• Mondo
  • Martedì 30 settembre 2025

La Global Sumud Flotilla si sta avvicinando a Gaza: e ora?

Sta per raggiungere la zona in cui Israele ha bloccato altre missioni, e da lì ci sono alcuni sviluppi probabili ma poche certezze

Alcune barche della Global Sumud Flotilla mentre partono dalle isole di Koufonisia, in Grecia, il 26 settembre 2025 (REUTERS/Stefanos Rapanis)
Alcune barche della Global Sumud Flotilla mentre partono dalle isole di Koufonisia, in Grecia, il 26 settembre 2025 (REUTERS/Stefanos Rapanis)
Caricamento player

Nella notte tra martedì e mercoledì 44 barche della Global Sumud Flotilla, con a bordo diverse centinaia di persone, entreranno in quella che gli organizzatori definiscono la “zona ad alto rischio”, ossia il tratto di mare in cui le precedenti missioni simili (recenti e non) erano state intercettate e bloccate da Israele. Le barche sono all’altezza del Cairo, la capitale dell’Egitto, a circa 145 miglia nautiche (268 chilometri) dalla Striscia di Gaza. La “zona ad alto rischio” inizia indicativamente dalle 100 miglia nautiche dalla costa. Lì le barche saranno ancora ampiamente in acque internazionali, che arrivano fino a 12 miglia nautiche dalla costa (circa 20 chilometri).

L’iniziativa della Global Sumud Flotilla ha un significato principalmente politico: vuole provare a rompere il blocco navale che Israele impone alla Striscia di Gaza dal 2009, e far arrivare cibo e altri beni essenziali alla popolazione palestinese. Dall’inizio della guerra, ottobre del 2023, il blocco è diventato uno dei molti modi con cui Israele controlla, nega o ostacola la consegna di qualsiasi bene ai palestinesi della Striscia.

In passato Israele ha sempre bloccato tutte le navi che hanno provato a forzare il blocco, in un caso anche uccidendo alcuni degli attivisti che erano a bordo. Ha detto che intende bloccarle anche questa volta, senza dire come. Finora non aveva mai dovuto confrontarsi con una flotta tanto numerosa. Nelle ultime settimane varie barche della Flotilla sono state attaccate mentre erano ferme in porti tunisini o greci, con ogni probabilità con dei droni. Gli organizzatori hanno accusato Israele di volerli sabotare.

Non è chiaro cosa intenda fare la Flotilla quando l’esercito israeliano le ordinerà di fermarsi. Il deputato e l’europarlamentare del Partito Democratico Arturo Scotto e Annalisa Corrado, che sono a bordo di una delle barche, hanno detto che le regole d’ingaggio prevedono che gli attivisti si fermino, ma che non tornino indietro. Altri attivisti a bordo hanno dato indicazioni diverse, dicendo che finché saranno in acque internazionali le barche non si fermeranno, ma aspetteranno di essere in qualche modo bloccate dall’esercito israeliano. In entrambi i casi le persone a bordo della Flotilla verrebbero molto probabilmente arrestate dall’esercito israeliano.

Giovedì il canale televisivo israeliano Channel 12 ha detto che l’esercito avrebbe intenzione di usare un’unità di assalto della marina per bloccare le barche e salire a bordo. Lo aveva già fatto lo scorso luglio, quando aveva fermato le due barche della Freedom Flotilla Coalition: al tempo gli attivisti a bordo erano stati arrestati, portati in Israele e poi espulsi. Molti avevano detto di essersi rifiutati di firmare un documento in cui dichiaravano di essere entrati illegalmente in territorio israeliano.

La fregata della Marina militare italiana Alpino, che da qualche giorno è stata inviata dal governo italiano in funzione di garanzia per seguire le barche della Global Sumud Flotilla, manderà un ultimo avviso a 150 miglia nautiche dalla costa chiedendo un’ultima volta alla flotta di tornare indietro, prima di fermarsi e lasciarle proseguire da sole. È una decisione in linea con quanto detto negli scorsi giorni dal ministro della Difesa Guido Crosetto, ossia che la fregata non ha intenzione di scontrarsi in alcun modo con Israele, che il governo italiano considera un paese amico.

