Un alpinista italiano dice di aver scalato tutti gli ottomila: molti non gli credono
Marco Confortola è accusato di aver mentito serialmente sulle sue imprese in Himalaya, tra gli altri dal suo rispettato collega Simone Moro

Soltanto poche settimane fa l’alpinista lombardo Marco Confortola aveva annunciato di aver scalato il Gasherbrum I, una montagna di 8.080 metri della catena del Karakorum, in Pakistan, entrando così nel ristretto gruppo delle circa 40 persone che sono state in cima a tutte le 14 montagne di più di 8mila metri del mondo. Una grande impresa alpinistica. Martedì però in un’intervista sulla rivista del Club Alpino Italiano Lo Scarpone l’alpinista Simone Moro lo ha accusato di aver mentito riguardo a diverse di quelle scalate, esprimendo pubblicamente dei dubbi che nell’ambiente circolano da tempo.
Secondo Moro, che è uno dei più conosciuti e rispettati alpinisti italiani, e che sull’Himalaya ha fatto negli ultimi vent’anni scalate importantissime per l’alpinismo internazionale, Confortola ha falsificato le prove che dimostrano che ha raggiunto la cima di diversi ottomila. Nel caso del Lhotse, montagna di 8.516 metri collegata all’Everest, Moro dice che Confortola ha addirittura ritoccato digitalmente la foto scattata in vetta da un alpinista spagnolo, che glielo ha confermato direttamente.
Ma nell’intervista Moro ha contestato anche l’autenticità delle prove fornite da Confortola a dimostrazione delle sue scalate sul Makalu, sul Kangchenjunga, sull’Annapurna, sul Dhaulagiri e sul Nanga Parbat, altre montagne sopra gli 8000 metri.
Confortola ha 54 anni, è della Valtellina e diventò famoso anche fuori dall’ambiente dell’alpinismo dopo che nel 2008 rimase coinvolto nel cosiddetto “disastro del K2”, quando undici persone morirono tentando di scalare la seconda montagna più alta del mondo. Confortola sopravvisse grazie all’aiuto di uno sherpa, ma dovette poi subire l’amputazione di tutte le dita dei piedi per un congelamento. La sua storia fu ampiamente raccontata sui media, e da lui stesso in libri e interviste.
Moro ha esposto le sue accuse dopo che un primo articolo dello Scarpone aveva raccolto i dubbi sulle scalate di Confortola, che aveva replicato in un’intervista sempre allo Scarpone, ribadendo di averle fatte davvero e parlando di «invidia» in riferimento agli alpinisti che lo accusano.
«Sforzandomi nel massimo della pietà umana» ha detto Moro, «penso che Confortola abbia una sorta di patologia. Ha la sua verità di quei momenti vissuti lassù, dove nessuno è lucido, e grida questa verità con tutta la sua convinzione. Ma questo non significa che si possa costruire una carriera sulla menzogna o sulle tue pseudo allucinazioni di vetta». Moro ha aggiunto anche che «tra di noi alpinisti ce lo siamo sempre detti», sostenendo però che «nessuno della comunità ha mai avuto il coraggio di esporsi chiaramente».
– Leggi anche: Da 80 anni Reinhold Messner guarda le montagne
Le polemiche tra alpinisti sono vecchie quanto l’alpinismo stesso, così come le accuse di non aver davvero raggiunto la cima di una montagna: ma non si tratta di questioni secondarie, visto che sulla base di traguardi come quello che sostiene di aver raggiunto Confortola si possono ottenere sponsorizzazioni, riconoscimenti, contratti di vario tipo, incarichi pubblici o privati, e soprattutto si fanno conferenze e incontri nelle scuole. In generale è sulla base delle scalate realizzate che ci si costruisce una carriera nell’alpinismo.
Non c’è però un modo ufficiale e universale di provare di aver raggiunto la cima di una montagna. In linea di massima, chi scala un ottomila oppure una montagna più bassa ma con modalità che hanno un rilievo alpinistico – per esempio senza bombole di ossigeno supplementare, o aprendo una nuova via di salita, oppure durante la stagione invernale – lo deve poi dimostrare alla comunità alpinistica con foto, testimonianze altrui, a volte anche prove legate al segnale GPS. Non c’è un vero ente ufficiale che riconosce le salite, anche se in certi casi le autorità locali o enti privati possono rilasciare dei certificati, che però secondo Moro si possono facilmente comprare, o comunque ottenere anche senza avere salito davvero la montagna.
