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  • Giovedì 23 novembre 2023

Il leader di estrema destra che ha vinto a sorpresa nei Paesi Bassi

Geert Wilders è una vecchia conoscenza della politica olandese ed europea: ora potrebbe diventare primo ministro

Geert Wilders (Dan Kitwood / Getty Images)
Geert Wilders (Dan Kitwood / Getty Images)

Mercoledì 22 novembre si sono tenute le elezioni parlamentari nei Paesi Bassi e il partito più votato è stato a sorpresa il Partito per la Libertà (PVV), di estrema destra: ha ottenuto oltre il 23 per cento dei voti, quasi il dieci per cento in più di quanto indicavano i sondaggi della vigilia. Il suo leader è una vecchia conoscenza della politica olandese ed europea: si chiama Geert Wilders, ha 60 anni, di cui almeno trenta passati in politica, ed è noto ormai da anni per le sue posizioni radicali nei confronti di Islam e immigrazione, fra le più estreme in Europa fatta eccezione per i gruppi apertamente neofascisti o neonazisti.

Geert Wilders è un politico molto diverso da Mark Rutte, il primo ministro di centrodestra che ha guidato i governi olandesi negli ultimi tredici anni e che qualche settimana fa ha annunciato il suo ritiro dalla politica attiva. Rutte era un politico conservatore ma era sostanzialmente europeista e aveva posizioni progressiste sui diritti civili e il cambiamento climatico. Wilders ha posizioni molto più conservatrici su tutti questi temi, e apertamente illiberali su altri. La sua vittoria insomma potrebbe rappresentare un cambiamento importante per la politica dei Paesi Bassi.

Non è ancora chiaro se Wilders riuscirà a formare un governo e diventare primo ministro, dato che quasi tutti gli altri partiti già in campagna elettorale avevano detto di non volersi alleare con lui. Di certo però grazie al risultato elettorale Wilders ha riguadagnato una centralità che negli ultimi anni aveva sostanzialmente perso.

Wilders si presenta come un leader anti-establishment e ostile ai politici di professione, ma oltre ad essere il terzo deputato per anzianità parlamentare è considerato uno dei politici più esperti e scaltri di tutto il paese. Nei Paesi Bassi è famoso per le sue dichiarazioni provocatorie e per il suo linguaggio aggressivo sui social media, per cui è stato spesso paragonato all’ex presidente statunitense Donald Trump. Ma il suo pensiero politico non è sempre stato così estremo e anzi ha avuto una lunga evoluzione, secondo alcuni caratterizzata spesso da opportunismo e dal suo desiderio di occupare costantemente la scena politica. Da un punto di vista estetico invece a caratterizzarlo sono i suoi lunghi capelli ossigenati (la sua tinta naturale è un castano scuro: come quello di sua madre, che ha origini indonesiane).

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La carriera politica di Wilders è iniziata nel 1990, all’interno del Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia, lo stesso di Rutte. Tra il 1990 e il 1998, Wilders ha lavorato come assistente di Frits Bolkestein, un importante politico olandese e uno dei primi a mettere in discussione la tradizione olandese di apertura all’immigrazione e al multiculturalismo. Nel 2017 Bolkestein definì Wilders il suo «apprendista stregone»: una persona che si era formata sotto di lui ma che poi aveva sposato posizioni sempre più estreme.

All’inizio degli anni Duemila Wilders lasciò il partito, considerandolo troppo moderato, e nel 2004 fondò il Partito della Libertà. Due anni dopo si presentò alle elezioni del 2006 come un liberale di destra con una forte posizione contro l’estremismo islamico. Disse che il suo politico ideale era la prima ministra britannica Margaret Thatcher e che non era interessato ad avvicinarsi agli altri politici europei di destra radicale, come ad esempio la francese Marine Le Pen, un aspetto su cui ha cambiato opinione negli anni successivi. Ma gli aspetti economici sono sempre stati secondari nella sua piattaforma politica: a definirlo sono state da subito le sue posizioni islamofobe.