Martedì sera la richiesta alla Flotilla di fermarsi è stata ribadita anche dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, secondo cui l’iniziativa metterebbe a rischio il successo del piano presentato dal presidente statunitense Donald Trump e dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu per la fine della guerra (piano che Hamas non ha ancora commentato, e che contiene diverse condizioni che in passato ha ritenuto irricevibili).

Un’altra fregata della Marina militare spagnola sta raggiungendo la Flotilla e non è chiaro quanto andrà avanti. La Spagna ha precisato che non interverrà contro Israele se il suo esercito attaccherà le barche, ma servirà in caso a soccorrere i loro equipaggi (la Spagna è il paese europeo più solidale con la popolazione palestinese e più duro con Israele).

Come previsto dall’inizio invece si fermerà ad un certo punto anche la nave Life Support di Emergency, che dall’inizio naviga con la Flotilla per offrire supporto medico e logistico agli equipaggi: è una nave vitale per le operazioni dell’organizzazione e molto costosa, e si fermerà per non rischiare di essere sequestrata dall’esercito israeliano.

La partenza delle navi della Global Sumud Flotilla dalla Spagna, il 31 agosto 2025 (AP Photo/Emilio Morenatti)

Molti esperti e organizzazioni internazionali sostengono che Israele non avrebbe il diritto di salire a bordo delle barche civili che fanno parte della Flotilla. In acque internazionali, le uniche navi che possono fare controlli a bordo di altre navi sono quelle militari che incontrano imbarcazioni battenti la bandiera del loro stesso Stato (per esempio, possono farlo le navi della marina italiana con delle barche italiane). Abbordare navi straniere in acque internazionali è invece illegale salvo che in alcuni specifici casi: per esempio se la nave è impegnata in atti di pirateria, in tratta di schiavi o in trasmissioni radiofoniche abusive o se è priva di nazionalità. Tra questi non rientra quello della Flotilla.

Israele sostiene di avere il diritto di farlo dato che le barche della Flotilla hanno dichiarato di voler rompere il blocco navale imposto sulla Striscia di Gaza, che si estende fino a 20 miglia nautiche dalla costa (quindi oltre le 12 miglia delle acque territoriali). Invoca il Manuale di San Remo, un documento in cui viene detto che un paese può fermare una nave che dichiara di voler forzare un blocco navale che è stato imposto per scopi militari.

La legalità del blocco navale israeliano sulla Striscia di Gaza è stata enormemente dibattuta nel corso degli anni. Nel 2011 una commissione istituita dalle Nazioni Unite lo ritenne «legittimo» nel contesto di un conflitto internazionale: dopo mesi di lavori concluse che Israele stesse conducendo una guerra contro un paese straniero e per questo potesse attuare misure di guerra marittima, come il blocco. Questa interpretazione fu messa molto in discussione (e lo è ancora oggi) da esperti e organizzazioni internazionali, cioè da chi ritiene che la situazione di Gaza non sia quella di una guerra fra due entità statali e che Hamas non possa essere considerata rappresentativa della Striscia.

Da quando Israele ha invaso la Striscia di Gaza, a ottobre del 2023, la legalità del blocco navale è stata messa ancora più in discussione e oggi molte ong, governi e giuristi lo ritengono illegale. Sostengono che gli effetti del blocco – carestia e impossibilità di far pervenire beni essenziali, tra gli altri – siano uno dei mezzi con cui Israele conduce una punizione collettiva della popolazione palestinese, usando la fame come arma di guerra, in violazione del diritto internazionale. In questo contesto quindi Israele non avrebbe il diritto di bloccare le navi della Flotilla, specialmente in acque internazionali.

– Leggi anche: Storia del blocco navale della Striscia di Gaza