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  • Mercoledì 27 agosto 2025

La cosiddetta Guardia costiera libica sta diventando sempre più aggressiva

Le decine di spari contro la Ocean Viking sono il culmine di un fenomeno ormai noto, raccontano le ong che soccorrono i migranti

La motovedetta della cosiddetta Guardia costiera libica fotografata dalla nave Ocean Viking, 25 agosto 2025 (Sos Méditerranée/ANSA)
La motovedetta della cosiddetta Guardia costiera libica fotografata dalla nave Ocean Viking, 25 agosto 2025 (Sos Méditerranée/ANSA)
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Negli ultimi tempi la cosiddetta Guardia costiera libica è diventata sempre più aggressiva nei confronti delle navi delle ong che soccorrono le persone migranti in mare. Il culmine è stato raggiunto domenica pomeriggio con l’attacco armato alla nave Ocean Viking della ong Sos Méditerranée: ma ormai sono circa due anni che le violenze e le intimidazioni sono in aumento.

Tutte le ong hanno i propri aneddoti di incontri sempre più spiacevoli e rischiosi per i propri equipaggi, fra manovre pericolose, spari in direzione delle navi e minacce via radio. Il tutto senza esplicite condanne da parte dei vari governi italiani, che dal 2017 finanziano e legittimano le milizie libiche che compongono il corpo di Guardia costiera con l’obiettivo di riportare con la forza i migranti in Libia.

Per via di questa aggressività diverse ong temono concretamente per la sicurezza del proprio equipaggio: un rischio che fino a qualche anno fa non esisteva, e che a detta di molti è in aumento. «I livelli degli ultimi mesi non si erano mai visti», dice Beppe Caccia, capo missione della nave Mediterranea della ong Mediterranea Saving Humans.

È difficile spiegare perché l’aggressività sia aumentata: anche le ong non hanno una risposta univoca. Secondo la responsabile dei soccorsi in mare per Medici Senza Frontiere, Fulvia Conte, l’aumento degli episodi violenti nei confronti delle navi delle ong, oltre che delle persone migranti, si può spiegare in parte con la crescente legittimazione data dal governo italiano alla Guardia costiera libica. In altre parole, con il fatto che l’Italia consideri le milizie libiche dei partner fidati, a cui quindi non viene rivolta nessuna critica esplicita in pubblico: nemmeno nei casi più gravi. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, per esempio, non ha commentato l’attacco armato contro la Ocean Viking: così come non ha condannato le violenze precedenti.

Conte dice che nei primi tempi dalla firma degli accordi fra l’Italia e le milizie, nel 2017, i libici avevano avuto un atteggiamento «quasi cooperativo» con le ong. Questo, puntualizza Conte, riguardava però solo gli equipaggi delle ong, perché nei confronti delle persone migranti la Guardia costiera libica ha continuato a essere violenta: i primi video dei miliziani che picchiano i migranti che intercettano con fruste, bastoni e armi da fuoco – «soccorrere» o «salvare» sono termini inappropriati – risalgono al 2017.

Negli ultimi due anni, poi, qualcosa è cambiato. Conte parla di «atteggiamenti violentissimi», spesso peraltro attuati a bordo di mezzi forniti proprio dall’Italia e grazie alla formazione fatta dall’Italia alle milizie libiche. Una ulteriore spiegazione per motivare questa crescente aggressività è il numero sempre più alto di mezzi a disposizione delle milizie, sempre donati dall’Italia. Nelle sue prime settimane di vita il governo Meloni si impegnò a donare almeno altre cinque motovedette dismesse dalla Guardia di Finanza, rispetto a quelle già fornite dall’Italia fra 2017 e 2022.

«Ormai succede di incontrarle in acque internazionali, anche nella SAR maltese, mentre provano a fare manovre pericolose per ostacolare i soccorsi, intercettare le persone migranti e riportarle indietro», dice Conte. Le zone SAR (in inglese search and rescue) sono aree di mare in cui gli stati costieri competenti si impegnano a mantenere attivo un servizio di ricerca e salvataggio.

Anche Beppe Caccia conferma che c’è stata una «progressione dell’aggressività», sia contro i migranti sia contro gli equipaggi delle ong. Nella notte tra mercoledì e giovedì scorsi Mediterranea ha soccorso al largo delle coste della Libia dieci persone, che erano state buttate in mare da un gommone militare veloce che poi si era allontanato. Quattro persone sono morte prima di poter essere soccorse. La ong ritiene peraltro che il gommone sia uno degli otto che lunedì scorso avevano circondato Mediterranea: a bordo c’erano miliziani incappucciati e armati, che avevano provato a intimidire l’equipaggio.

