In Sardegna si protesta contro l’espansione di un’azienda di armi
È molto contraria anche la giunta regionale, e l'opposizione al progetto è aumentata da quando si è messa in mezzo una società israeliana

Nella regione del Sulcis, nel sud ovest della Sardegna, ci sono proteste contro la RWM, una società del gruppo tedesco di armi Rheinmetall che ha diversi stabilimenti in zona: qui produce esplosivi e munizioni, e tre settimane fa ha annunciato l’avvio della produzione di una nuova linea di droni in Sardegna in collaborazione con Uvision Air, società israeliana che a sua volta è specializzata in difesa.
Non si sa se di questi droni troverà il modo di usufruirne Israele (la società ha solo specificato che andranno a otto paesi europei, tra cui alcuni membri della Nato e altri no), ma l’annuncio della sola collaborazione con un’impresa israeliana ha rinvigorito un’opposizione all’azienda di armi, che sul territorio è da anni molto sentita per ragioni etiche e ambientali: tutto questo nonostante la zona sia molto povera e i posti di lavoro che l’azienda garantisce, 350, facciano molto comodo.
I manifestanti protestano da anni anche contro i piani di espansione dell’azienda, la quale vorrebbe aprire nuovi impianti che creerebbero ulteriori nuovi posti di lavoro. Sono in programma da tempo, ma hanno subìto diversi rallentamenti per via di alcuni procedimenti legali in corso e dell’aperta opposizione della giunta regionale di centrosinistra presieduta da Alessandra Todde, del Movimento 5 Stelle.

Lo striscione appeso sotto il palazzo della Regione Sardegna, a settembre (Campagna Stop RWM)
La Rheinmetall aprì in Sardegna nel 2010, quando comprò una vecchia fabbrica di esplosivi destinati all’industria mineraria. Nei diversi impianti sparsi tra i piccoli comuni di Domusnovas e Musei iniziò a produrre mine subacquee e munizioni. Oggi è una delle aziende in Italia che più forniscono armi all’Ucraina, e il governo la ritiene una delle più strategiche.
Ma non è sempre stato così: l’azienda rischiò molto quando il secondo governo di Giuseppe Conte nel 2021 decise di bloccare le licenze per le esportazioni di armi verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, tra i maggiori clienti di RWM ma accusati dall’Onu di possibili crimini di guerra per i bombardamenti sui civili nello Yemen. Poi la guerra in Ucraina ne ha cambiato le sorti, ora i suoi stabilimenti lavorano a pieno ritmo, ma fa fatica ad aumentare la produzione a causa di un contenzioso legale di lunga data.
Nel 2018 ottenne l’autorizzazione per costruire nuovi stabilimenti nella zona di Iglesias. Il piano industriale prevedeva che ci lavorassero 250 persone, tutte di nuova assunzione. Questi impianti sono stati costruiti ma non sono mai entrati in funzione, perché le fecero causa le associazioni ambientaliste e pacifiste, molto radicate sul territorio e da sempre critiche verso RWM.
La causa poggiava sull’ipotesi che il progetto fosse stato approvato velocemente e senza valutazioni approfondite perché l’azienda non l’aveva presentato come un grande progetto unitario, ma con proposte più piccole proprio allo scopo di ottenere un’approvazione accelerata, con la complicità delle amministrazioni locali.

Uno striscione appeso a Cagliari nel 2019 (Dal profilo Instagram del gruppo di associazioni A Foras)
Nel 2021 il Consiglio di Stato, il tribunale di ultimo grado della giustizia amministrativa, ha ordinato una relazione completa sull’impatto ambientale dell’ampliamento. La relazione è arrivata ad aprile di quest’anno, e nel frattempo l’azienda si era rivolta al Tribunale regionale amministrativo (TAR) per lamentarsi dei ritardi della Regione. Il TAR le ha dato ragione, ma la giunta di Todde ha comunque deciso di non approvare per il momento la relazione ambientale e di chiedere anche nuovi approfondimenti a integrazione.
Questo sta allungando ulteriormente i tempi e generando un notevole attrito tra l’amministrazione locale e l’azienda, che accusa la giunta di Todde di allungare i tempi per non trovarsi nell’imbarazzo politico di dovere dare l’approvazione finale a un piano per espandere la produzione di armi.
Il Movimento 5 Stelle, il partito di Todde, ha infatti posizioni molto contrarie al riarmo europeo, il grande piano della Commissione europea che prevede una spesa fino a 800 miliardi di euro per l’espansione dell’industria della difesa, in un contesto in cui la guerra in Ucraina è ancora in corso e la protezione militare garantita per decenni dagli Stati Uniti sembra essere messa in dubbio. Il partito si oppone anche all’aumento della spesa militare italiana per sostenere i progetti della Nato.
La giunta di Todde sta subendo molte pressioni affinché approvi infine il progetto. Dai suoi alleati di governo in Sardegna ma anche dal governo nazionale, il quale spinge molto sul potenziamento dell’industria italiana della difesa, che non tiene il passo degli ordini che le arrivano in questi anni di guerre.
Nelle proteste in corso in questi giorni si è parlato spesso di «paradosso», sia da parte di chi vorrebbe i nuovi impianti sia da parte di chi è contrario. Perché da una parte i sostenitori dicono che una regione povera come quella del Sulcis non può permettersi di rifiutare progetti industriali dove ci sono alte potenzialità di avere molte commesse, seppur relativi alle armi. Dall’altra i contrari dicono invece che quei lavoratori potrebbero servire ad altro. «Basta morte, basta bombe. Quelli sono posti di lavoro “malati”. L’occupazione deve dare vita», ha detto alla Stampa Angelo Cremone, dell’associazione Sardegna Pulita.
Degli impianti sardi di RWM si parlò molto anche nel 2017. Un’inchiesta del New York Times mostrò i grandi affari che faceva l’azienda vendendo bombe all’Arabia Saudita, che stando alle ricostruzioni del giornale usava le bombe prodotte negli stabilimenti sardi contro i civili nella guerra in Yemen.
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