Ormai da anni nei Paesi Bassi è in corso un dibattito sull’integrazione dei molti migranti musulmani arrivati dal Medio Oriente. In alcune sacche della società olandese la diffidenza nei confronti degli stranieri che provengono da certe zone del mondo è ancora un fenomeno piuttosto diffuso. Wilders cerca da anni di sfruttare questi timori. Anni fa dichiarò che il suo disprezzo per l’Islam è stato alimentato dall’assassinio del regista Theo van Gogh, noto soprattutto per le sue posizioni molto critiche sull’Islam, e dal periodo trascorso in Israele in un kibbutz. Negli anni successivi all’attentato alle Torri Gemelle nel 2001 sostenne la necessità di vietare la circolazione del Corano, che paragonò al Mein Kampf di Adolf Hitler. La sua retorica non si è attenuata col passare del tempo: il suo partito chiede da anni la chiusura di tutte le moschee olandesi e il divieto di ingresso nel paese ai musulmani, misure intolleranti e illegali per la legge olandese ed europea.

A causa di queste posizioni estreme e della sua abilità a farle circolare, nella sua carriera Wilders ha ricevuto numerose minacce di morte, alcune giudicate credibili dalla polizia: nel 2010 fu inserito nella lista degli obiettivi principali del gruppo terroristico islamista al Qaida, che l’ha ribadito nel 2020. Da anni vive con una scorta di almeno sei agenti di polizia in borghese. Per i suoi discorsi Wilders è stato anche processato due volte per incitamento alla violenza e all’odio: per la prima accusa è stato assolto nel 2011, per la seconda è stato condannato nel 2016.

Geert Wilders con la politica francese Marine Le Pen, al tempo leader del partito di estrema destra Rassemblement National, nel 2019 a un raduno dei leader di estrema destra a Praga, a cui partecipò anche la Lega (Gabriel Kuchta / Getty Images)

La sua retorica radicale è considerata da molti un tentativo di alzare continuamente l’asticella del dibattito pubblico allo scopo di rimanere sempre al centro della scena politica, obiettivo che ha quasi sempre dato i suoi risultati.

Alle elezioni del 2006, le prime a cui partecipò il Partito per la Libertà, prese il 5 per cento dei voti. Quattro anni dopo triplicò il risultato, ottenendo il 15 per cento. Dopo aver fatto cadere il primo governo Rutte togliendogli l’appoggio esterno, alle elezioni anticipate del 2012 Wilders aggiunse al suo programma di campagna elettorale l’euroscetticismo, promettendo che se avesse vinto avrebbe fatto uscire i Paesi Bassi dall’euro e dall’Unione Europea. Il partito però prese circa mezzo milione di voti in meno rispetto alle elezioni precedenti e molti imputarono questa sconfitta proprio alle sue proposte in materia europea. Da allora fino al 2023 i Paesi Bassi sono stati governati da coalizioni guidate da Rutte, che ha sempre escluso Wilders da queste alleanze per via delle sue posizioni estremiste, nonostante il PVV fosse sempre il secondo o il terzo partito alla camera bassa per numero di seggi.

Ultimamente Wilders sembrava anche aver perso quelle intuizioni che lo avevano reso un protagonista della politica olandese: alle elezioni europee del 2019 il suo partito raccolse soltanto il 3,5 per cento dei voti, arrivando decimo.

Secondo la politologa dell’Università di Amsterdam Sarah de Lange, intervistata da Politico, la vittoria di Wilders alle elezioni del 2023 sembra sia stata determinata dal fatto che la campagna elettorale ha avuto come punto centrale l’immigrazione, un tema su cui Wilders investe da anni, su cui diversi partiti centristi e di centrodestra hanno promosso posizioni radicali.

