Sputare sportivamente
In alcuni sport si sputa di frequente senza che sia considerato disdicevole, in altri rimane un tabù: c'entrano ragioni scientifiche, storiche, culturali

Nello sport gli sputi attirano l’attenzione soprattutto quando sono rivolti a qualcun altro, diventando così gesti irrispettosi, provocatori e aggressivi. Eppure in molti sport la maggior parte degli sputi che vediamo non sembrano così scandalosi, al massimo fanno un po’ schifo: non ci sorprende che un calciatore sputi in campo, come non ci stupisce che a una persona venga da farlo durante una corsa lunga e faticosa.
Ci sono spiegazioni scientifiche – comunque parziali – sul perché venga da sputare durante un’attività fisica molto intensa. Da sole, però, non bastano a chiarire come mai in molti sport all’aperto questo gesto sia considerato abbastanza normale, mentre nel tennis si sputa di nascosto e nel basket o nella pallavolo non lo si fa mai. Ci sono altre ragioni: regolamentari, ma anche storiche, culturali e persino antropologiche.

Il maratoneta argentino Miguel Angel Barzola sputa durante la maratona maschile dei Giochi Panamericani, 27 luglio 2019 (Patrick Smith/Getty Images)
Che durante uno sforzo prolungato si senta la necessità di sputare può sembrare controintuitivo: durante una corsa, per esempio, si tende a essere molto disidratati e sembrerebbe più sensato bere piuttosto che eliminare ulteriori liquidi. Ed è stato persino dimostrato che durante l’esercizio fisico il sistema nervoso simpatico – quello che regola automaticamente alcune funzioni corporee, anche in situazioni di stress – tende a ridurre la salivazione.
Un atleta infatti non sputa perché ha troppa saliva in bocca, ma perché l’attività fisica la fa diventare più densa e appiccicosa, ed è quindi più comodo sputarla che inghiottirla. Juliet McGrattan, una dottoressa esperta di corsa su lunghe distanze, ha spiegato che durante uno sforzo aumenta nella saliva una proteina chiamata MUC5B, che contribuisce a quella tipica sensazione di bocca impastata. Non è del tutto chiaro perché questa proteina aumenti proprio durante l’attività fisica, ma il fenomeno è stato osservato soprattutto in presenza di sforzi fisici.
C’è poi da dire che gli atleti, anche nello stesso sport, non sputano tutti con la stessa frequenza: c’è chi lo fa spesso, chi raramente e chi mai. Influiscono particolari differenze, come quelle genetiche e ormonali, l’abitudine a masticare qualcosa (utile per gestire l’ansia, ma che aumenta la salivazione) oppure quanto uno beve e cosa mangia.

La calciatrice spagnola Vicky Losada sputa durante una partita di Champions League, 31 marzo 2021 (Action Images via Reuters/Jason Cairnduff)
Resta comunque poco chiaro a cosa serva sputare saliva: da un punto di vista fisiologico non sembra avere alcun effetto sulla prestazione degli atleti, a differenza del bere e sputare acqua, che però è un’altra cosa. E anche se servisse solo a liberarsi di un fastidio in bocca, resta inspiegabile il motivo per cui sia così comune nel calcio e nel baseball, ma quasi del tutto assente nel basket, uno sport che, tra l’altro, è decisamente più intenso del baseball.
Contano anche i diversi regolamenti, che dopo il Covid sono diventati ancora più severi: sputare per terra non è vietato nel calcio, mentre nel golf si può essere multati. Ma lo sputo non è soltanto una questione fisiologica o regolamentare: possiede anche una dimensione storica, culturale e psicologica.
Bisogna considerare che molti degli sport oggi più diffusi nacquero nell’Ottocento, quando sputare non era affatto un tabù, ma un’abitudine piuttosto comune. E sarebbe rimasta tale a lungo, tant’è che ancora nel Novecento, durante le epidemie, si doveva ricordare alle persone di non sputare in giro.

