Geert Wilders c’era ma non si vedeva
Nei Paesi Bassi il leader dell’estrema destra ha monopolizzato la campagna per le elezioni di oggi, pur partecipando poco, e potrebbe vincere di nuovo

Nei Paesi Bassi il leader dell’estrema destra Geert Wilders è stato onnipresente nella campagna per le elezioni anticipate di mercoledì, nonostante lui se ne sia tenuto volutamente alla larga. Ha saltato vari dibattiti televisivi e radiofonici e ha partecipato raramente agli eventi pubblici, preferendo invece i post propagandistici sui social, tanto che alcuni media lo hanno paragonato a un candidato fantasma. È una tattica politica precisa per Wilders, che è stato la causa delle elezioni anticipate.
Mercoledì si vota per rinnovare tutti i 150 seggi della Camera dei rappresentanti, la camera bassa del parlamento nederlandese (quella alta, il Senato, ha 75 seggi). A giugno Wilders aveva fatto cadere il governo ritirando il suo Partito per la Libertà (PVV) dalla coalizione di quattro partiti che si era formata dopo le elezioni del 2023, vinte da lui. Wilders aveva usato come pretesto l’approvazione di un piano in 10 punti con misure estremiste sull’immigrazione, ma il suo obiettivo era forzare una crisi, sfilarsi da un governo debole e recuperare consensi.
Fin dall’inizio il governo era stato atipico e limitato dalle divergenze tra i partiti di destra che lo componevano: oltre a quello di Wilders c’erano il Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD), il Movimento dei contadini e dei cittadini (BBB) e il Nuovo Contratto Sociale (NSC). I loro leader avevano rinunciato a farne parte e come primo ministro era stata scelta una figura esterna ai partiti, l’ex capo dei servizi segreti Dick Schoof.
Secondo i sondaggi, durante la campagna elettorale tutti questi quattro partiti hanno perso consensi, anche se il Partito per la Libertà di Wilders resta di poco in vantaggio, con circa il 17 per cento. Il principale partito di opposizione, la coalizione tra Sinistra verde e Laburisti (GL-PvdA), ha più o meno conservato i consensi che aveva alle scorse elezioni, mentre le intenzioni di voto indicano una netta ripresa di due partiti moderati che negli ultimi anni erano stati piuttosto marginali: i Democratici 66 (D66), di centrosinistra, e Appello Cristiano Democratico (CDA), di centrodestra.

Cartelloni elettorali all’Aia, il 7 ottobre (Robin Utrecht/ABACAPRESS.COM)
L’assenza di Wilders dalla campagna elettorale è stata uno dei temi con cui gli altri leader si sono dovuti confrontare. Già in passato Wilders centellinava gli eventi in pubblico: dal 2004 vive sotto scorta ed è sottoposto a misure di sicurezza eccezionali per le minacce di morte ricevute per le sue posizioni politiche islamofobe. In questa campagna però ha saltato anche diverse ospitate in tv e sui media: ha ripreso solo negli ultimi giorni, anche per via di un calo nei sondaggi.
Wilders ha giustificato l’assenza con un episodio concreto. Due settimane fa l’agenzia antiterrorismo nederlandese l’ha informato che era tra i possibili bersagli delle tre persone arrestate in Belgio con l’accusa di pianificare un attentato islamista contro il primo ministro del paese, Bart De Wever. Wilders allora aveva sospeso per alcuni giorni la campagna.
Da lì in poi ha saltato vari dibattiti e rifiutato molte interviste citando ragioni di sicurezza, nonostante le contromisure prese dagli organizzatori. La sua sedia vuota è diventata una specie di simbolo. Wilders ha strumentalizzato la cosa, per esempio pubblicando una foto mentre si cambia prima di un evento e mostra di avere addosso un giubbotto antiproiettile (che indossa regolarmente).
Wilders ha sostenuto che i dibattiti sui media siano troppi ma si è compiaciuto, sui social, che parlino di lui pure a quelli a cui non va. È vero: è stato di gran lunga il politico di cui si è parlato di più in tv nonostante ci sia apparso la metà degli altri leader, e lo stesso è valso per il suo partito. Secondo i media locali questa tattica serve anche a sottrarsi al contraddittorio ed evitare le domande dei giornalisti.