Oggi la ong ha depositato un esposto relativo a questi episodi in procura a Trapani, dove si trova la nave Mediterranea dopo essere stata sottoposta a un fermo amministrativo. «Noi chiediamo la verità, anche giudiziaria, sulle “collaborazioni” di questi anni. Aver acquistato i servizi dei trafficanti e avergli consegnato la Libia, questo è il problema, non le ong o i migranti», ha detto la presidente di Mediterranea Saving Humans, Laura Marmorale. Il riferimento è alle parole del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che dopo il fermo della Mediterranea ha scritto su X che «è lo Stato che contrasta i trafficanti di esseri umani e gestisce e coordina i soccorsi in mare. Non le ONG».

Non è la prima volta comunque che una nave di Mediterranea viene attaccata dalla cosiddetta Guardia costiera libica. Caccia ricorda in particolare l’episodio del 4 aprile del 2024: quel giorno una motovedetta si avvicinò a un gommone della ong durante un’operazione di soccorso e i miliziani a bordo cominciarono a sparare in acqua e in aria. Diverse persone si buttarono in mare per la paura, e furono poi recuperate.

Anche altre navi di altre ong sono state minacciate con colpi di pistola sparati in aria e in acqua. È successo per esempio a Sos Méditerranée a marzo e a luglio del 2023, e alla nave Humanity 1 della ong SOS Humanity quattro volte soltanto tra il 2024 e il 2025. Il 2 marzo del 2024 per esempio, riferisce SOS Humanity, la cosiddetta Guardia costiera libica ha interrotto un’operazione di soccorso sparando in acqua con una mitragliatrice. SOS Humanity dice inoltre che sabato l’equipaggio della Humanity 1 è stato esortato veementemente ad allontanarsi da persone a bordo di una motovedetta del tutto simile a quella che domenica ha attaccato la Ocean Viking.

L’uso della forza durante operazioni di soccorso in mare, ovviamente, è quanto di più lontano esista dalle normali procedure delle guardie costiere europee. La Guardia costiera italiana non impiega alcuna arma durante le sue operazioni di soccorso.

Al di là dei colpi sparati con armi da fuoco, diverse ong con cui ha parlato il Post ritengono che il problema maggiore o comunque più significativo degli ultimi tempi è che sono aumentati gli episodi in cui motovedette della Guardia costiera libica, o di altri soggetti che non si identificano, seguono per lungo tempo le navi delle ong con l’obiettivo di ostacolarle o quantomeno di scoraggiare la loro presenza. Non ci sono statistiche ufficiali che conteggiano la frequenza di questi inseguimenti, ma è un’impressione confermata da molti.

Nelle scorse settimane è successo per esempio alla Louise Michel, la nave per il soccorso finanziata dallo street artist Banksy: «Una motovedetta ci ha seguito per due giorni in acque internazionali, ripetendoci di tornare indietro», dice Jonathan Weinspach, un membro della Louise Michel, che conferma l’aumento di episodi di questo tipo.

La nave Life Support della ong Emergency (Dario Bosio/Emergency)

Carlo Maisano, capo progetto della nave Life Support della ong Emergency, dice che gli capita spesso di vedere una motovedetta che segue e poi supera la loro nave per provare ad arrivare prima sul luogo dove è stata segnalata un’imbarcazione in difficoltà. «Quest’estate ci è successo di essere raggiunti e circondati da sei motovedette libiche quando si sono accorti che la Life Support stava procedendo verso un obiettivo», dice Maisano. «Nessuno si identifica mai, non dicono chi sono né cosa stanno facendo lì. Via radio ti intimano di tornare verso nord, spesso solo in arabo o in italiano invece che in inglese, che è la lingua che si dovrebbe usare. Intanto ti passano davanti e dietro, con manovre pericolose», ovviamente anche per le persone soccorse che si trovano a bordo.

La cosiddetta Guardia costiera libica peraltro è solo uno dei vari soggetti che spesso provano a ostacolare le navi delle ong nel mar Mediterraneo centrale, il tratto tra la Sicilia e l’Africa. Sos Méditerranée li chiama “attori non identificati”: «Sono soggetti sconosciuti, col volto coperto, che viaggiano su gommoni senza segnali di identificazione e buttano le persone in mare», dice Francesco Creazzo, il responsabile della comunicazione di Sos Méditerranée. Nel canale di Sicilia, nei pressi delle coste libiche e tunisine, sono presenti vari gruppi criminali impegnati in traffici illeciti di vario tipo, difficili da inquadrare.

Tutto questo non fa che aumentare il «caos» nel mar Mediterraneo, dove «la violenza della Guardia costiera libica è uno degli elementi maggiori. Per noi è inaccettabile», dice Creazzo.

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