al minimo – l’introduzione di norme che riconoscano i diritti dei “nuovi italiani”, cioè i ragazzi nati in Italia o arrivati in Italia piccolissimi che hanno compiuto un ciclo completo di studi nel nostro Paese. I due dibattiti saranno anche un importante test per l’opposizione, chiamata a confrontarsi su argomenti cui ha dedicato tante battaglie “di bandiera”, e in qualche modo pure per le gerarchie della Chiesa, interpellate sui due snodi principali del loro attivismo “mondano”. Scopriremo lì quanto filo c’è nel telaio dei parlamentari finiani e se la «merce fuori moda delle idee» ha una chance di tornare in vetrina nel nostro Paese.

Entrambe le questioni sono state già dibattute in passato. Del testamento biologico si discute dallo scorso anno – a marzo il senato approvò tra molte polemiche il disegno di legge Calabrò – mentre sulla cittadinanza i finiani hanno già presentato una loro proposta bipartisan, a firma Granata-Sarubbi, che Maroni oggi sulle pagine del Corriere della Sera ha bocciato per l’ennesima volta.

«Il problema è il passaggio dallo ius sanguinis allo ius soli. La cittadinanza non si può acquisire solo per il fatto di essere nati in Italia anche perché — con la crisi economica, il terrorismo internazionale e le pressioni migratorie così forti — qualcuno mi spieghi perché dovremmo spingere su questo tasto che non è una priorità».