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  • Martedì 16 dicembre 2025

È un ottimo momento per i Verdi britannici

Sono ai massimi storici nei sondaggi grazie al loro nuovo leader: molto carisma, poca esperienza, un po' Mamdani e un po’ Farage

Zack Polanski sale correndo sul palco della convention annuale dei Verdi, a Bournemouth lo scorso 3 ottobre
Zack Polanski sale correndo sul palco della convention annuale dei Verdi, a Bournemouth lo scorso 3 ottobre (Finnbarr Webster/Getty Images)
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Lo scorso settembre i Verdi britannici hanno eletto un nuovo leader, Zack Polanski, e poi per loro è iniziata una fase eccezionalmente positiva. Rispetto alle elezioni del 2024 hanno guadagnato 10 punti nei sondaggi, e oggi se la giocano con i Laburisti e i Conservatori, i due partiti principali. Da settembre hanno raddoppiato anche i tesserati e ora sono 150mila, il numero più alto di sempre.

Sono numeri enormi per un partito che storicamente è sempre stato marginale. Il merito della crescita così rapida è in larga parte del nuovo leader, al punto che i media britannici hanno iniziato a parlare di un “effetto Polanski” e anche quelli internazionali si sono accorti di lui. Polanski è consapevole del buon momento, e sta cercando di sfruttarlo.

Polanski è un leader atipico, per la storia dei Verdi britannici. Di fatto il partito non aveva mai avuto una leadership così personalistica, privilegiando una gestione collegiale che ne aveva annacquato l’efficacia. Polanski è carismatico ed è stato molto abile a intercettare l’attenzione dai media, rendendosi decisamente più riconoscibile dei suoi predecessori. In questo è stato aiutato sia dalla sua biografia, che ha attratto l’attenzione dei media, sia dalle sue proposte, presentate con una retorica più radicale e polarizzata di quella abituale dei Verdi.

Polanski ha 43 anni e poca esperienza in politica. Fa parte dell’assemblea comunale di Londra e fino a pochi mesi fa non era molto conosciuto fuori dai Verdi, di cui dal 2022 era vice leader. Sono circolati immancabilmente dei paragoni con il futuro sindaco di New York, Zohran Mamdani, che prima di organizzare una campagna elettorale molto efficace era sostanzialmente sconosciuto. Polanski si ispira apertamente a Mamdani ed era stato invitato a New York per incontrarlo, ma ha rinunciato perché da qualche anno non prende l’aereo per non inquinare.

Zack Polanski durante una protesta fuori dal ministero dell'Energia, il 18 ottobre a Londra

Zack Polanski durante una protesta fuori dal ministero dell’Energia, il 18 ottobre a Londra (Vuk Valcic/SOPA Images via ZUMA Press Wire)

Polanski deve proprio agli Stati Uniti il suo avvicinamento alla politica, avvenuto piuttosto tardi. Ha raccontato che prima di andare a studiare recitazione ad Atlanta, in Georgia, nei primi anni Duemila, non sapeva neppure chi fosse il leader dell’opposizione britannica. Da omosessuale ed ebreo, ha detto, negli Stati Uniti si accorse del razzismo e dell’omofobia che non aveva sperimentato in patria. «Fu la prima volta che mi trovai a far parte di in un gruppo di persone che non potevano permettersi il lusso di non interessarsi alla politica», ha ricordato.

Polanski proviene da una famiglia sionista: è orgoglioso delle sue origini ebraiche, ma non si identifica con quell’ideologia. A 18 anni ha cambiato cognome, scegliendo quello che i suoi avi avevano anglicizzato in Paulden quando, nei primi anni del Novecento, arrivarono nel Regno Unito dalla Lituania (Polanski ha poi cambiato anche il suo primo nome, da David a Zack, per non condividerlo con un parente con comportamenti inappropriati).

Nonostante la sua storia familiare – lui dice, proprio per quella – Polanski sostiene la causa palestinese e ritiene che Israele stia commettendo un genocidio nella Striscia di Gaza.

Uno dei video più visti di Polanski: vi ricorda qualcuno?

Sul piano politico, Polanski ha anteposto un programma sociale di sinistra a quello ecologista dei Verdi. Si descrive come socialista e punta molto sulla proposta di aumentare le tasse ai ricchi per finanziare programmi di welfare, usando una retorica antisistema che ha ripescato anche la vecchia formula del “99 per cento” per riferirsi alla maggioranza della popolazione e opporsi all’uno per cento più ricco.