Un poster del governo neozelandese con scritto: “Non sputare! È disgustoso e pericoloso”, come parte di una campagna di sensibilizzazione contro lo sputo, 1965 (Archives New Zealand CC by 2.0 via Wikimedia Commons)
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento gli atleti sputavano anche per necessità “tecniche” dato che, per esempio, non avevano altri strumenti per migliorare la propria presa su palle e attrezzi, e la saliva poteva in piccola parte aiutarli.
Per consuetudine e per necessità lo sputo fece quindi sin da subito parte della gestualità di alcuni sport. Anche per questo persiste ancora oggi, nonostante le convenzioni sociali siano cambiate e siano arrivate attrezzature più moderne.
In questo senso il baseball è abbastanza emblematico. All’inizio (lo sport nacque attorno al 1840) si giocava su campi secchi e polverosi e per mantenere la bocca umida i giocatori masticavano spesso tabacco. Di conseguenza sputavano quasi sempre: a terra, sui guanti per migliorare la presa e persino sulle palle, per realizzare lanci imprevedibili chiamati spitball (letteralmente “palle sputo”). Oggi, sebbene si giochi negli stadi e l’uso di tabacco e spitball sia vietato, molti giocatori sputano comunque, perché masticano altro ma soprattutto per abitudine.

Il battitore Joey Wendle dei Tampa Bay Rays sputa durante una partita di baseball, 20 settembre 2018 (Tom Szczerbowski/Getty Images)
In alcuni sport, insomma, sembra che sputare sia diventato un automatismo, un gesto compiuto senza pensarci troppo. Alcuni studiosi sostengono addirittura che lo sputo sia ormai un riflesso pavloviano: un comportamento cioè condizionato dall’ambiente circostante e associato a una sensazione di piacere una volta eseguito. Un po’ come succede quando si avverte il bisogno di fare pipì dopo aver sentito il suono dell’acqua che scorre.
Il contesto può avere anche l’effetto opposto. Nel tennis, per esempio, non è vietato sputare per terra (anche se a volte viene sanzionato come gesto antisportivo), ma i tennisti preferiscono comunque sputare di nascosto nei loro asciugamani. Rispetto a calciatori o rugbisti, infatti, negli stadi di tennis il pubblico è molto vicino al campo e le telecamere seguono sempre i due (o quattro) giocatori, che possono sentirsi più osservati e quindi meno liberi di sputare, in uno sport peraltro più attento a una certa “etichetta”.

II tennista australiano Nick Kyrgios sputa durante una partita contro Rafael Nadal al torneo di Indian Wells, 18 marzo 2022 (AP Photo/Mark J. Terrill)
Per altri atleti, lo sputo ha invece un valore rituale e consapevole. Nello sport infatti spesso una buona prestazione non richiede solo un fisico pronto allo sforzo, ma anche un equilibrio mentale che permetta di essere sempre presenti e concentrati. Un rito — come può essere uno sputo — serve proprio a questo: ripetuto sempre allo stesso modo, diventa una sorta di antidoto all’imprevedibilità degli eventi. «Dopo che sputi, è come se ti rifocalizzassi», ha spiegato l’ex giocatore di football americano P.J. Daniels Jr. «È come dire: ‘Ok, andiamo.’»

Il quarterback Geno Smith dei Seattle Seahawks sputa per terra prima della partita, durante l’inno statunitense, 8 dicembre 2024 (Michael Owens/Getty Images)
A volte i riti degli sportivi hanno a che fare con tradizioni molto antiche: verso la fine dell’Ottocento, per esempio, i pugili inglesi e irlandesi si sputavano sulla mano prima di dare un pugno perché un’antica credenza romana sosteneva che il gesto lo rendesse più forte. Altre volte, invece, lo sputo riflette un comportamento radicato nella natura umana. Secondo Rita Gagliardi, psicologa e psicoterapeuta, «nello sputo c’è probabilmente una componente molto antica della nostra storia evolutiva, che riconduce all’affermazione di sé e del proprio territorio». In altre parole, lo sputo è spesso un modo per creare una sorta di distanza di sicurezza tra noi e gli altri, oltre che per «espellere parti negative».
Ma dato che sputare è anche un gesto aggressivo e molti sport (cioè gli stessi ambienti in cui è più accettabile farlo) sono stati a lungo maschili, lo sputo è stato spesso associato agli uomini. Anche le atlete sputano, ma quando lo fanno viene notato e stigmatizzato di più.