Non esiste un registro ufficiale delle scalate himalayane, ma uno ufficioso c’è: è The Himalayan Database, che fu gestito per decenni dalla giornalista americana Elizabeth Hawley, morta nel 2018. Secondo Moro, se ci fosse ancora Hawley, nota per la sua scrupolosità, alcune scalate di Confortola oggi riconosciute dal database sarebbero state contrassegnate come “contestate”.
Moro è sceso nei dettagli riguardo alle presunte falsità dette da Confortola. Dice che avendo frequentato per decenni l’Himalaya ai massimi livelli dell’alpinismo conosce un po’ tutti, tra sherpa e alpinisti, e in tanti gli hanno smentito le versioni di Confortola. E allo Scarpone ha detto di aver indagato sentendo molti colleghi, agenzie e sherpa.
Anche un alpinista basco gli ha detto di aver visto Confortola tornare indietro prima di aver raggiunto la cima del Lhotse. Nel caso del Makalu, una montagna di 8.463 metri sempre in Himalaya, Confortola si è scattato una foto su una cima secondaria più bassa, a circa un’ora da quella vera. L’agenzia che organizzò la spedizione di Confortola ha inoltre detto a Moro che non gli fu rilasciato il certificato perché tornò indietro prima.
Anche nel caso del Kangchenjunga, la terza montagna più alta del mondo, Confortola aveva ritagliato la foto di vetta di un altro alpinista spacciandola per sua, ammettendolo poi in un secondo momento. Altri alpinisti che erano sulla montagna quello stesso giorno, nel 2022, hanno confermato a Moro di aver visto le tracce di Confortola fermarsi prima della cima. Il suo sherpa provò a convincerlo a fare l’ultimo tratto utilizzando le bombole di ossigeno ma lui disse «no, la cima è qui», secondo la ricostruzione di Moro che quel giorno partecipò alle operazioni di soccorso in elicottero sulla montagna, trasportando lo stesso Confortola. Anche in quel caso, dice Moro, l’agenzia non gli diede il certificato, cosa che fece arrabbiare Confortola.
Un’altra montagna per cui Moro accusa Confortola di avere mentito è l’Annapurna, di 8.091 metri: lì c’è la testimonianza dell’alpinista Silvio Mondinelli, che era con lui quel giorno, e secondo il quale Confortola si fermò anche in questo caso prima della cima. «Facciamo che mancava ancora mezz’ora» ha detto Mondinelli, secondo cui Confortola mentì fin da subito dicendo che in realtà era arrivato in vetta.
L’Annapurna è una di quelle montagne in cui la cima non è facilmente distinguibile. Come il Dhaulagiri (8.167 metri), finisce con una lunga cresta quasi pianeggiante, raggiungibile da versanti diversi e in cui è quasi impossibile distinguere il punto più alto, perlopiù dopo una scalata estenuante e in condizioni in cui per molti ogni respiro è una sofferenza. Storicamente, molti alpinisti hanno sostenuto di averla scalata pur avendo raggiunto punti diversi, e nei decenni c’erano già state altre polemiche simili.
– Leggi anche: Che cos’è la cima di una montagna?
Secondo Moro, anche nel caso del Dhaulagiri Confortola non è arrivato davvero in cima, stando alle foto. E c’è un caso ancora più eclatante: dopo la spedizione sul Nanga Parbat (8.126 metri), inizialmente fu Confortola stesso a dire di aver dovuto rinunciare alla cima, salvo poi ritrattare aggiungendola alle proprie scalate.
Confortola non ha ancora risposto alle ultime accuse di Moro, le più circostanziate. Quando erano emerse le prime, alcuni giorni fa, si era difeso dicendo che nel caso dell’Annapurna è la sua parola contro quella di Mondinelli, e sostenendo lo stesso nel caso del Kangchenjunga, dove a smentire la sua versione sono altri alpinisti e gli sherpa. «I poteri forti sono nelle agenzie, li hanno le agenzie e io non ho avuto il certificato per quello che è successo con gli sherpa. Ti ricordo solo che qualcuno è stato minacciato con un coltello alla gola» ha detto Confortola allo Scarpone.
Per il Nanga Parbat, dice invece Confortola, ha il certificato del club alpino pakistano, di cui ha pubblicato una fotografia. «Non parliamo mai di cose importanti, di cose belle», si è lamentato Confortola con lo Scarpone, «ma dobbiamo soffermarci sempre sulle polemiche».
– Leggi anche: Il più prestigioso premio dell’alpinismo incoraggia a rischiare la vita?