I leader dei principali partiti spostano pupazzetti con le loro fattezze durante una trasmissione, per dire se governerebbero o meno insieme agli altri, il 25 ottobre. Da sinistra Frans Timmermans, Henri Bontenbal, Rob Jetten, Geert Wilders e Dilan Yeşilgöz (EPA/REMKO DE WAAL)
Al di là della sua assenza, di Wilders e del Partito per la Libertà si discuteva già parecchio per la loro decisione di far cadere il governo. È notevole che la ragione per cui i leader della vecchia coalizione sostengono di non volersi più alleare con lui è che lo considerano inaffidabile e irresponsabile, e non tanto per le sue proposte estreme e a lungo isolate nella politica nederlandese.
Vari partiti, anche per effetto del successo di Wilders, si sono spostati a destra e il governo di Schoof ha portato avanti alcune misure chieste dal Partito per la Libertà anche dopo il suo ritiro. Persino il leader della coalizione tra Laburisti e Sinistra Verde, l’ex commissario europeo Frans Timmermans, ha inasprito le proposte del partito sui limiti all’immigrazione, ha parlato di un «problema dei rifugiati» e ha partecipato a uno dei talk show preferiti dagli elettori di destra.
Il recupero dei partiti centristi Democratici 66 e Appello Cristiano Democratico si deve anche alla scelta di non aver voluto inseguire Wilders sul suo terreno, a differenza degli altri, di non aver governato con lui, e soprattutto di aver mantenuto una comunicazione più positiva e meno polarizzante.
Il leader di Appello Cristiano Democratico, Henri Bontenbal, è visto in particolare come una sorta di “anti Wilders” e il suo stile rassicurante è considerato una delle ragioni che hanno permesso al partito di riprendersi dopo una lunga crisi. Il partito potrebbe essere il perno del prossimo governo, a seconda che scelga di dialogare con le liste progressiste o con la destra. Ha beneficiato anche dell’implosione del Nuovo Contratto Sociale, che era nato da una sua scissione, in un contesto dove l’elettorato tende a spostarsi all’interno della stessa area politica.

Il leader di CDA, Henri Bontenbal, distribuisce panini con la salsiccia durante un evento elettorale, a S-Hertogenbosch, il 25 ottobre (EPA/ROBIN UTRECHT)
C’è infine anche una destra, per così dire, intermedia tra il Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (quello dell’ex primo ministro Mark Rutte) e quella di Wilders: il partito JA21, di cui ci si aspetta un aumento dei seggi. Ce n’è anche una più estrema, da cui per il momento Wilders si è tenuto più o meno distante: fa riferimento alla giovane attivista Els Noort, che a fine settembre ha organizzato una protesta durante la quale è stata attaccata la sede di D66 all’Aia.
Fare previsioni sulla composizione del nuovo governo è difficile, anche perché storicamente la camera bassa nederlandese è assai frammentata. Dipende anche da una legge elettorale proporzionale con una soglia di sbarramento bassissima, dello 0,67 per cento, che di solito permette di entrare in parlamento a una quindicina di partiti, inclusi quelli molto piccoli (per questo la riga “Altri” del grafico più in alto è così grossa).
Il tema più sentito dagli elettori durante la campagna elettorale è stata la crisi abitativa, e ogni partito ha cercato di distinguersi proponendo soluzioni: una di quelle di Wilders è trasformare un complesso di edifici dei media pubblici in un quartiere residenziale. Anche l’immigrazione è una preoccupazione condivisa da molti elettori, nonostante il numero di richieste d’asilo sia diminuito tra il 2023 e il 2024 (i Paesi Bassi sono quattordicesimi sui 27 stati dell’Unione Europea per numero di richieste in rapporto alla popolazione).
– Leggi anche: Il partito nei Paesi Bassi che non vuole candidare le donne in parlamento