De Lange sostiene che così facendo i partiti tradizionali abbiano «legittimato Wilders» e che «gli elettori potrebbero aver pensato che convenisse votare per l’originale, piuttosto che per la copia». Secondo un recente sondaggio del quotidiano Algemeen Dagblad, la riduzione dell’immigrazione era il tema più importante per gli elettori olandesi, seguita dal potere d’acquisto e dal funzionamento del sistema sanitario. Quest’estate l’ultimo governo Rutte era caduto proprio perché non era riuscito a mettersi d’accordo su una legge per regolare l’immigrazione. Nel 2022 i Paesi Bassi hanno ricevuto 37.020 richieste d’asilo, il numero più alto dal 2015: sono 2,1 ogni mille abitanti, l’Italia ne ha ricevute 1,4.

Infatti, tutti i principali candidati di centro e di destra avevano inserito nel loro programma dei punti sulla riduzione degli ingressi di migranti con un permesso lavorativo, di richiedenti asilo e delle quote per i ricongiungimenti famigliari.

Nel programma del Partito per la Libertà si trovano molte proposte radicali sull’immigrazione, di cui parecchie irrealizzabili concretamente oppure potenzialmente illegali. Fra queste ci sono la chiusura totale dei confini dei Paesi Bassi per le persone extracomunitarie, inclusi i richiedenti asilo, e l’introduzione di visti lavorativi per i cittadini di alcuni paesi europei.

Durante la campagna elettorale Wilders aveva comunque cercato di smorzare alcune delle sue proposte più radicali, specialmente riguardo all’Islam, provando a descriversi come un leader con posizioni nette ma non estreme.

Mercoledì sera, dopo l’arrivo dei risultati a cui lui stesso stentava a credere, Wilders è stato ancora più esplicito sulle sue intenzioni, forse intuendo che per poter diventare primo ministro avrà bisogno del sostegno di diversi altri partiti. Riferendosi a quello che aveva detto di lui il candidato di centro Pieter Omtzigt in campagna elettorale, Wilders ha detto: «capisco molto bene che gli altri partiti non vogliano governare con un partito che vuole misure incostituzionali» e per questo «non parleremo [del divieto] di moschee, corani e scuole islamiche».

Un tema dove però Wilders non sembra aver intenzione di ritrattare è il suo antieuropeismo e la sua proposta di un referendum per uscire dall’Unione Europea, chiamata Nexit (Nederland + exit). Nonostante secondo i sondaggi sia improbabile che gli olandesi decidano di lasciare l’Unione, i Paesi Bassi hanno sempre sostenuto che le istituzioni europee dovessero adottare una politica più rigida sulla migrazione e più rigorosa sui conti pubblici.

Una sua ipotetica elezione a primo ministro potrebbe comunque incidere sull’approccio europeo non solo su temi come l’immigrazione ma anche sull’invio di nuovi armi in Ucraina, a cui Wilders è contrario, e sui programmi per contrastare il cambiamento climatico, che lui spesso paragona a una forma di tirannia. Wilders dovrebbe comunque lavorare parecchio per formare delle alleanze con gli altri leader. In passato ha attaccato parecchi paesi e governi, soprattutto del Sud Europa, accusandoli di eccessiva dipendenza dai soldi dell’Unione Europea.

Nel 2020 per esempio partecipò a una manifestazione contro il Recovery Fund, il serbatoio di fondi dell’Unione Europea per contrastare la crisi economica innescata dalla pandemia. Alla manifestazione Wilders espose un cartello che chiedeva di non dare «neanche un centesimo all’Italia». Alcuni leader italiani di estrema destra però hanno continuato a intrattenere rapporti con Wilders: il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini si è congratulato con lui per la sua vittoria ed è previsto che il 3 dicembre terranno un comizio a Firenze insieme a Marine Le Pen.

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Per formare un governo Wilders avrebbe bisogno dell’appoggio di 76 deputati su 150 della Camera. Il suo partito ne controlla 37. Omtzigt, che sembrava il favorito ma è arrivato quarto, sembra avere aperto alla formazione di una coalizione con Wilders, ma al momento nessun altro sembra avere preso posizioni simili. Tutti insieme, inoltre, i partiti di centrodestra, centro e centrosinistra avrebbero largamente i numeri per formare una maggioranza senza Wilders: molto dipenderà dalle trattative che inizieranno nei prossimi giorni.