La liberazione degli ostaggi israeliani e dei prigionieri palestinesi
I primi sono arrivati in Israele, i secondi sono stati portati nella Striscia e in Cisgiordania: ci sono state grandi celebrazioni

altre
foto
Lunedì mattina si è concluso il rilascio dei venti ostaggi israeliani ancora vivi detenuti da Hamas nella Striscia di Gaza, a cui è seguito quello di circa 2mila prigionieri palestinesi detenuti nelle prigioni israeliane. Lo scambio era stato concordato con la prima fase dell’accordo di pace promosso da Trump e accettato sia da Israele che da Hamas la scorsa settimana. È proseguito tutto senza particolari intoppi, le operazioni più lunghe sono state quelle per completare la liberazione di tutti i 1.968 prigionieri palestinesi.
Fin dalle prime ore di lunedì mattina migliaia di persone si sono riunite in centro a Tel Aviv per seguire su un maxischermo e poi celebrare la liberazione degli ostaggi. Il ritrovo è stato nella cosiddetta piazza degli Ostaggi, ovvero la piazza pubblica davanti al Museo d’arte della città, che in questi anni è diventata il luogo di numerose veglie, proteste e mobilitazioni per chiedere la liberazione delle persone tenute in ostaggio da Hamas: tra le altre cose c’erano molti cartelli in cui veniva ringraziato il presidente statunitense Donald Trump, che ha promosso l’accordo di pace e che in generale lunedì è stato accolto in Israele con grande solennità ed entusiasmo.
Allo stesso tempo sono iniziati i preparativi per la liberazione dei prigionieri palestinesi, arrestati in molti casi per ragioni politiche: nelle vicinanze dell’ospedale Nasser a Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, è stato allestito un centro con centinaia di sedie per riceverli, e molti palestinesi hanno atteso l’arrivo dei familiari liberati a Ramallah, in Cisgiordania.

Una donna col cartellone “Trump’s List”, che richiama la Schindler’s List di Oskar Schlinder, a Tel Aviv (AP Photo/Oded Balilty)
Prima sono stati liberati tutti gli ostaggi israeliani. Un primo gruppo di sette è stato consegnato all’esercito israeliano intorno alle 8:30 italiane nel nord della Striscia.
Erano tutti uomini rapiti nei kibbutz, in strutture militari o al festival musicale Nova durante l’attacco del 7 ottobre. Prima sono stati consegnati da Hamas a rappresentanti della Croce Rossa Internazionale, poi sono stati portati in territorio israeliano. Qui sono stati accolti da alcuni soldati israeliani e portati in una base militare per un primo controllo medico. Solo in seguito hanno potuto incontrare i loro familiari.
Poco prima che i primi ostaggi fossero effettivamente liberati, alcuni di loro hanno potuto parlare con le famiglie tramite videochiamata.
In generale sono apparsi in condizioni migliori rispetto ad alcuni degli ostaggi liberati a marzo, che erano denutriti e in pessime condizioni fisiche.
Non ci sono state le cerimonie molto coreografiche organizzate da Hamas durante le precedenti liberazioni di ostaggi, tra metà gennaio e marzo, che erano state molto criticate da Israele e da altri governi e organizzazioni internazionali perché ritenute umilianti e propagandistiche. Le prime foto degli ostaggi liberati sono circolate solo quando sono stati accolti dall’esercito israeliano, al confine della Striscia.

Veicoli con a bordo ostaggi israeliani durante gli scambi di prigionieri a Khan Yunis (AP Photo/Jehad Alshrafi)
Un secondo e ultimo gruppo di tredici ostaggi è stato liberato quando in Italia erano circa le 11, sempre con l’intermediazione della Croce Rossa, questa volta però nel sud della Striscia. Erano gli ultimi ostaggi ancora vivi presenti nella Striscia.

Il convoglio che trasportava alcuni degli ostaggi nel sud di Israele (AP Photo/Leo Correa)
La liberazione di tutti gli ostaggi vivi è stata celebrata in piazza degli Ostaggi dalle molte persone che si erano radunate lì. Nel pomeriggio Hamas ha riconsegnato anche i corpi di quattro ostaggi morti durante la prigionia: l’accordo prevedeva che il gruppo riconsegnasse i corpi di 28 ostaggi, ma finora non è successo e Israele se ne è già lamentato.
Il 7 ottobre 2023 Hamas aveva catturato 251 persone: 148 erano già tornate in Israele, quasi tutte attraverso precedenti scambi di prigionieri. Più di 60 sono morte in questi due anni di guerra.
Una volta conclusa la riconsegna degli ostaggi, è iniziata la liberazione da parte di Israele dei circa duemila detenuti palestinesi: 250 condannati all’ergastolo – fra cui diversi dirigenti e miliziani di Hamas – e 1.718 detenuti a partire dal 7 ottobre del 2023, comprese tutte le donne e i bambini arrestati. Ottantotto sono arrivati a Ramallah, in Cisgiordania, a bordo di alcuni autobus; altri sono stati rilasciati a Gerusalemme Est; la maggior parte è stata portata vicino all’ospedale Nasser di Khan Yunis, nel sud della Striscia; altri ancora, quelli con doppia cittadinanza, verranno espulsi: al momento quelli diretti in Egitto sono 154.
In tutto 38 autobus sono partiti verso le 11:30 dalla prigione israeliana di Ofer, che ospita moltissimi detenuti politici. A Ramallah, in Cisgiordania, e a Khan Yunis si è celebrato l’arrivo delle persone liberate, alcune delle quali erano state condannate all’ergastolo. Israele aveva proibito i festeggiamenti per le liberazioni in Cisgiordania, e a Ramallah ci sono stati scontri: i soldati hanno utilizzato lacrimogeni e proiettili di gomma sulla folla.

L’arrivo dei detenuti palestinesi a Ramallah (AP Photo/Mahmoud Illean)

L’arrivo di un prigioniero palestinese a Ramallah (AP Photo/Majdi Mohammed)
Molti dei palestinesi liberati, hanno raccontato i giornalisti presenti, sono apparsi in condizioni di salute precarie, e hanno mostrato ferite visibili e difficoltà a camminare.
Ad agosto dello scorso anno l’ong israeliana B’Tselem aveva diffuso un lungo rapporto sulla situazione nelle carceri israeliane, definite «campi di tortura», e sui sistematici abusi subiti dai prigionieri palestinesi. Il rapporto era intitolato “Benvenuti all’inferno” e si basava sulle testimonianze di 55 persone palestinesi detenute dopo lo scorso 7 ottobre, nella maggior parte dei casi senza accuse e senza processo. Le conclusioni di B’Tselem non erano così sorprendenti, visto che già nei mesi precedenti erano state pubblicate inchieste che avevano raccontato situazioni simili.
























