C’è un grosso caso di presunto spionaggio nella Commissione Europea
Agenti ungheresi sotto copertura avrebbero provato a monitorarne per anni tutte le attività, a un certo punto quasi «alla luce del sole»

Da qualche settimana vari europarlamentari e attivisti stanno chiedendo spiegazioni alla Commissione Europea su un grosso caso di presunto spionaggio messo in atto dall’Ungheria. Secondo un’inchiesta giornalistica fatta in collaborazione tra vari giornali europei, fra il 2012 e il 2018 un gruppo di agenti segreti ungheresi avrebbe cercato di reclutare come spie dei funzionari dell’Unione Europea, e in particolare quelli che lavoravano per la Commissione.
Secondo l’inchiesta gli agenti lavoravano sotto copertura nell’ufficio di Olivér Várhelyi, che al tempo era l’ambasciatore ungherese all’Unione Europea. Várhelyi è poi diventato commissario all’Allargamento nel primo mandato della presidente Ursula von der Leyen (2019-2024) e ora è commissario alla Salute. È noto per essere molto vicino al primo ministro ungherese Viktor Orbán, che governa dal 2010 in modo sempre più autoritario.
Dopo la pubblicazione delle inchieste von der Leyen ha detto che la Commissione aprirà un’indagine, ma che non sospenderà Várhelyi. Lui nega di essere a conoscenza di questa presunta rete di spionaggio.
Secondo quanto riferito nell’inchiesta, la rete era formata da agenti dell’agenzia di intelligence estera dell’Ungheria, la Információs Hivatal. Il loro compito era quello di raccogliere informazioni e assicurarsi che Orbán ricevesse un preavviso su qualsiasi misura in lavorazione all’interno dell’Unione Europea che avrebbe potuto nuocergli.
In quegli anni la Commissione Europea e Orbán avevano iniziato a scontrarsi su temi come il deterioramento della libertà di stampa e dello Stato di diritto in Ungheria, ancora oggi centrali nelle loro relazioni: per via dell’autoritarismo di Orbán l’Ungheria è stata sottoposta a diverse procedure d’infrazione, e alcuni fondi europei destinati al paese sono stati sospesi.

Viktor Orbán ascolta Ursula von der Leyen durante una seduta plenaria del Parlamento Europeo a ottobre del 2024 (ANSA/Philipp von Ditfurth//dpa)
«Ogni cittadino ungherese che lavorava alla Commissione e che aveva un potenziale valore dal punto di vista dell’intelligence era considerato un obiettivo di reclutamento e veniva profilato», ha detto al sito di giornalismo investigativo ungherese Direkt36 (partner dell’inchiesta) una fonte anonima ben informata sul funzionamento dell’agenzia di intelligence ungherese. Questo significa che i cittadini ungheresi impiegati alla Commissione venivano studiati e fra loro venivano selezionati quelli che sembravano più adatti a essere avvicinati dagli agenti sotto copertura a Bruxelles. Dopo un periodo di prova, gli agenti proponevano ai funzionari di entrare ufficialmente a far parte dell’agenzia in qualità di agenti sotto copertura e da quel momento in poi gli incontri con chi accettava di essere reclutato si svolgevano in Ungheria.
I giornalisti che hanno lavorato all’inchiesta hanno parlato con varie persone, rimaste anonime, che dicono di essere state avvicinate dagli agenti segreti ungheresi. Hanno detto di aver dato agli agenti alcune informazioni sulle attività della Commissione, ma di aver rifiutato di essere reclutate ufficialmente dai servizi segreti e di aver interrotto in quel momento il loro rapporto con queste persone. Hanno detto che gli agenti avevano provato a convincerli offrendo loro del denaro o delle opportunità di avanzamento di carriera, o appellandosi a un senso di patriottismo.
Le operazioni della rete sarebbero terminate nel 2018 a causa del comportamento improprio dell’agente segreto a capo della missione, identificato nell’inchiesta come “V.”. Secondo quanto riferito ai giornali da diverse fonti, nell’ultimo anno le richieste provenienti dal governo ungherese erano aumentate molto, e così anche le pressioni per ottenere dei risultati in tempi molto stretti.
Per questo motivo V. avrebbe ordinato ai suoi agenti di espandere più velocemente la loro rete e iniziato a violare diversi protocolli di sicurezza: per esempio, avrebbe iniziato a usare canali di comunicazione non criptati e a reclutare persone quasi «alla luce del sole». Questo ha attirato l’attenzione dei servizi di intelligence dell’Unione Europea e ha avuto come conseguenza lo smantellamento dell’operazione.

Ursula von der Leyen al termine di una conferenza sul futuro dell’Ungheria nell’Unione Europea a Budapest, l’8 novembre 2024 (AP Photo/Denes Erdos)
Secondo diversi funzionari europei rimasti anonimi con cui ha parlato Politico, l’esistenza di una rete di agenti segreti ungheresi all’interno delle istituzioni europee era una specie di «segreto di Pulcinella» a Bruxelles. Hanno anche sostenuto che alcune persone che erano state avvicinate dagli agenti avrebbero poi posto la questione alla Commissione Europea, senza che però venissero presi dei provvedimenti. La Commissione aveva risposto a queste voci dicendo che avrebbe indagato.
Nel caso in cui venissero trovate prove del coinvolgimento di Várhelyi nell’operazione, l’Unione Europea avrebbe diversi modi per rimuoverlo, ma nessuno è immediato. Ha questo potere la Corte di giustizia dell’Unione Europea, che può decidere di destituire un commissario che «non soddisfa più le condizioni richieste per l’esercizio delle sue funzioni o ha commesso una grave mancanza». La procedura però può essere aperta solo su richiesta della Commissione Europea o del Consiglio dell’Unione Europea, che rappresenta i governi dei 27 paesi membri.
Un secondo metodo è che chieda la sua rimozione il o la presidente della Commissione Europea, quindi in questo caso von der Leyen, che però al momento ha escluso questa possibilità. Diverse persone che hanno parlato con Politico hanno anche detto che durante le trattative per comporre l’attuale Commissione, nel settembre del 2024, von der Leyen aveva fatto pressione sugli europarlamentari affinché accettassero la nomina di Várhelyi, cosa che rende questa possibilità ancora meno probabile.
La terza opzione è che il Parlamento Europeo voti una mozione di sfiducia all’intera Commissione Europea, una cosa che non è mai successa perché richiede una maggioranza di due terzi. In questo momento inoltre per passare la mozione avrebbe bisogno di diversi voti del gruppo politico di von der Leyen, il Partito Popolare Europeo.



