La Camera ha respinto la richiesta di processare Nordio, Piantedosi e Mantovano per il caso Almasri

Era un risultato scontato: si chiudono così le questioni giudiziarie per i membri del governo coinvolti, non quelle politiche

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio (a sinistra) bacia la mano della presidente del Consiglio Giorgia Meloni (a destra) alla Camera il 9 ottobre. Al centro, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi (Roberto Monaldo / LaPresse)
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio (a sinistra) bacia la mano della presidente del Consiglio Giorgia Meloni (a destra) alla Camera il 9 ottobre. Al centro, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi (Roberto Monaldo / LaPresse)
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Come previsto, la Camera dei deputati ha respinto in via definitiva la richiesta di processare il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, quello della Giustizia, Carlo Nordio, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano. I tre sono indagati per aver liberato il generale libico Almasri pochi giorni dopo il suo arresto a Torino a gennaio su mandato della Corte penale internazionale. Il generale è accusato di gravi crimini fra cui torture, omicidi e stupri.

Il voto della Camera era abbastanza scontato dato che i partiti della maggioranza di centrodestra, di cui fanno parte Nordio, Piantedosi e Mantovano, erano contrari all’autorizzazione a procedere. Tutti e tre erano indagati per favoreggiamento personale verso Almasri, Nordio anche per rifiuto di atti di ufficio e Piantedosi e Mantovano anche per concorso in peculato (cioè l’uso non autorizzato di fondi e beni pubblici, dato che Almasri era stato rimpatriato con un volo di stato). Il processo era stato richiesto dal tribunale dei ministri, il particolare collegio di giudici che indaga sui reati commessi da un presidente del Consiglio o da un ministro nell’esercizio delle loro funzioni.

Le indagini contro i tre dovranno essere archiviate, mentre rimangono aperte quelle su una funzionaria del ministero della Giustizia: l’influente capa di gabinetto Giusi Bartolozzi, che ha gestito in prima persona alcuni atti relativi alla scarcerazione di Almasri. Dato che non è ministra, il procedimento contro di lei è seguito dalla procura di Roma, e non dal tribunale dei ministri, e non è stato necessario chiedere l’autorizzazione a procedere alla Camera. Anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni era inizialmente coinvolta nell’inchiesta: le accuse contro di lei erano state archiviate ad agosto.

Nonostante l’archiviazione delle indagini, restano ancora aperti alcuni aspetti politici della vicenda: in particolare le audizioni parlamentari in cui l’opposizione ha chiesto conto ai ministri del loro operato hanno messo in luce la gestione per molti versi maldestra e dozzinale di una questione delicata come la liberazione di un ricercato internazionale. Le opposizioni hanno anche criticato il modo decisamente opaco con cui il governo si è difeso dai dubbi e dalle critiche al riguardo.

Il voto si è tenuto con scrutinio segreto e richiedeva la maggioranza assoluta dei deputati, quindi 201 voti: 251 voti sono stati espressi contro il processo a Nordio, 252 contro quello per Mantovano, e 256 contro quello per Piantedosi. Il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Galeazzo Bignami, ha detto che i parlamentari della maggioranza presenti erano 235 (con una decina di assenti): significa che una ventina di voti dovrebbe provenire dai deputati dell’opposizione.

Il voto della Camera ha confermato il parere, non vincolante, espresso pochi giorni fa dalla giunta per le autorizzazioni (un organo parlamentare che si occupa di casi come questi, e che come la Camera ha una maggioranza di destra).

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