Il governo non vuole che gli insegnanti vadano a un corso contro la militarizzazione
Era previsto per la giornata delle forze armate, ma secondo il ministero non ha più i requisiti per un riconoscimento ufficiale

La scorsa settimana il ministero dell’Istruzione e del Merito ha tolto dalla propria piattaforma dedicata alla formazione degli insegnanti il convegno “La scuola non si arruola” organizzato in contrasto e in alternativa al 4 novembre, riconosciuto nel 2024 dal governo di Giorgia Meloni come “Giornata dell’unità nazionale e delle forze armate”, che prevede una serie di attività anche nelle scuole. I docenti iscritti al corso online erano 1.200, ma il ministero guidato da Giuseppe Valditara ha motivato l’annullamento dicendo che l’iniziativa non è «coerente con le finalità di formazione professionale» dei docenti.
Per oggi, martedì 4 novembre, sono previste una quarantina di manifestazioni in tutta Italia, contro questa decisione e contro la diffusione del militarismo nelle scuole.
Il 4 novembre è l’anniversario dell’entrata in vigore, nel 1918, dell’armistizio di Villa Giusti firmato tra Italia e Impero austro-ungarico con il quale l’Italia ottenne anche di fatto l’annessione di Trento e Trieste al Regno d’Italia. In Italia l’armistizio viene fatto coincidere anche con la fine della Prima guerra mondiale, e con la celebrazione dei soldati morti in guerra. Sempre il 4 novembre, ma del 1921, fu seppellito infatti all’interno dell’Altare della Patria a Roma il milite ignoto, un soldato morto in battaglia senza segni di riconoscimento.
Già negli anni Sessanta e Settanta la giornata del 4 novembre fu oggetto di contestazioni e lotte politiche. Il 4 novembre del 1965, per esempio, i radicali Andrea e Lorenzo Strik Lievers distribuirono manifesti per il riconoscimento del diritto all’obiezione di coscienza e l’anno dopo furono arrestati. Nel 1971 due sacerdoti furono accusati di vilipendio delle forze armate per aver esposto un manifesto antimilitarista a Pinerolo, vicino a Torino, e nel 1975 Pietro Pinna, segretario del Movimento nonviolento, fu arrestato e condannato per un’affissione fatta il 4 novembre del 1972 in cui c’era scritto “Non festa ma lutto”.
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Con la legge numero 27 del primo marzo del 2024 il governo di Meloni ha istituito il 4 novembre come solennità civile, una delle tre categorie in cui sono suddivise le giornate e le festività nazionali. La legge modificava la denominazione con cui fino a quel momento era indicato il 4 novembre (cioè “Festa dell’unità nazionale”) in “Giornata dell’unità nazionale e delle forze armate” incoraggiando le istituzioni e gli istituti scolastici a promuovere e organizzare cerimonie o eventi «sui temi dell’Unità nazionale, della difesa della Patria, nonché sul ruolo delle forze armate nell’ordinamento della Repubblica».
Dopo l’approvazione della legge diversi movimenti, tra cui l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e dell’università, hanno ripreso le contestazioni degli anni Settanta, visto il contesto internazionale di guerre, progetti di riarmo e investimenti nella difesa. Questi movimenti definiscono il 4 novembre una giornata che porta avanti «una narrazione falsa che tace sulla violenza e le distruzioni della guerra, che marginalizza la cultura della pace e l’educazione improntata sulla risoluzione pacifica dei conflitti».
L’Osservatorio, insieme all’ente di formazione accreditato CESTES (Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali), aveva dunque invitato i docenti a disertare le iniziative legate alla giornata del 4 novembre, e a partecipare a un convegno dedicato invece all’educazione alla pace e al ruolo della scuola di fronte ai conflitti. A questo convegno era prevista la presenza di ricercatori che avrebbero parlato di Palestina.
Fino a pochi giorni fa l’incontro risultava regolarmente presente sulla piattaforma Sofia, realizzata dal ministero per la gestione dei corsi di formazione per insegnanti, mentre ora è stato cancellato dove era stato dunque inizialmente accreditato.
L’Osservatorio ha reagito dicendo che in pratica «il ministero sostiene che un corso che ha come oggetto la guerra, e parte dall’idea che l’educazione è sempre educazione alla pace e al rifiuto delle armi come soluzione dei conflitti, non è un oggetto di dibattito pedagogico, nonostante l’articolo 11 della Costituzione, per cui l’Italia ripudia la guerra». Contro il governo hanno preso posizione anche altre associazioni e sindacati, tra cui l’USB e la CGIL. Ma proprio alla CGIL Valditara ha risposto che il sindacato «scambia la formazione per un’occasione di indottrinamento contro il governo» e chiarendo che la decisione del ministero non vieta nulla: «Semplicemente non consente l’esonero dal servizio, e dunque a spese del contribuente, per chi volesse partecipare ad una iniziativa che non ha i requisiti per il suo riconoscimento ufficiale». La formazione per gli insegnanti è un diritto e prevede che a essa possano dedicare, con un permesso retribuito, 5 giorni all’anno.



