La Turchia se l’è presa con una band femminile
Dopo un'esibizione le Manifest sono state accusate di atti osceni e di offese alla morale, e non è un caso isolato

La procura di Istanbul, in Turchia, sta indagando sulle Manifest, una popolare band pop turca formata da sei ragazze: sono accusate di «esibizionismo» e «atti indecenti e immorali» per via di un concerto che hanno fatto in città lo scorso 6 settembre. La procura ha chiesto una pena che va dai sei mesi a un anno di carcere. Le componenti del gruppo hanno dovuto consegnare i passaporti e al momento non possono lasciare il paese.
Le Manifest sono un gruppo femminile pop che canta canzoni leggere e fa ampio uso di coreografie e balli. In passato ce ne sono stati altri di simili (le più famose, le Hepsi, erano attive vent’anni fa), ma oggi sono un gruppo un po’ insolito per la Turchia. Sono diventate famose nei primi mesi del 2025 dopo aver vinto Big5 Türkiye, un talent show trasmesso su YouTube che aveva proprio lo scopo di creare una band femminile pop.
I testi delle canzoni delle Manifest non sono politici o impegnati in senso stretto: parlano per lo più di amore e relazioni personali, ma anche dell’accettazione di sé. Nonostante questo il gruppo trasmette un forte senso di solidarietà femminile, di emancipazione e di libertà, specialmente per le persone più giovani. La giornalista turca Eda Uysen dice che nella scena musicale turca «un gruppo come le Manifest mancava da decenni».
Una delle canzoni più popolari delle Manifest, Zamansızdık (che nel contesto della canzone significa, più o meno, “Eravamo eterni”), parla della fine di una relazione e di trovare la forza di andare avanti.
Dal 2003 il politico più influente della Turchia è Recep Tayyip Erdoğan, che governa in modo sempre più autoritario: in oltre vent’anni ha aumentato progressivamente la repressione della stampa e delle opposizioni, e in generale è un politico nazionalista che sta cercando di rendere la Turchia un paese più conservatore. Allo stesso tempo però la Turchia ha una lunga tradizione secolare e la sua scena musicale è rimasta, semplificando, “moderna” e simile a quella di molti paesi occidentali.
Nonostante le Manifest indossino spesso abiti succinti, e nonostante le loro coreografie contengano anche mosse sensuali, almeno inizialmente questo non era stato un grosso problema e non aveva attirato particolari attenzioni. Il concerto per cui sono indagate, almeno a giudicare dai video diffusi sui social, è stato una normale esibizione pop, anche se il gruppo lo aveva presentato come un evento «vietato ai minori di 18 anni» e le artiste avevano indossato abiti un po’ più sexy del solito.
Oltre a essere state poste sotto indagine, le Manifest sono state anche criticate da esponenti importanti del partito di Erdoğan, il Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP). Oktay Saral, un collaboratore stretto del presidente, ha diffuso su X un messaggio molto aggressivo, condividendo un’immagine del gruppo completamente censurata, a eccezione dei visi delle artiste, paragonandole a «creature demoniache» e dicendo che occorre occuparsene in modo che non possano più avere «atteggiamenti esibizionisti». Le Manifest hanno cancellato tutte le date del tour.
Visto che durante il concerto non è accaduto niente di anomalo, e dal momento che gli spettacoli delle Manifest non sono così diversi da quelli di altre artiste e artisti, non è chiaro perché le autorità abbiano deciso di denunciare proprio loro e proprio adesso.
Una possibile ragione è che alcune coreografie e alcune canzoni del gruppo negli ultimi mesi sono state usate sui social network per criticare il governo. In particolare, molti hanno iniziato a scandire le parole «Hak hukuk adalet» (diritto, legge e giustizia) sulla base di un loro famoso brano, Arıyo (il titolo, tradotto, significa più o meno “chiamando”). Alcuni video mostrano che questo è successo anche durante il loro concerto di settembre. La denuncia e le critiche fatte da politici vicino al governo, comunque, si riferiscono solo al loro presunto esibizionismo.
Un remix di Arıyo su cui è stato mixato il coro «Hak hukuk adalet» (che nell’originale, ovviamente, non c’è).
Le accuse contro le Manifest non sono isolate. Da qualche tempo il governo ha iniziato ad attaccare artisti che considera ostili, attraverso campagne di diffamazione o intimidendoli con controlli antidroga. A settembre un cantante pop queer, Mabel Matiz, era stato arrestato con l’accusa di avere pubblicato contenuti ritenuti osceni, a causa del testo di una sua canzone: rischia fino a tre anni di carcere. Nel 2023 un festival musicale a Bursa, qualche decina di chilometri a sud di Istanbul, era stato cancellato per via del divieto di campeggiare e di vendere alcolici imposto dal governatore locale.
Al di là del mondo dell’arte, il governo turco sta reprimendo duramente anche i dissidenti e l’opposizione politica. Nel corso dell’ultimo anno centinaia di politici che appartengono al principale partito di opposizione, il Partito popolare repubblicano (CHP), sono stati arrestati, spesso con l’accusa di corruzione. Tra questi c’è anche Ekrem Imamoğlu, che era sindaco di Istanbul ed era considerato il principale oppositore di Erdoğan: l’arresto è stato largamente interpretato come un modo per impedirgli di presentarsi alle prossime elezioni presidenziali, previste per il 2028.



