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  • Venerdì 19 dicembre 2025

Com’era nato l’accordo col comune di Torino per regolarizzare l’Askatasuna

E come il sindaco Lo Russo ha deciso di interromperlo dopo lo sgombero, in maniera un po' inaspettata

Polizia durante il presidio contro lo sgombero del centro sociale Askatasuna, Torino, 18 dicembre 2025 (ANSA/Alessandro Di Marco)
Polizia durante il presidio contro lo sgombero del centro sociale Askatasuna, Torino, 18 dicembre 2025 (ANSA/Alessandro Di Marco)
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Con lo sgombero del centro sociale Askatasuna di Torino, il sindaco del PD Stefano Lo Russo ha fatto decadere il patto di collaborazione avviato nel 2024 per rendere un «bene comune» l’edificio in corso Regina Margherita 47, occupato da quasi trent’anni. La decisione di Lo Russo è stata piuttosto inaspettata, e giustificata dal «mancato rispetto delle condizioni» di legalità a cui il patto stesso era vincolato. Lo Russo ha comunque detto più volte che lo sgombero «non è stata una mia decisione politica. Io ho preso atto di una scelta amministrativa». Lo sgombero è avvenuto per motivi non ancora del tutto chiari, al termine di una perquisizione iniziata per altre ragioni.

L’Askatasuna – parola che in basco significa “libertà” – è uno dei centri sociali più noti e frequentati di Torino e da anni è considerato un punto di riferimento non solo di militanza politica ma anche per le attività culturali che organizza e ospita: al festival Altri Mondi/Altri Modi, a marzo del 2023, hanno partecipato molti ospiti tra cui lo storico Alessandro Barbero e il fumettista Zerocalcare.

Allo stesso tempo negli anni una parte degli attivisti legati all’Askatasuna ha portato avanti azioni e contestazioni violente, per esempio contro la realizzazione dell’alta velocità in Val di Susa (tema su cui il centro sociale è sempre stato molto attivo, anche in modo pacifico). A marzo 18 attivisti erano stati condannati in primo grado per le condotte avute durante le proteste organizzate in molti anni in Val di Susa e a Torino, per reati come violenza privata, estorsione, rapina, sequestro di persona, resistenza a pubblico ufficiale, incendio e danneggiamento (tutte le persone a processo erano state invece assolte dall’accusa più grave, quella di associazione a delinquere).

I casi più recenti di disordini per cui sono stati denunciati attivisti dell’Askatasuna sono stati la vandalizzazione di alcuni spazi delle Officine Grandi Riparazioni (Ogr) di Torino durante l’Italian Tech Week e l’assalto alla redazione del quotidiano La Stampa, a ottobre e a novembre.

Askatasuna è nato nel 1996, dall’occupazione di un palazzo di proprietà del comune in una zona popolare, Vanchiglia, vicina all’università e al centro. Instaurò un rapporto stretto con il quartiere che lo ospitava, e si impegnò da subito sui temi del diritto alla casa e al lavoro. Negli anni ha aperto una palestra popolare, un doposcuola, uno sportello per persone in difficoltà abitativa, laboratori artistici, una biblioteca, una camera oscura per sviluppare fotografie e una sala di registrazione, tra le altre cose. Tra le campagne politiche portate avanti negli anni ci sono quella a favore del popolo curdo e del popolo palestinese.

Proprio per l’importanza riconosciuta ad Askatasuna nella vita politica e culturale della città, nel gennaio del 2024 il sindaco Lo Russo annunciò la volontà di avviare un percorso per regolarizzare l’immobile occupato e inagibile. La proposta era arrivata da un comitato cittadino di cui fanno parte, oltre agli attivisti del centro, anche persone dello spettacolo e docenti universitari. Alla fine l’accordo venne chiuso con questo comitato spontaneo, chiamato dei “garanti”.

In quel periodo si parlava molto di un possibile sgombero dell’edificio, proprio per le indagini sulle azioni di protesta contro l’alta velocità. Lo Russo aveva comunque confermato di voler trovare una soluzione legale per l’utilizzo del centro sociale, che non includesse «meccanismi repressivi» come sgomberi forzati, per il fatto che quelle indagini riguardavano solo alcune persone. La sua decisione era stata fortemente criticata dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che aveva promesso «approfondimenti tramite la prefettura» e aveva ammonito sul fatto che l’iniziativa non dovesse essere vista come «una sorta di legittimazione, o addirittura di premio, per l’operato di un centro sociale che si è distinto negli anni per la violenza».

Il patto prevedeva la liberazione dell’edificio da parte delle persone che lo occupavano, l’organizzazione di una serie di sopralluoghi per rilevare eventuali problemi strutturali e l’avvio di un “percorso di coprogettazione” dello spazio finora occupato, che nelle intenzioni avrebbe dovuto essere «aperto a tutti, partecipato e condiviso con la città». Prevedeva poi una serie di clausole, tra cui il fatto che gli attivisti si limitassero a usare il piano terra dello stabile e liberassero gli altri tre piani, che erano stati dichiarati inagibili.

Durante la perquisizione di giovedì 18 dicembre, ordinata per le indagini sull’assalto alla redazione della Stampa, sono state trovate sei persone che dormivano al terzo piano dello stabile, in violazione degli accordi: per questo Lo Russo ha poi detto di considerare «cessato» il patto di collaborazione. Così è iniziato lo sgombero (nessuno però detto esplicitamente che era questo il motivo).

È difficile in ogni caso pensare che lo sgombero sia stato organizzato solo durante la perquisizione e che non fosse già stato previsto: è noto da tempo che altri piani dello stabile continuassero a venire usati e fino ai tempi recenti Lo Russo aveva mantenuto toni concilianti. Nella notte tra mercoledì e giovedì erano stati mandati a Torino trecento agenti di polizia da altre regioni, segno di un’organizzazione maggiore rispetto a quella che sarebbe servita per una semplice perquisizione. Il quartiere poi è stato militarizzato, le scuole e l’asilo nei dintorni chiuse per due giorni, la libertà di circolazione interdetta.

Lo sgombero è stato rivendicato dal ministro Piantedosi, che ha detto che «dallo Stato» è arrivato «un segnale chiaro». Il quotidiano Il Manifesto, sostenendo l’ipotesi che la decisione dello sgombero sia arrivata dal governo e che il comune abbia ceduto, ha fatto notare che una settimana fa era stato rimosso il questore Paolo Sirna, «mai stato del tutto ostile al dialogo tra il comune e Askatasuna».

– Leggi anche: Storia dei centri sociali in Italia