Sempre loro, le “garanzie di sicurezza” per l’Ucraina

Su come difendere l'Ucraina in futuro si discute dall'inizio dell'invasione russa, ma finora Europa e Stati Uniti hanno fatto i vaghi

Un mezzo ucraino nella regione di Chernihiv il 12 agosto 2025 (AP Photo/Dan Bashakov)
Un mezzo ucraino nella regione di Chernihiv il 12 agosto 2025 (AP Photo/Dan Bashakov)
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Lunedì alla Casa Bianca, a Washington, ci sarà un incontro tra il presidente statunitense Donald Trump, quello ucraino Volodymyr Zelensky e diversi leader europei in cui si parlerà soprattutto di “garanzie di sicurezza”, cioè le condizioni e gli impegni che l’Ucraina chiede ai propri alleati per evitare di essere nuovamente attaccata dalla Russia e per assicurarsi in futuro la capacità di rispondere in maniera efficace. Fin dall’inizio della guerra, Zelensky pone queste garanzie come condizione necessaria per accettare qualsiasi accordo di pace: europei e statunitensi però sono sempre rimasti vaghi.

Nel tempo sono state fatte varie proposte e ipotesi su queste garanzie, con diversi livelli di coinvolgimento dei paesi occidentali. Quelle di cui si è parlato di più sono la fornitura di armi e munizioni; la condivisione di informazioni di intelligence militare; e soprattutto l’invio di contingenti e soldati stranieri in territorio ucraino, sia con funzioni di peacekeeping sia per rispondere direttamente a un attacco. Su quest’ultimo punto non c’è consenso tra i paesi occidentali: alcuni, come la Francia, si sono detti più disponibili a inviare i propri soldati in Ucraina, mentre altri, come gli Stati Uniti, l’hanno sempre escluso.

Lo scorso marzo Francia e Regno Unito hanno avviato una cosiddetta “coalizione di volenterosi”, ossia un gruppo di paesi alleati dell’Ucraina che dovrebbe elaborare un piano di pace per risolvere la guerra e farne rispettare le condizioni, garantendo anche una presenza militare nel paese (con tutta probabilità questi soldati resterebbero lontani dal fronte e avrebbero compiti principalmente logistici o di addestramento). Finora però da quell’iniziativa sono venute fuori poche cose concrete.

Domenica il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha scritto su X che le garanzie di sicurezza previste da un qualsiasi accordo di pace devono essere «molto pratiche», devono fornire protezione «via terra, aria e acqua» e «devono essere sviluppate con la partecipazione dell’Europa».

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Volodymyr Zelensky e la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, a Bruxelles il 17 agosto 2025 (AP Photo)

Oltre a quello dei paesi europei, anche il coinvolgimento degli Stati Uniti nelle garanzie di sicurezza è incerto. Trump è sempre stato molto vicino al suo omologo russo Vladimir Putin, ma negli ultimi mesi l’aveva criticato pubblicamente, mostrando una certa insofferenza per il suo ostruzionismo al raggiungimento di un cessate il fuoco. Ora sembra che le cose siano di nuovo cambiate. Venerdì Trump e Putin si sono incontrati ad Anchorage, in Alaska: l’incontro è andato benissimo per il presidente russo, che ha avvicinato Trump alle proprie posizioni e richieste.

Allo stesso tempo Trump si è mostrato più aperto a offrire garanzie di sicurezza all’Ucraina, pur rimanendo sempre vago e senza dare molti dettagli. Diversi funzionari informati dei fatti, rimasti anonimi, hanno detto al Wall Street Journal che gli Stati Uniti potrebbero offrire sostegno militare a un possibile contingente europeo in Ucraina, pur senza inviare i propri soldati. L’atteggiamento di Trump resta quindi ambiguo e difficilmente prevedibile: lunedì i leader europei cercheranno di avvicinarlo alle richieste dell’Ucraina, facendogli cambiare di nuovo idea.

Un altro tipo di garanzia di cui si parla parecchio è quella ispirata al funzionamento dell’articolo 5 del trattato della NATO, secondo cui se un singolo paese membro dell’alleanza viene aggredito tutti gli altri paesi membri sono tenuti a intervenire per «assisterlo», anche usando la forza armata. L’Ucraina non fa parte della NATO, quindi al momento i vari paesi non sono tenuti a intervenire direttamente per difenderla. Zelensky vorrebbe però ottenere un impegno simile da parte loro.

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Domenica l’inviato speciale di Trump per l’Ucraina, Steve Witkoff, ha detto che la Russia ha accettato che i paesi occidentali forniscano all’Ucraina una protezione simile a quella dell’articolo 5, pur senza entrare nella NATO. Questa possibilità è stata sostenuta esplicitamente anche dalla presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, che oggi andrà alla Casa Bianca. Non è chiaro però perché la Russia dovrebbe acconsentire a una simile garanzia, che ovviamente andrebbe contro i suoi interessi.

Witkoff è un amico di Trump ma non ha esperienza in politica estera, e anzi ha un’idea quanto meno imprecisa della questione russo-ucraina. In passato è già successo che riferisse informazioni poi rivelatesi sbagliate o imprecise sull’andamento dei negoziati e sulle richieste russe.

Ottenere garanzie di sicurezza chiare e convincenti è imprescindibile per l’Ucraina anche perché in passato la Russia aveva già violato platealmente un accordo con cui si era impegnata a rispettare la sua sovranità. Nel 1994, con il Memorandum di Budapest, l’Ucraina acconsentì a disfarsi delle armi nucleari rimaste sul proprio territorio dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica, in cambio della garanzia che i suoi confini sarebbero stati sempre rispettati, tanto dalla Russia quanto dall’Occidente. Poi però nel 2014 Putin invase l’Ucraina per annettere la penisola di Crimea, prima dell’invasione su larga scala del 2022.

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