I critici di Polanski sostengono che non parli abbastanza di ambiente e di clima, per essere un leader dei Verdi, e che anzi schiacci temi che raccolgono interessi trasversali su un approccio simile a quello di qualsiasi altro partito di sinistra radicale. Lui ha affrontato la questione in uno dei suoi video più virali, in cui risponde alla domanda: «Cosa c’entrano i Verdi con tutto questo? Non siete quelli degli alberi e della natura?». La sua risposta è che le sue proposte sono funzionali alla possibilità di andare al governo e fare politiche ambientaliste.

Zack Polanski poco prima di fare un discorso a un evento dei Verdi, l'8 novembre a Cardiff, in Galles

Zack Polanski poco prima di fare un discorso a un evento dei Verdi, l’8 novembre a Cardiff, in Galles (Matthew Horwood/Getty Images)

L’ambizione di Polanski è trasformare i Verdi nel partito di massa che non sono mai stati. Questa filosofia è riassunta in una battuta che fa spesso, quando spiega di essere vegano ma che non serve essere vegani per votare i Verdi. Per il momento, l’aumento dei tesserati è stato così veloce che per la prima volta il partito ha avuto problemi di spazio: ha dovuto affittare sale più grosse per le riunioni, anche fuori dalle grandi città, dove storicamente è più radicato.

In questi primi mesi Polanski è stato raccontato, e si è raccontato a sua volta, come l’anti Farage, cioè come uno che può sfidare sul suo stesso terreno il partito sovranista di Nigel Farage, Reform UK, primo nei sondaggi. È una narrazione che regge pure per demeriti altrui: i Laburisti al governo sono divisi e la nuova formazione di sinistra radicale fondata da Jeremy Corbyn non è partita benissimo.

Per l’elettorato progressista deluso dai Laburisti, quindi, è stato piuttosto naturale guardare ai Verdi; o per la sua parte più moderata ai Liberaldemocratici, tra cui peraltro Polanski cominciò la sua carriera politica.

– Leggi anche: Il nuovo partito di Corbyn ha già rischiato di dividersi

Polanski considera Farage un avversario, e le sue idee agli antipodi di quelle dei Verdi, ma pensa ci sia qualcosa da imparare da lui. In particolare, ha riconosciuto a Farage la capacità di arrivare alle persone in modo chiaro e di concentrarsi su un messaggio solo, facendolo riprendere dai media. Con lo stesso obiettivo, Polanski si è fatto un podcast che da settimane è tra quelli politici più ascoltati nel Regno Unito.

Ci sono parallelismi tra lo stile di Farage e quello adottato da Polanski. Il leader dei Verdi dice di voler rimpiazzare i Laburisti, considerandoli screditati, mentre Farage teorizza di prendere il posto dei Conservatori, descritti come un partito moribondo. I Verdi inoltre hanno copiato a Reform UK i post sui social che pubblicizzano le defezioni dei rivali (ossia i consiglieri locali che lasciano i Laburisti per unirsi a loro).

Nigel Farage durante una conferenza stampa, il 18 novembre a Londra

Nigel Farage durante una conferenza stampa, il 18 novembre a Londra (EPA/TOLGA AKMEN)

Polanski si dice favorevole all’immigrazione in generale, e lo ripete spesso, ma ha cambiato e in parte irrigidito la posizione del partito sul tema. Ha detto che vanno «fermate le barche», con la stessa formula condivisa da destra e sinistra sugli sbarchi di persone attraverso il canale della Manica, e che servirebbe un sistema d’accoglienza più giusto. Al tempo stesso sostiene che l’immigrazione sia una falsa priorità, fissata dai media e dai politici per distrarre l’opinione pubblica britannica dai problemi reali, come il pessimo stato del servizio sanitario nazionale.

Come ha scritto Novara Media, popolare media britannico di sinistra, la principale sfida per Polanski sarà convertire l’entusiasmo in voti. La prima occasione per misurare dei risultati veri arriverà con le elezioni locali di maggio del 2026, quando tra le altre cose si voterà per i parlamenti di Scozia e Galles. I tanti nuovi iscritti potrebbero avere un impatto, visto che i Verdi in passato si sono finanziati quasi esclusivamente attraverso le quote e le donazioni dei membri.

Tutta questa visibilità ha attirato a Polanski anche maggiori attacchi. È stato criticato perché sostiene che il Regno Unito dovrebbe ritirarsi dalla NATO e sostituirla con un’«alleanza alternativa basata sulla pace e la diplomazia», una tesi vaga e piuttosto impopolare tra l’elettorato britannico (anche tra quello dei Verdi). I suoi avversari contestano la sua inesperienza. I tabloid hanno rivangato un episodio minore del suo passato: quando lavorava come ipnoterapeuta nel 2013, molto prima della politica, Polanski si prestò a un articolo del Sun che gli chiese di provare a ingrandire il seno di una sua giornalista con l’ipnosi. In seguito Polanski aveva accusato il Sun di aver stravolto il senso dell’articolo.

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