Non è ancora stato trovato il responsabile dell’attacco alla Brown University
Dopo più di quattro giorni: è inusuale ma il motivo principale è semplice, non si sa chi cercare

Dopo più di quattro giorni l’FBI non ha ancora identificato il principale sospettato della sparatoria alla Brown University di Providence, nel Rhode Island, in cui sono state uccise due persone. Le ricerche si stanno concentrando sulle poche immagini che si hanno dell’uomo, che mostrano solo la sua stazza e il modo in cui cammina: nei video ripresi dalle telecamere di sorveglianza lo si vede passeggiare tranquillamente nel quartiere residenziale accanto all’università, ma il volto è coperto da una mascherina chirurgica e da un cappellino nero. Gli investigatori quindi non sanno chi cercare.
È raro che l’FBI impieghi diversi giorni per trovare un attentatore, ma c’è già stato qualche caso simile, anche recente. Per esempio, ce n’erano voluti cinque per arrivare all’arresto di Luigi Mangione, il ventiseienne accusato di aver ucciso nel dicembre del 2024 Brian Thompson, l’amministratore delegato dell’azienda di assicurazioni mediche UnitedHealthcare. Tuttavia in casi come quello della Brown – in cui la sparatoria avviene tra la folla, in modo almeno apparentemente casuale, senza un obiettivo preciso – di solito la persona sospettata viene catturata immediatamente o uccisa sul posto dalle forze dell’ordine.

Le foto dei due studenti uccisi durante la sparatoria, Mukhammad Aziz Umurzokov ed Ella Cook, tra i fiori lasciati di fronte all’edificio di ingegneria, 16 dicembre 2025 (AP Photo/Robert F. Bukaty)
Nel caso della Brown, quando la polizia è arrivata sul posto (pochi minuti dopo la prima chiamata al 911, il numero per le emergenze), l’attentatore aveva già lasciato il campus lasciandosi dietro solo i bossoli di una nove millimetri, la pistola che si ritiene abbia usato. A quel punto il principale mezzo per identificarlo sono diventati i video delle telecamere di sorveglianza, ma anche così si sta rivelando più difficile del previsto, per vari motivi. Il primo è che nell’edificio in cui è avvenuta la sparatoria c’erano poche telecamere: l’aula si trovava in una parte vecchia del palazzo, mentre le telecamere sono principalmente in quella nuova.
Un altro dettaglio è che l’edificio di ingegneria, dove è avvenuta la sparatoria, si trova sul confine del campus, quindi allontanandosi l’attentatore ne è uscito in pochi secondi e si è perso tra le strade del quartiere residenziale adiacente. A quel punto le principali telecamere di sorveglianza su cui fare riferimento sono diventate quelle private, piazzate sugli ingressi delle case. Tuttavia, come ha sottolineato il ricercatore David Riedman sullo School Shooting Data Analysis and Reports, un progetto di ricostruzione e raccolta dati sulle sparatorie nelle scuole, i video di queste telecamere spesso vengono cancellati automaticamente dopo 24 ore, e quindi in molti casi sono andati persi.
Un terzo aspetto che rende difficile identificare il sospettato ha a che fare con le condizioni meteo: nel giorno della sparatoria ha nevicato molto, e questo ha fatto sì che le eventuali tracce venissero cancellate. La polizia del Rhode Island ha comunque detto di essere riuscita a rilevare delle tracce di DNA, e che sono alla ricerca di un secondo uomo che ritengono possa essere in qualche modo coinvolto: in alcuni video si vede un’interazione tra i due avvenire ore prima dell’attentato, ma le immagini sono discontinue e la visibilità è limitata. Di lui sono state diffuse alcune immagini più nitide, e la polizia ha chiesto aiuto agli abitanti della zona per identificarlo.
C’è poi una questione legata alle indagini. Come era avvenuto anche nel caso dell’attentato a Charlie Kirk, l’importante attivista della destra americana ucciso il 10 settembre durante un discorso alla Utah Valley University, subito dopo la sparatoria c’è stata molta confusione. Mezz’ora dopo il primo allarme l’università aveva detto che era stato catturato un sospettato, ma è stato rilasciato poco dopo perché non aveva nulla a che fare con la sparatoria.
Il giorno dopo l’FBI ha catturato un altro uomo: un ventenne fermato in una stanza d’hotel sulla statale 96, a mezz’ora da Providence. Gli sono state sequestrate due armi. Il direttore generale dell’FBI Kash Patel, già molto criticato e accusato di scarsa competenza, ha subito annunciato la svolta con un post celebrativo su X dicendo che una «persona attenzionata» era stata arrestata grazie a un’analisi delle celle telefoniche.
Questo ha fatto sì che anche le indagini della polizia locale si concentrassero sulla pista indicata dall’FBI, salvo poi scoprire, due giorni dopo l’attentato, che di nuovo era stata fermata la persona sbagliata. A quel punto si era già perso molto tempo, e in questi casi più tempo passa più è difficile arrivare a una svolta nelle indagini, perché le prove svaniscono, l’attentatore ha tempo per fuggire e i ricordi dei testimoni sbiadiscono, mescolandosi alla narrazione dei media.
Al momento l’FBI e la polizia del Rhode Island hanno pochi elementi su cui lavorare. Hanno promesso una ricompensa di 50mila dollari a chiunque aiuti a catturare l’attentatore, e chiesto alla comunità di Providence di contribuire: ritengono che, date le poche immagini sgranate che si hanno di lui, le uniche persone che potrebbero riconoscerlo sono quelle che lo conoscono già, e che potrebbero identificare il suo modo di camminare o gesticolare.
Un altro aspetto che resta da chiarire, oltre all’identità, è il movente. Anche su questo non ci sono molte informazioni. Il professore che stava tenendo la lezione di economia nella classe in cui è avvenuta la sparatoria ha raccontato di aver sentito l’uomo urlare qualcosa prima di sparare, ma non è riuscito a capire cosa.
– Leggi anche: Il nuovo capo dell’FBI non ne sta azzeccando una



