Quelli dell’uno per cento

L'Economist raccoglie qualche dato sulla ristretta minoranza dei più ricchi degli Stati Uniti, con molte conferme e qualche sorpresa

La protesta contro la grande finanza internazionale ha creato negli Stati Uniti uno slogan molto diffuso e fortunato: “Noi siamo il 99 per cento”, a indicare che una minoranza molto ristretta avrebbe un potere decisionale sproporzionato e un’uguale sproporzione nei redditi e nei guadagni. Il settimanale economico britannico Economist ha messo insieme molte ricerche e sondaggi per capire da chi sia realmente composto questo uno per cento dei più ricchi, chiedendosi: da dove vengono i loro soldi, che lavoro fanno, per chi votano.

Se si definisce l’uno per cento in base al reddito, il reddito medio familiare di questa categoria di persone era di 1,2 milioni di dollari (928.000 euro) nel 2008 basandosi sulle dichiarazioni fiscali. Un numero ristretto dei super-ricchi alzava però la media, per cui erano sufficienti 380.000 dollari l’anno per entrare a far parte dell’uno per cento. Se invece si considera il patrimonio complessivo, e non solo le entrate annuali, nel 2009 rientravano nell’uno per cento tutti i patrimoni superiori a 6,9 milioni di dollari (5,3 milioni di euro), secondo la Federal Reserve. Rispetto al 2007, il limite si era abbassato di più di 1,7 milioni di dollari. Per quanto riguarda la composizione del reddito, solo una metà delle entrate dell’uno per cento proviene dagli stipendi, mentre un quarto dai guadagni dalle attività e il restante quarto da rendite, dividendi e interessi.

Una ricerca citata dall’Economist mostra che i lavori della ristretta minoranza dei più ricchi sono cambiati poco tra il 1979 e il 2005, anno in cui il 16 per cento lavorava nel settore medico e l’8 per cento nel settore legale. Dove c’è stato un vero aumento è nelle professioni legate alla finanza, che sono passate dall’8 per cento nel 1979 a quasi il 14 per cento nel 2005. Ma se si restringe il campo d’indagine allo 0,1 per cento più ricco, la finanza pesava per il 18 per cento.

I grandi manager delle società private sono sempre una parte importante delle professioni rappresentate nell’uno per cento più ricco, ma hanno smesso di essere la più importante come in passato, sostituiti da chi lavora in banche di investimento, gestisce hedge fund o lavora come legale per le grandi società. Nel 2009, i 25 hedge fund più ricchi hanno raccolto più di 25 miliardi di dollari, circa sei volte il guadagno di tutti i manager delle 500 principali società quotate alla borsa di New York messi insieme (dall’inizio della crisi finanziaria, gli hedge fund hanno registrato perdite pesanti: una media del -9 per cento nel 2011).

Un gruppo stabile e chiuso
Da un anno all’altro, negli Stati Uniti, i membri dell’uno per cento tendono ad avere poco ricambio: circa tre quarti restano gli stessi tra un anno e l’altro. Il ricambio avviene più nel lungo periodo, anche se lento e senza scossoni: nell’arco di dieci anni, chi faceva parte dell’uno per cento è ancora parte del 10 per cento più ricco. Questa continuità è favorita da famiglie stabili e da alti livelli di istruzione. Il gruppo tende a essere omogeneo anche perché i ricchi tendono a sposarsi tra loro: tra le coppie sposate che fanno parte dell’uno per cento, la percentuale di mariti o mogli che lavora nel settore legale o finanziario è in costante aumento e oggi è dell’8,8 per cento circa.

Per quanto riguarda le preferenze politiche, un sondaggio di Gallup ha trovato che la percentuale di repubblicani è più alta nell’uno per cento più ricco rispetto al restante 99 per cento (ma la differenza non è grandissima, 33 contro 28 per cento) ed è più bassa la percentuale di democratici (26 contro 33 per cento). Questo dato non è sorprendente, ma l’Economist sottolinea che i ricchi “come la gran parte degli elettori, hanno punti di vista eclettici, spesso dando il loro sostegno a posizioni liberali e conservatrici allo stesso tempo”. Per quanto possa suonare strano, molti sostengono il movimento di Occupy Wall Street, dato che la maggior parte di loro ha pur sempre fatto i soldi in settori diversi da quello finanziario, e tende a vedere la Borsa come un luogo diverso, distante e tendenzialmente contrario ai loro interessi.

Ma sicuramente tutti o quasi i più ricchi si interessano di politica. Secondo una ricerca della Northwestern University, la percentuale di chi vota è altissima, il 68 per cento fa donazioni per le campagne elettorali, quasi la metà è entrato in contatto con un membro del parlamento statunitense e un quinto ha aiutato attivamente a raccogliere fondi per un candidato. D’altra parte, per la prima volta nella storia degli Stati Uniti il candidato favorito alle primarie repubblicane, Mitt Romney, proviene dal mondo dell’alta finanza, dato che la sua fortuna personale (circa 200 milioni di dollari) viene per gran parte dal suo lavoro di manager per una delle più grandi società di private equity degli Stati Uniti.

foto: Justin Sullivan/Getty Images